La Chiesa un “utero” in costante rigenerazione accogliere e custodire

La Chiesa un “utero” in costante rigenerazione accogliere e custodire

Sappiamo tutti che cosa è un utero. Non esiste umano che non abbia fatto l’esperienza e si sia formato in esso fino a divenire creatura completa e autonoma. In esso due elementi sono indispensabili: la madre e il feto. Non mi soffermo, però, al rapporto naturale nel seno materno ma analogicamente mi riferisco a esso per recuperarne i valori e l’importanza. Desidero parlare della Chiesa come “madre”, poiché “sposa” di Cristo, e del “feto”: tutti gli uomini di buona volontà.
Che la Chiesa sia madre ce lo ricorda Cristo stesso nel momento in cui costituisce la Comunità degli Apostoli, riunita nel Cenacolo con Maria e, con la discesa dello Spirito Santo, le dà potere di andare per il mondo ad annunziare il lieto messaggio a ogni creatura perché sia salvata.
Con il battesimo la Chiesa include ogni uomo, lo accoglie attraverso il catecumenato, lo rigenera nell’«acqua e nello Spirito» e, attraverso i canali sacramentali, lo fa rinascere a vita nuova. Essa, come fa una madre, lo accompagna, dal suo “concepimento” fino alla morte, in tutte le fasi dell’esistenza e quando cade o si scoraggia nel cammino lei è vicina, lo rialza e, attraverso le preghiere della comunità, gli dà conforto e sostegno per proseguire il viaggio. Come madre la Chiesa ha una grande incombenza, davanti a Dio e nei confronti di ogni suo figlio, perché non lo abbandona a sé come nella vita animale e molte volte umana, ma lo segue sostenendolo, confortandolo e rigenerandolo con la grazia.
La Chiesa per fare questo deve conoscere i suoi figli, con i loro problemi ed esigenze ed essere sempre pronta a valutarne le difficoltà al fine di trovare i motivi d’inclusione e non di allontanamento dal suo affetto materno. Deve scendere per le strade, andare nelle famiglie, nei luoghi di lavoro, dove si consuma il peccato, per conoscerne le vere difficoltà, cercando l’uomo e non attenderlo, rimanendo rinchiusa nel suo potere, nei suoi privilegi, nel suo perbenismo: questa è la mission spaziale e temporale della chiesa. Deve gioire quando altri uomini di buona volontà compiono gesti materni a favore dei più bisognosi e mettere da parte l’arroganza d’intestarsi delle iniziative o la primogenitura delle stesse.
L’accoglienza, la tenerezza e la protezione devono essere il motivo conduttore del suo operato incessante, prestando attenzione non solo a chi è ferito fisicamente anche a chi lo è nello spirito. Una Chiesa che sia attenta alle necessità esistenziali dei suoi figli, specialmente più indigenti e minori, deve essere amorevole. Cristo stesso, venendo nel mondo, dice «non sono venuto per i sani ma per gli ammalati». E non è vero che la Chiesa deve occuparsi solo dello spirituale, sarebbe settaria, ma il suo compito è essere presente in tutti gli ambiti (politico, economico, culturale, sociale… nessuno escluso) in cui è presente l’uomo per sostenerlo: ricordargli qual è il suo dovere e indicare la strada da percorrere secondo giustizia. Il dialogo con ogni uomo, specie con chi non conosce le “lingue”, i modi, con chi non ha potere di parlare, deve essere costante perché essa diventi la lingua, le orecchie, l’olfatto, gli occhi, il tatto di chi è amorfo e farsi portatore di un messaggio penetrante nei confronti dei poteri cosiddetti “forti”; deve saper urlare con fermezza tutte le forme di ingiustizia che si perpetrano a sfavore dei più deboli. Deve farsi capire da tutti con un linguaggio comunicativo che parta dalla testimonianza e dalla risposta ai bisogni giornalieri.
La comunità cristiana deve custodire ogni uomo come fa la madre con il feto e far arrivare la sua vita fino alle estremità del mondo per essere garante: «Dov’è tuo fratello?» chiede a ogni “madre” credente che si trova sulla terra. E quando lo fa nascere, continuare a occuparsene misericordiosamente.
Per fare questo la Chiesa deve essere in una continua gestazione poiché, attraverso l’azione dello Spirito, è disponibile a rigenerare i suoi figli, fino alla parusìa, la nuova venuta di Gesù alla fine dei tempi, per instaurare il Regno di Dio. Non essere mai una Chiesa a riposo, silente perché ha raggiunto il suo traguardo: «Predica la parola di Dio, – esorta San Paolo a Timoteo – insisti in ogni occasione, rimprovera, raccomanda e incoraggia, usando tutta la tua pazienza e la tua capacità d’insegnare.» (2Tm 4, 2) Scriveva don Milani nella famosa lettera a Pipetta: «Il giorno che avremo sfondata insieme la cancellata di qualche parco, installata insieme la casa dei poveri nella reggia del ricco, ricordatene, non ti fidar di me, quel giorno io ti tradirò. Quel giorno io non resterò là con te. Io tornerò nella tua casuccia piovosa e puzzolente a pregare per te davanti al mio Signore crocifisso. Quando tu non avrai più fame né sete, ricordatene Pipetta, quel giorno io ti tradirò. Quel giorno finalmente potrò cantare l’unico grido di vittoria degno d’un sacerdote di Cristo: “Beati i… fame e sete”.»
Il richiamo alla Parola evangelica, con un ritorno continuo alle origini, come sta facendo papa Francesco con il suo insegnamento, è indispensabile, perché la Chiesa ritorni a essere credibile e gli uomini la sentano “utero” protettivo non staccandosi mai dal suo cordone ombelicale. Siano banditi semmai gli attacchi che da ogni parte provengono ad extra e soprattutto ad intra per tagliare questo cordone e screditare quel percorso che proviene dallo Spirito e che parla attraverso chi è stato costituito suo Vicario in terra.
Come una madre non abbandona mai il figlio neanche se questi fosse un delinquente, un poco di buono, così la Chiesa deve prendersi cura dei suoi figli, che non sono mai ripudiati, ma creati a somiglianza di Dio. Non contano le caratteristiche degli uomini, la provenienza o altro, perché Cristo ha dato la vita per ognuno di essi, «Egli era la vita e la vita era luce per gli uomini» (Gv 1, 4) ma vale essere creature a pieno titolo, portati a esistere da un Dio “madre” degli uomini. Come quel liquido amniotico che si trova nella placenta umana è la vita del feto, così l’”acqua viva” di cui parla il Cristo alla samaritana ritorni a essere per ciascun uomo lo «Spirito e la verità di Dio» (cf. Gv 4, 24) che guidano ogni respiro e nutrimento.

Salvatore Agueci

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