Le contraddizioni tra populismo e Cristianesimo

Le contraddizioni tra populismo e Cristianesimo
Un forte richiamo alla coerenza dei credenti

Il propagarsi di alcune idee e contraddizioni palesi, ma spesso occulti nell’opinione pubblica, inducono a fare il punto terminologico, sociale, politico e religioso su una questione presente da più di un secolo nella società italiana e mondiale: la correlazione tra populismo e Cristianesimo.
Il Movimento politico-culturale populista, nato in Russia dopo la metà del XIX secolo (Aleksandr Ivanovič Herzen può considerarsi il creatore del populismo negli anni dello zar Nicola I) come una specie di ‘socialismo rurale’, anti-zarista e anti industrialismo occidentale, si diffuse, poi, nel mondo latino-americano (peronismo di destra in Argentina, chavismo di sinistra in Venezuela, di Evo Morales in Bolivia, uomo di sinistra ma più moderato) come rapporto carismatico e diretto con le masse popolari; in Europa assunse caratteristiche diverse tra partiti e movimenti politici che, in forme e con finalità differenti, intendevano rappresentare gli interessi della popolazione contro quelli del sistema e delle cosiddette élite.
Sono molti a chiedersi cosa ci sia di particolarmente riprovevole: dopotutto il termine non richiama a una maggiore vicinanza al popolo? Quale preoccupazione c’è se i populisti prestano attenzione alla gente e sollecitano la politica a prendersi cura di essa? Apparentemente nulla!
Il populismo è inteso comunemente, infatti, come atteggiamento ideologico e prassi politica, caratterizzati da un legame guidato tra un capo prestigioso che rappresenta le folle, elogiando di queste i valori assolutamente positivi (capacità e qualità). Esso cerca di sostenere le aspettative del popolo, indipendentemente da ogni valutazione del loro contenuto, della loro opportunità.
Come su accennato, si è parlato di un populismo di destra, di sinistra e di centro, con la differente concezione di ”popolo”: quello di sinistra punta a essere “inclusivo”, cioè ad allargare le categorie sociali che fanno parte del “popolo” (ci sono ceti che sono, però, escluse dai populisti di sinistra); a destra l’idea è più limitata, chiusa, esclusiva (spesso su base razziale): il nemico del populista di sinistra è l’élite, con un’avversione diffusa contro la cultura, i media, gli intellettuali, gli scrittori, il cinema, poiché, a loro dire, disprezzano il popolo e sono dei privilegiati; di destra sono l’élite e i ceti sociali che pensano siano protetti dall’élite stessa.
La Chiesa, dal canto suo, non dovrebbe essere vicina alla gente? Il Concilio Vaticano II nella Gaudium et spes, forte del messaggio di Cristo, afferma che «Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla Vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore» (art. 1). Tutto il cammino della Chiesa in duemila anni di storia non è tracciato da quest’attenzione agli “ultimi”, a coloro che soffrono? Non è stato Gesù a dire: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati»? (Mt 9, 12). Le numerose istituzioni di stampo cattolico non denotano questa vicinanza con il popolo?
Eppure la sfida che muove il populismo contraddice questa prossimità con il popolo e con chi è povero e oppresso in particolare. L’intoppo sta nella demagogia e strumentalizzazione politica usate in funzione dell’ottenimento di consenso politico o di popolarità attraverso varie forme di divulgazione politica; la libertà di una persona, in tutti i sensi, è inviolabile, persino «il bene che si fa – dice San Paolo – non sia forzato, ma volontario» (Fil 1, 14). Quest’arte di trascinare e incantare le masse, come diceva Aristotele, conduce all’oligarchia o alla tirannide; l’agire e il «mobilitare» dall’alto non ha nulla a che vedere con la democrazia come potere innescato dal basso. Il volto minaccioso del populismo mostra la sua pericolosità quando, in nome della tradizione, punta sull’esclusività e su chi non appartiene ai “nostri”. Si mettono in discussione i diritti umani di tutti e si fa strada l’egoismo nazionalista: «Prima il proprio Paese, gli italiani!». Questo slogan si pone come contrasto allo sviluppo globale tra i popoli e in contrapposizione con il principio cristiano della giustizia e della solidarietà. Il populismo propone soluzioni molto semplicistiche. Lo stesso comportamento non è improntato a una dialettica pacifica e costruttiva per entrambe le parti. Scrive Luigi Gavazzi che: «Il linguaggio dei populisti è sempre aggressivo, scorretto, semplificato, povero, emotivo, banale, violento, oltre la decenza e il rispetto per gli avversari. Più insulta e aggredisce, più i sostenitori del tribuno populista si convincono che manterrà davvero le promesse fatte. Quindi il populista, in un certo senso, è obbligato, una volta al potere, a mantenere una campagna elettorale permanente: aiuta a identificare il nemico, a tenere unite le fila dei seguaci e conferma loro che mantiene le promesse».
I populisti dicono di essere legittimati dal popolo, tramite i consensi elettorali (anche se solo da una parte di esso): il mandato diventa assoluto. Ciò motiverebbe, secondo loro, la delegittimazione delle varie fonti pluraliste di autorità politica proprie delle costituzioni liberali: il Parlamento, le Corti (costituzionali o supreme), il Capo dello Stato, l’Ordine giudiziario, i governi locali… Non è stato Cristo a rispettare l’autorità costituita, osservando la legge e a dire: «Date all’imperatore quello che è dell’imperatore, ma quello che è di Dio datelo a Dio!»? (Mt 22, 21)
È naturale che nella società ci siano delle differenze e delle ingiustizie (lo stesso populismo è il frutto di questo potenziale di protesta) ma quello che inquieta maggiormente è la ferocia, l’odio e la violenza verso chi è preso di mira ed è emarginato: i poveri, gli immigrati, i rom e i sinti, le persone di etnia e religione diversa, di “razza” non bianca, gli omosessuali, i giovani… e questo in contrapposizione al Cristianesimo per il quale la difesa di ogni persona umana richiama all’immagine e somiglianza di Dio: uguali fra di loro e con il Creatore.
I populisti non si fermano qui, asseriscono che molte posizioni collimino con quelle della Chiesa, anzi spesso (almeno in Italia) si assiste a una strumentalizzazione della Religione Cattolica, si ostentano ripetutamente oggetti religiosi e si citano passi biblici per fare apparire, a una fetta di cattolici, che si è in buona fede e che le loro intenzioni sono buone e da condividere (non fanno così anche i malavitosi?) Ma le pseudo posizioni sono un inganno, soprattutto se usate, sotto forma addirittura oltraggiosa, in uno stato laico: «Nessuno può servire due padroni; perché o odierà l’uno e amerà l’altro, o avrà riguardo per l’uno e disprezzo per l’altro. Voi non potete servire Dio e Mammona» (Mt 6, 24). Sono delle pubbliche bestemmie contro Dio e contro tutti i credenti.
«L’ostilità al pluralismo dei populisti – dice ancora Gavazzi – si manifesta anche nella variante “culturale” del populismo: esso ama, pretende, l’uniformità di lingua, religione, comportamenti sessuali, orientamenti sulle libertà individuali: fine vita, aborto, matrimoni». In particolare: nel populismo manca il rispetto per la persona poiché avviene la manipolazione psicologica, sociale e politica delle coscienze: i leader sbattono in faccia alla gente quello che essa vorrebbe sentirsi dire, andando alla ricerca, anche attraverso i social, dei desiderata del popolo. Così sul diritto alla vita non ci può essere alcuna discriminazione perché ogni essere umano è creatura di Dio in qualsiasi condizione e a qualsiasi popolo appartenga e merita rispetto e protezione. Come non pensare, ad esempio, alle numerose vite umane, comprese parecchie donne e bimbi innocenti che ogni anno muoiono nel deserto e in mezzo al mare senza alcun segnale di vera pietas? Lo stesso rispetto attiene alle famiglie, a tutte indistintamente, e in particolate a quelle donne violentate nei “lager” e rimaste incinte, i cui figli non avranno mai un papà perché figli della brutalità e dello stupro. Come non rispettare, poi, il credo di ognuno in merito alla loro appartenenza religiosa? La Dignitatis Humanae: «Questo Concilio Vaticano dichiara che la persona umana ha il diritto alla libertà religiosa. Il contenuto di una tale libertà è che gli esseri umani devono essere immuni dalla coercizione da parte dei singoli individui, di gruppi sociali e di qualsivoglia potere umano, così che in materia religiosa nessuno sia forzato ad agire contro la sua coscienza né sia impedito, entro debiti limiti, di agire in conformità ad essa: privatamente o pubblicamente, in forma individuale o associata» (1, c. 2). L’amor di patria dei populisti, considerato come unico ed esclusivo, non può essere inteso secondo l’insegnamento ecclesiale, poiché esso non può escludere l’amore verso una solidarietà che abbracci tutti i popoli. «I cittadini coltivino con magnanimità e lealtà l’amore verso la patria, ma senza grettezza di spirito, cioè in modo tale da prendere anche contemporaneamente in considerazione il bene di tutta la famiglia umana, di tutte le razze, popoli e nazioni, che sono unite da innumerevoli legami» (GS 75). I populisti giocano sul disagio della popolazione e sulle promesse economiche continuamente sbattute in faccia e fatte vedere come un obiettivo raggiungibile subito. Al contrario: lottano sulla separazione dei beni tra chi ce l’ha e li vuole mantenere incrementandoli e chi ne è privo. Afferma Giovanni Adamo II del Liechtenstein che «È molto più semplice mobilitare le masse con slogan populisti e con le ideologie che impegnarle nel lungo, tedioso e complicato processo di creare una democrazia efficiente e uno Stato di diritto».
Tutto ciò, come in ogni convivenza civile, non esclude che ci sia una regolamentazione perché gli eccessi siano smussati e convogliati in accordi bilaterali e si porti a soluzione lo sfruttamento tuttora esistente dei popoli opulenti a scapito di quelli sottosviluppati o in via di sviluppo, ma nei populisti avviene un’ostinazione interiore contro il dialogo stesso, capace di confrontarsi e di trovare le soluzioni ottimali per tutti.
Molti credenti, consapevoli del messaggio cristiano, condividono responsabilmente questi valori, ma quello che preoccupa maggiormente è che molti elementi di paura e di ansia (osserva Marco Minniti che «Il populismo sta vicino a chi ha paura, per tenerlo inchiodato ai propri incubi») sono presenti nella Chiesa: nelle parrocchie, nelle associazioni, nei gruppi, negli individui che si dichiarano fedeli al Vangelo (in Italia sono quasi un terzo). Questi difendono il populismo, ignari che non si può essere cristiani e non amare il prossimo (cf. Mt 25). Gesù nel Discorso della montagna dice: «Se stai per offrire la tua offerta sull’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualcosa contro di te, lascia lì la tua offerta davanti all’altare, e va’ prima a riconciliarti con tuo fratello; poi vieni a offrire la tua offerta» (Mt. 5, 23-24).
Non comprendono le contraddizioni insite nella demagogia e smorzano quella fiducia che deve portare diritto a una sana conflittualità che, a sua volta, è il presupposto di quella speranza che i cristiani ripongono solamente in Cristo Signore, unico, secondo l’espressione paolina, che dà la forza (cf. Fil 4,13) di affrontare ogni indurimento dello spirito.
Il tendere la mano a ogni uomo è sintomo di fraternità e d’amore, la stessa «politica è, secondo la felice espressione di San Paolo VI, la forma più alta della carità» poiché, come dice Sant’Agostino, «Quello che fa l’amore, non potrà mai farlo la paura» (Discorso 348, 1, 2). Esse sono le uniche vere realtà che conducono a una condivisione dei beni spirituali e materiali universali e danno le coordinate per lavorare assieme per il raggiungimento di un traguardo che li accomuna che sono la felicità e la pace di ogni persona vivente.

Salvatore Agueci

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