giovedì , Novembre 14 2024

Il Pnrr senza una visione del paese nella prima analisi dell’economista Gianfranco Viesti

Del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) ne parlano molti, ma sono pochi quelli ad averlo letto. Uno di quelli che l’ha letto con attenzione, è Gianfranco Viesti, professore di economia applicata presso il Dipartimento di scienze politiche dell’Università di Bari. Sul sito della Friedrich Ebert Stiftung è comparso un suo lungo articolo, che è un piccolo saggio, nel quale Viesti ne fa un’attenta analisi che mette in chiaro molti aspetti del Pnrr. Confesso di aver provato un’intima soddisfazione quando ho letto quello che scrive sul ruolo dei comuni, che è esattamente quello che vado ripetendo su Vivienna, sui periodici delle Diocesi di Piazza Armerina e Nicosia dal mese di marzo ai sindaci dei comuni dell’ennese e del versante meridionale dei Nebrodi. Anche Viesti sostiene che “il ruolo delle Amministrazioni Comunali appare fondamentale nell’attuazione del Pnrr (ad essi fa capo la metà degli investimenti pubblici), esse dovranno far fronte ad un carico straordinario di progettazione, esecuzione e controllo di investimenti…ma il tema del loro strutturale potenziamento è affrontato solo in parte”. Il Pnrr è un documento di grande importanza che comprende risorse europee per 191 miliardi di euro. I Pnrr degli altri paesi europei ne hanno ottenuto molto di meno: 70 miliardi, la Spagna, 41 la Francia e 28 la Germania. L’Italia è il paese europeo che ha beneficiato del Next Generation EU più degli altri. L’attuazione del Pnrr sarà molto complessa. Una quota molto rilevante delle risorse sarà allocata tramite bandi, e non su progetti già individuati. Una quota rilevante degli investimenti, circa 87,4 miliardi, sarà nelle competenze di regioni ed Enti Locali. Al Sud d’Italia è destinato il 40 per cento della spesa territorializzabile, vale a dire 82 miliardi. Se a questi 82 miliardi sommiamo quelli dei fondi strutturali e del fondo nazionale per lo sviluppo per il periodo 2021-2027, comprendiamo quanto sia serio il problema di una coerente programmazione di tutte queste risorse. Il Pnrr dell’Italia copre tutti gli ambiti dell’azione pubblica, mentre quelli degli altri paesi sono più focalizzati. Il Pnrr italiano privilegia le transizioni verde e digitale e ripartisce le risorse disponibili in sei grandi missioni. In ogni missione la spesa è organizzata il 16 componenti, che includono un numero molto ampio di linee progettuali, che si traducono in molte centinaia di interventi. “Il piano è nato senza una visione del paese a cui tendere e si configura più come un’operazione tecnica che politica, più di modernizzazione che di trasformazione”, spiega Viesti. Si dice che i Pnrr sono innanzitutto piani di riforme, che possono provocare un aumento del Pil. Viesti sottolinea che, “per quanto riguarda gli interventi sulle pubbliche amministrazioni, essi sono orientai molto sugli obiettivi di semplificazione, di maggiore accessibilità, di potenziamento digitale – in larga misura opportuni – ma senza un accrescimento delle sue capacità di programmazione, attuazione, gestione, anche attraverso un maggiore orientamento ai risultati”. Per quanto riguarda il rilancio del sistema produttivo, il Pnrr si affida principalmente ad incentivi alle imprese. Per Viesti, “il Piano non disegna quindi una compiuta politica industriale coerente le transizioni verde e digitale. Non affronta il centrale tema della crescita dimensionale delle imprese”. Con questa prima analisi del Pnrr, Viesti offre molti spunti di riflessione.

Silvano Privitera

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