“Lo Stato non è la soluzione, ma il problema”, Ronald Reagan.
“Non esiste una cosa come la società. Ci sono uomini e donne, e ci sono le famiglie”, Margareth Thatcher
“Abituatevi a perdere i vostri cari”, Boris Johnson.
Sono frasi che riassumono bene l’essenza di quella filosofia politica, il neoliberismo, che ha ispirato dagli anni ’80 del secolo scorso ai nostri giorni, le rovinose politiche dei governi di destra, ma anche di quelli di sinistra, abbattutesi come un maglio sullo stato sociale. Uno dei pilastri dello stato sociale è il servizio sanitario nazionale. Tralasciamo gli Stati Uniti, che non hanno mai avuto un servizio sanitario pubblico, chiedendoci però come potranno affrontare l’emergenza coronavirus con il loro servizio sanitario privato che chiede 3 mila euro per il solo tampone. Tutti paesi dell’Unione europei, dal secondo dopo guerra, si sono dotati di un servizio sanitario pubblico, inventato da quel conservatore inglese illuminato, sir William Beveridge, che assicura l’assistenza sanitaria gratuita a tutti senza alcuna di distinzione. Nel Regno Unito ci arrivarono prima, subito dopo la seconda guerra mondiale 1939-1945. In Italia ci siamo arrivati più tardi, nel 1978. Da quando, all’inizio degli anni ’80, il vento neoliberista cominciò a soffiare forte con Reagan e Thatcher, non ci fu più speranza per il servizio sanitario nazionale pubblico. Si cominciò a dire che il servizio nazionale sanitario pubblico costava troppo e che era il caso di privatizzarlo affidandolo alla mano invisibile del mercato. Era la giustificazione ideologica, avrebbe detto Carlo Marx, per legittimare quell’imponente trasferimento di risorse pubbliche dalla sanità pubblica a quella privata. Si disse che persino la sanità pubblica doveva adeguarsi alla logica di mercato. Gli ospedali non erano più ospedali, ma aziende. Come se la sanità pubblica possa essere pensata e gestita con logiche ragionieristiche! Gli effetti disastrosi di quelle politiche neoliberiste si vedono oggi con un sistema sanitario pubblico pesantemente indebolito, che deve affrontare un’emergenza di notevoli proporzioni come quella dell’epidemia, anzi pandemia, del covis-19. Un servizio sanitario pubblico, il nostro, che si regge sul senso di responsabilità e di senso civico di medici, infermieri e operatori socio-sanitari ai quali dobbiamo essere grati. Sentiamo dire che, dopo aver superato questa pandemia da coronavirus, niente sarà come prima, che si dovranno rivedere le politiche neoliberiste non solo nella sanità, ma anche in tanti altri campi della vita sociale e individuale. L’augurio è di non vedere più al governo di grandi paesi personaggi come Boris Johnson, che per contrastare la diffusione del covis-19 nel suo paese invoca il principio dell’immunità di gregge, che tradotto in soldoni significa non fare nulla e lasciare che la gente muoia nella speranza che si infetti tanta più gente al punto che non ci sia più nessuno da infettare. Non essendoci né stato, che secondo Reagan è il problema, né società, inesistente secondo Thatcher, che ci pensano, ad individui e famiglie non resta che piangere i propri cari.
Silvano Privitera
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