Nella seduta di ieri 3 marzo, la giunta del Governo regionale ha approvato il disegno di legge che introduce l’elezione diretta degli organi di governo dell’ente intermedio in Sicilia. Per voce del medesimo Presidente Schifani, l’iniziativa sembra essere dotata della benedizione del Governo nazionale che, a breve, proporrà al Parlamento l’abrogazione della legge Delrio. Ne parliamo con Massimo Greco.
Il Presidente Schifani sembra fare sul serio…
Buona fortuna! Crocetta e Schifani sembrano animati dalla stessa sindrome degli slogan. “Abbasso le Province il primo”, “Viva le Province” il secondo. Entrambi si sono concentrati non sull’ente intermedio ma solo sul modello di rappresentanza di tale ente: elezione di 2° grado il primo, elezione diretta il secondo.
Quindi anche questa riforma si riduce sulle modalità di occupazione delle poltrone?
Esattamente. Il ddl approvato ieri non ci prova neanche ad ipotizzare una riforma dell’ente intermedio. Anzi, forse è anche peggiorativa perché cerca di scimmiottare la l.r. 9/86, pensando di continuare a giocare sulle parole: la Provincia è solo una definizione terminologica degli attuali Liberi consorzi comunali.
Ma per essere una riforma cosa manca?
Almeno tre sono le questioni fondamentali che questo ddl non affronta: l’aspetto ordinamentale, quello territoriale e quello finanziario.
Iniziamo dal primo…
La modifica dello Statuto siciliano sarebbe necessaria per “sanare” l’avvenuta istituzione delle tre Città metropolitane e per sostituire i Liberi consorzi comunali con le Province. Con questo ddl si vuole ripercorre la strada della forzatura costituzionale già sperimentata con la lr. 9/86, nonostante il monito della Corte Costituzionale che ha affermato l’incompatibilità dell’elezione diretta degli organi di governo dei Liberi consorzi comunali non solo con i principi della Delrio (che potrebbero anche cessare) ma con l’art. 15 dello Statuto siciliano.
Il secondo…
Lo “schifanellum” non si pone minimamente il problema dei territori, costringendoli ad indossare vestiti istituzionali troppo larghi o troppo stretti e comunque non certo rispondenti alla nuova geografia dell’isola. Ci piacerebbe sapere dal Presidente Schifani cosa ci fanno Capizzi e Taormina nella Città metropolitana di Messina, o Alimena e Cefalù nella Città metropolitana di Palermo, o Mirabella Imbaccari e Caltagirone nella Città metropolitana di Catania. Vere e proprie camice di forza istituzionali che non potranno mai soddisfare i bisogni dei territori interessati. Si persevera nell’errore di pensare alle Istituzioni senza prima stabilire a cosa e a chi dovranno servire.
Il terzo…
E’ il problema dei problemi: le risorse finanziarie. Il ddl non fa alcun cenno alle risorse finanziarie come se questi enti in questi anni di commissariamento avessero navigato nell’oro. Eppure il Governo regionale dovrebbe sapere che, ad esempio, il Libero consorzio comunale di Siracusa ha dichiarato il dissesto finanziario. Così come dovrebbe essere ormai noto a tutti il principio costituzionale secondo cui l’esercizio di ogni funzione amministrativa deve trovare un’adeguata copertura finanziaria, soprattutto in enti, come quelli in questione, sprovvisti di autonomia impositiva.