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- Q – Enna. Orgoglio e pregiudizio
Le dichiarazioni di Vittorio Feltri hanno scandalizzato il Meridione d’Italia, se mai questa entità geografica esista ancora. Un tempo c’era il Regno delle Due Sicilie, ma adesso? I laziali sono meridionali? E gli abruzzesi? Non parliamo poi dei marchigiani…
È vero che Feltri parlava espressamente della Campania, ma al peggio non c’è mai fine: Annalisa Chirico, giornalista del Foglio, durante una nota trasmissione de La7 ha introdotto il concetto di “moralmente inferiore”, nonostante le proteste di Telese (e Giletti, che non amiamo perché complice di Crocetta sull’abolizione delle province in Sicilia): “Un popolo che economicamente è più lento alla lunga rischia di essere anche moralmente inferiore”.
Noi meridionali, a questo punto, abbiamo dato il meglio di noi stessi, siciliani e partenopei in testa, manifestando tutto il nostro sdegno con spirito ironico, segno evidente di intelligenza e sagacia (stavo per dire spirito “superiore”).
Ma anziché indignarci facciamo due conti.
Feltri ha torto, e con lui la favola tradizionale che vuole i meridionali scansafatiche. Se non altro perché almeno la metà delle intelligenze e della manodopera della sanità, dell’industria, della scuola, dell’università, dell’amministrazione pubblica, della ricerca del Nord è meridionale, di prima, seconda o terza generazione. E questo vale in molti casi anche per molti altre nazioni, gli Usa per primi.
Feltri ha torto, perché voi tutti sapete che nel resto d’Europa considerano in generale gli italiani alla stessa maniera, e non stanno tanto a sottilizzare se sei siciliano, napoletano, pugliese, romano o lombardo. Ci considerano economicamente inferiori e, seguendo il ragionamento della Chirico, anche moralmente.
Ma se Vittorio Feltri ha torto e la Chirico anche, noi abbiamo ragione?
Partiamo dalla sanità. È vero che le strutture sanitarie del meridione hanno retto benissimo al coronavirus, ma è anche vero che i contagi qui sono stati decisamente inferiori. Abbiamo un bel criticare la sanità lombarda, ma alla fine ha retto alla terribile emergenza che ha subito. Le nostre splendide strutture sanitarie, in Sicilia ad esempio, avrebbero retto allo stesso modo? Ma andiamo… Ed il nostro sistema di trasporti, ne vogliamo parlare? eccetera eccetera.
E questo per fare chiarezza. In certi momenti ci sentiamo orgogliosi di essere siciliani, altre volte ci sentiamo orgogliosi di essere italiani. Perché guardiamo le nostre bellezze naturali, culturali, artistiche, etc… Da siciliani ci gloriamo dei nostri scrittori, da italiani dei nostri scienziati, santi e navigatori. Siamo orgogliosi di questo e di quello e abbiamo ragione. Ma…
È vero o non è vero che abbiamo un debito che nessun altro paese europeo (esclusa la Grecia) avvicina nemmeno da lontano? E va bene, è un’eredità dello zio buonanima, della prima Repubblica. Ma perché il nostro Prodotto interno lordo, il famoso PIL, non cresce mai come quello degli altri? Eppure siamo il secondo esportatore in Europa dopo la Germania, uno dei sette paesi più industrializzati del mondo, abbiamo le più grandi eccellenze in tantissimi campi, ma non riusciamo a venire fuori dalla crisi, qualunque essa sia ( e non parlo di quella di questi giorni).
Non mi sento inferiore, ma non capisco perché la Regione Siciliana, il parlamento più antico d’Europa e forse del mondo, in un anno non riesce a fare una legge decente nemmeno a pagarli (e li paghiamo…), nonostante l’autonomia, e risalendo indietro, non capisco perché non riusciamo ad eleggere deputati regionali mediamente decenti (ma li avete sentiti certuni in aula?), e non riusciamo a trovare un presidente della Regione che non abbia crisi poco meno che isteriche quando si parla di voto segreto, perché non è in grado di avere una maggioranza decente da almeno due legislature (Crocetta o Musumeci da questo punto di vista per me pari sono).
Non mi sento inferiore, come italiano, ma non capisco come, da noi, anche nelle situazioni più drammatiche prevalga sempre l’appartenenza politica, la prospettiva elettorale e non invece il senso di compattezza di un popolo.
Anche la Germania ha una maggioranza e un’opposizione e fino a qualche mese fa la Merkel era in grande difficoltà. Il Regno Unito meno di un anno fa aveva scontri violenti sulla Brexit e una tosta come Theresa May è stata spodestata da Johnson, che non è un’aquila. Anche la Francia, appena qualche tempo fa, era tormentata dalle violenze dei “gilet gialli” per le strade, e certamente anche i paesi più piccoli sono combinati male se un’Ungheria sospende addirittura il parlamento. Gli Stati Uniti hanno democratici e repubblicani e repubblicani anti Trump che scalpitano, ma nessuno ha proposto di far dimettere il presidente per manifesta incapacità di intendere e di volere (il disinfettante per bocca tanto per fare un esempio), tanto da far sembrare Giuseppi uno statista.
Solo l’Italia però si mostra così apertamente conflittuale, così apertamente litigiosa. Solo in Italia i presidenti delle regioni di destra contestano apertamente il governo centrale solo per evidenti motivi politici, perché non puoi chiedere un giorno di chiudere e l’altro di aprire e viceversa ogni quindici giorni, gettando nella confusione il povero cittadino. Solo in Italia si parla di nuovo governo, e addirittura di elezioni in questo momento.
La mancanza di affidabilità dell’Italia è quella che ci frena sul piano politico e su quello economico. Quando si è in guerra si è in guerra tutti assieme e, soprattutto nei confronti degli altri, degli estranei, ci si deve mostrare compatti e forti. Noi facciamo a gara per farci del male.
Non mi sento inferiore come siciliano rispetto ad un lombardo, non mi sento inferiore come italiano rispetto ad un tedesco, ma ogni tanto il dubbio mi viene.
Q – G.L. Borghese
PS – A chi credeva che era tutta un’invenzione consiglio di dare uno sguardo al titolo del libro di Giuseppe Barcellona, “Q L’enigma del Messia”, Edizioni La Zisa.
Q è la quindicesima lettera dell’alfabeto italiano e la diciassettesima di quello latino ed è l’unica lettera che nella nostra lingua non si può leggere da sola, se non accompagnata dalla “u”.
In questa ottica Q è una lettera “singolare”, nel senso di particolare, unica, e “plurale” nel senso che non può stare da sola.
Q è pure il titolo di un romanzo scritto da quattro autori sotto lo pseudonimo multiplo di Luther Blisset, e che si definiscono “nucleo di destabilizzatori del senso comune”.
Q è dunque “plurale” anche in un senso più ampio. Lascerà di volta in volta a voi lettori informatici il compito di completare ed interpretare, secondo la vostra libera scelta o inclinazione politica, le provocazioni che vi verranno proposte dall’autore, un ennese che da lontano ma puntualmente segue, attraverso internet, gli eventi che travagliano questa terra.