lunedì , Gennaio 13 2025

La stupidità dei numeri primi

In questi giorni di emergenza legati al Coronavirus abbiamo avuto modo di “ritrovare noi stessi”, anzi, per citare Seneca “vindica te tibi et tempus…”. Ed è stato qualcosa di molto positivo perché ci ha permesso innanzitutto di conoscerci. Sembrerà strano, ma noi non conosciamo noi stessi. Noi conosciamo, a causa della vita frenetica che non ci permette di riflettere, solamente ciò di cui abbiamo idea su noi stessi. Un’idea vaga, molto sfumata, spesso contorta e quasi sicuramente errata. In un mondo in cui tutti vogliono essere primi, rimembrando Churchill, il secondo è sempre il primo a perdere. Abbiamo questa frenesia di primeggiare, di essere i primi, i presidenti, i capi, i governatori, i detentori di un potere, anche quello più stupido di poter lanciare il pallino per giocare a bocce. E mentre tutto ciò si dipanava nella mia mente, in una di quelle riunioni su piattaforma virtuale avviene il celeberrimo “lupus in fabula”: un signore, alquanto alterato, si arrabbia per essere stato citato alla fine nonostante la gerarchia gli imponesse un posizionamento “più elevato”. Non vogliamo scomodare il Vangelo sugli ultimi che saranno i primi, o ancor sul fatto che è meglio sedersi in fondo alla tavola per farsi chiamare a prendere un posto migliore piuttosto che il viceversa, ma la scena è stato di un patetico unico. La bramosia di essere primi anche nelle parole. E seppur è vero che la forma è sostanza, la “sformata” reazione di chi pretende il posto d’onore mostra il nulla nella sostanza.

Alain Calò

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