mercoledì , Ottobre 9 2024

Quanto sale? E dove si nasconde? Ecco alcuni consigli

Qualche mese fa, seppure in sordina a causa del Covid-19, è stata celebrata la settimana mondiale per la riduzione del consumo di sale, promossa dalla World Action on Salt & Health (WASH). L’obiettivo della WASH è quello di sensibilizzare e incoraggiare le aziende alimentari multinazionali, considerato che, in molti Paesi, circa il 60-80% del sale consumato non è aggiunto durante la cottura dei cibi, o a tavola, ma è già presente in cibi processati e confezionati.

Per il nostro organismo, un utilizzo corretto, e soprattutto equilibrato, di sale è fondamentale. Esso è formato da due elementi, il sodio e il cloro, che sono importanti per una serie di processi fisiologici, come la trasmissione degli impulsi nervosi, la contrazione muscolare e l’equilibrio dei fluidi corporei.

Cosa succede quando il sodio è in eccesso? I reni iniziano ad avere difficoltà nell’eliminare i fluidi e si ha un aumentato passaggio di acqua nel sangue e nel liquido extracellulare. Questo porta ad un aumento del rischio di edema e di pressione alta (ipertensione arteriosa) ma anche di malattie del cuore. L’OMS raccomanda un consumo giornaliero di sale inferiore ai 5 grammi (che corrispondono a circa 2 grammi di sodio).

Dalle indagini, è stato visto che il consumo medio giornaliero, in campioni di popolazione italiana di età compresa tra i 35 e i 79 anni, è di 10,6 g negli uomini e di 8,2 g nelle donne, ben superiore a quello raccomandato. Soltanto il 5% degli uomini e il 15% delle donne consuma meno di 5 g. Il dato allarmante è quello relativo al consumo di sale in età pediatrica, con una quantità media di 7,4 g al giorno per i ragazzi e di 6,7 g per le ragazze.

Spesso poniamo lo sguardo e attenzioniamo solamente il sale che quotidianamente aggiungiamo ai nostri piatti ma, in realtà, il 75% di sodio che consumiamo deriva dai cibi industriali, lavorati e confezionati. Si tratta del cosiddetto sale nascosto che è presente nei prodotti più impensabili, come, ad esempio, il pane, che ne contiene di più di quello che si immagina (2 gr su 100gr di pane). Quindi, risulta necessario iniziare ad imparare a leggere bene le etichette dei prodotti che settimanalmente mettiamo nei nostri carrelli quando andiamo a fare la spesa, facendo così scelte consapevoli e salutari. Spesso, infatti, quello che non viene riportato è il sodio ma basta considerare che un grammo di sale da cucina corrisponde a 0,4 gr di sodio per risalire alla quantità di sale. In generale bisogna, quindi, consumare alimenti che ne abbiano un basso (- 0,3gr/100gr) o medio (0,3-1,2gr/100gr) contenuto e limitare il più possibile gli alimenti ad alto contenuto (+1-1,2gr/100gr), come i prodotti da forno, patatine, ketchup, maionese e salse varie, pizze, cereali da colazione.

Oltre ad osservare bene le etichette, in cucina si potrebbero utilizzare erbe e spezie varie per aggiungere sapore al cibo, evitando il più possibile dadi da brodo. E’ preferibile utilizzare alimenti freschi e non confezionati; se si utilizzano legumi o verdure in scatola, è importante scolarli e sciacquarli.

Cosi come lo zucchero, anche il sale crea dipendenza! Il sodio, infatti, stimola alcuni centri del piacere del nostro cervello che riguardano l’area legata al sistema oppioide ed è proprio per questo motivo che alcuni alimenti, come le patatine e i formaggi, sono tra quelli che creano più dipendenza.

Non è semplice modificare le nostre abitudini alimentari ma basterebbe focalizzarsi su alcuni accorgimenti per poter ridurre la quantità di sale utilizzata quotidianamente.

Dott.ssa Rosalia Lisacchi


Biologa-Nutrizionista

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