Donne che hanno abortito e si ritrovano nome e cognome inciso su una croce. Questo accade oggi nell’evoluta Italia, che fatica a declinare al femminile le professioni e i titoli e non fatica affatto a condannare chi non vuole una gravidanza, scrivendone il nome sulla croce di un feto. I nuovi e i vecchi movimenti pro-life o no-choice condannano la legge 194 e lapidano la libertà di scelta, la donna deve essere madre volente o nolente e allora giustifichiamo anche gli stupratori di incapaci perché comunque hanno dato un figlio a Dio.
Gabriella Grasso
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