Dopo il secondo editto show, a reti unificate e con abbondanti anticipi pomeridiani, la gente ha cominciato a prendere sul serio il nuovo coronavirus. File e file di acquirenti in merceria per una mascherina dal costo pre-virus di un euro e cinquanta centesimi salita al post-pandemia a nove euro e novantanove centesimi, indossata sempre anche in automobile da soli col finestrino ermeticamente chiuso e con la sigaretta in mano.
I pochissimi pedoni sparsi nelle campagne o ai giardinetti vengono invitati dalle forze dell’ordine a mostrare un’autocertificazione, che dichiara la necessità di fare due passi anche solo per prendere aria fuori dalla carceri domestiche, affollate dagli affetti familiari e dalla presenza costante del coniuge pronto a dare suggerimenti sulle faccende domestiche e sul modo migliore di “calare” la pasta.
In attesa della normalità e di quella sana indifferenza reciproca in tanti hanno riscoperto il piacere di riappaiare i calzini, pulire gli armadi, disinfettare il frigorifero, sognare l’Himalaya, evocare la tempesta, annoiarsi dell’infinito.
Gabriella Grasso
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