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Cos’è la fibrillazione atriale, come si affronta

La fibrillazione atriale è un’aritmia cardiaca caratterizzata da un battito anomalo. Normalmente il ritmo sinusale, ovvero il ritmo del cuore, in condizioni di riposo viene percepito come regolare e la sua frequenza è di 60-80 battiti al minuto. Quando gli atri, le camere superiori del cuore, cominciano ad emettere un numero eccessivo di impulsi elettrici diretti ai ventricoli, il battito cardiaco risente di un’accelerazione e diventa irregolare. Questa situazione affatica il muscolo cardiaco, il cuore non è più in grado di inviare la giusta quantità di sangue e ossigeno in tutto il corpo e da ciò scaturiscono dei sintomi caratteristici.

L’aritmia comporta di per sé un impatto importante sulla qualità di vita dei pazienti e, in maniera più significativa, sul rischio di ictus, che aumenta da 2 a 17 volte rispetto alla popolazione normale.

In Italia questa patologia riguarda 1 milione di persone. In circa un terzo dei casi la fibrillazione atriale rimane asintomatica e non è diagnosticata. È indispensabile un’attenzione particolare, del medico di famiglia o del farmacista, che permetta di controllare la regolarità del battito cardiaco. Misurare la pressione arteriosa e sottoporsi periodicamente alla visita del proprio medico aiuta a diagnosticare l’aritmia. Quando si sospetta la fibrillazione atriale, è bene pianificare un esame specifico presso un cardiologo-aritmologo per una diagnosi certa, l’elettrocardiogramma.

A poche ore dall’insorgenza di un episodio di fibrillazione, è possibile somministrare farmaci che regolarizzino il ritmo cardiaco. Il medico potrebbe, inoltre, prescrivere farmaci per ridurre il numero degli episodi o per diminuire la frequenza del battito cardiaco. In caso di fibrillazione atriale, la terapia farmacologica è necessaria soprattutto per ridurre il rischio di coaguli nel sangue (trombi) e quindi di ictus.

L’ablazione transcatetere è indicata nei casi in cui i farmaci non abbiano effetto o per scelta del paziente. È una tecnica mini-invasiva, effettuata in anestesia locale e necessita da 1 a 2 giorni di ricovero ospedaliero. Questa metodica viene sempre più utilizzata per individuare e curare la parte di tessuto cardiaco causa dell’aritmia. Rappresenta una terapia spesso risolutiva.

In alcuni casi, soprattutto nelle persone ultraottantenni, la fibrillazione atriale è conseguenza di un’eccessiva bradicardia (battito cardiaco lento). In questi casi può essere necessario l’impianto di un pacemaker.

Per riportare il cuore al ritmo corretto può essere necessaria la cardioversione, una procedura che può essere eseguita sia attraverso la somministrazione di farmaci in ambiente ospedaliero che attraverso l’invio di scariche elettriche di bassa intensità al cuore.

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