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Enna. Gran ballo di San Silvestro al teatro comunale Garibaldi, il gran veglione di fine d’anno…

Enna. Nella platea del Teatro Garibaldi si toglievano le poltrone per allestire una pedana in legno per tutta la superficie, fino a livello di palcoscenico, tale da diventare una grande pista da ballo. Nel proscenio venivano sistemate le sedie e i leggii per gli orchestrali. Tutto era pronto per ospitare il gran veglione di fine d’anno. Allietavano la serata, di solito, due orchestre: una con un repertorio classico (valzer, mazurca, tango, polka…), l’altra con balli moderni e ritmi latino-americani (samba, rumba, cha-cha-cha…). Allo scoccare della mezzanotte un brindisi con spumante e lancio di coriandoli salutava il nuovo anno al ritmo di musiche ritmate per un ‘trenino’. Subito dopo l’orchestra si concedeva un break per consentire, anche, una sommaria pulizia della pista da ballo “innevata” di coriandoli e stelle filanti. I balli riprendevano subito dopo per terminare intorno le quattro del mattino del 1° gennaio. Nella pausa nei palchi si consumavano cannoli, bigné, paste di crema e di ricotta, cassatelle, sfincioni e tutte lecconerie portate da casa oppure ordinate nei caffé del centro quali il “Caffé Rosso”, fondato nel 1861, e il “Caffé Marro” del cav. Paolo Marro, altro storico caffè di Enna. Nel gran ballo di San Silvestro dove le dame sfoggiavano abiti lunghi a décolleté e gli uomini lo smoking e cravattino a farfalla. In alcuni palchi si soleva consumare anche la pasta al forno e le lasagne fatte in casa accompagnate da bevande a base di vino bianco e rosso. I veglioni erano anche occasione per corteggiare le ragazze o per trascorrere una serata a far “coppia fissa” con la fidanzata. Tra un ballo e l’altro l’orchestra faceva un breve stacco. Le dame si ritiravano nei palchi e alla ripresa della musica ballabile, per i cavalieri era un’affannosa corsa per “accaparrarsi” la ragazza più carina che, alle volte, vedi caso, aveva quel ballo… “impegnato”. Alcune di loro, per timidezza o per espresso divieto dei genitori, si rifiutavano di essere accompagnate al buffet del teatro. Altre non ballavano “fuori palco”, vale a dire con sconosciuti. Immortalava le coppie con i suoi scatti il fotografo Santo Contino, accompagnato dal figlio Peppe, gli unici accreditati per le serate danzanti al “Garibaldi”. Gli altri “addetti ai lavori” erano: Cesare Scandagliato e Fiorentino Vetri, gli elettricisti che modulavano le luci, soffuse nei balli lenti, don Paolino Genio, custode del teatro, Ernesto Lodato, la maschera, Giannino Rosso, gestore del bar del foyer, don Mariuzzu Alessandra, meglio conosciuto “ù naniddru”, addetto al botteghino e Paolino Buscemi, fornitore ufficiale di maschere, coriandoli, palline colorate e stelle filanti. Dei gran veglioni di quel tempo ormai si sta perdendo anche il ricordo. Gli ultimi risalgono ad oltre trentacinque anni fa, quando si concluse una tradizione iniziata nel lontano 1876, quattro anni dopo l’inaugurazione del teatro.

Salvatore Presti

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