Ormai sono passati due anni da quando finalmente, seppur con qualche rigurgito riferibile ad una sindrome di Stoccolma di qualche pecorella “dalla lana più bianca”, la Diocesi di Nicosia ha sperimentato un cambio di passo con il nuovo Vescovo Schillaci. Schillaci si era presentato, assieme alla propria storia, come un personaggio di una grande cultura e di una grande sensibilità. E su questo sarebbe un sacrilegio dire il contrario, solo la disonestà intellettuale ci farebbe dire una cosa diversa. Avevamo tante speranze e abbiamo ancora tante speranze perché quantomeno Nicosia ha un Vescovo con il quale poter dialogare e che non se ne esce con boutade quali attacchi alla libertà di espressione, violenze artistiche nella nostra cattedrale o atti ben poco onorevoli che valgono al più una targhetta pomposamente sponsorizzata dal codazzo sedicente “aristocratico” che ha fatto il buono e il cattivo tempo nelle passate stagioni. La speranza nostra era un profondo cambio di passo non solo a livello della persona ma anche a livello del governo diocesano. Ma, ahinoi, purtroppo dobbiamo constatare sempre che quelle che spesso vengono considerate doti a volte sono debolezze che alcuni sfruttano. E la mitezza, che è anche una virtù dello Spirito Santo, diventa amo per gli avvoltoi. E Schillaci, che è anche una persona di grande mitezza, purtroppo sta subendo (non vogliamo pensare diversamente perché comunque molti suoi gesti confermano quanto diciamo) le pesanti incrostazioni ereditate dal passato. Un caso fra tutti: la battaglia della Sacra rotina che ad oggi, per quanto riguarda il caso che ha fatto scoppiare tutto, seppur vi è un “religioso” silenzio sul renderci partecipi dei numeri che abbiamo richiesto, non ha avuto al momento seguito. Questa sarebbe stata un’ottima carta per il Vescovo Schillaci da giocare per mettere mano su diversi aspetti della diocesi e ridimensionare il ruolo di certi personaggi di punta dell’era Muratore e che hanno sempre portato ad un “mal di pancia” generale (basta andare indietro nei nostri articoli). E poi siamo certi che il caso da noi sollevato è unico? Noi speriamo di sì, però una conferma non sarebbe male.
Perché, comunque, ci chiediamo, ancora far girare attorno alla diocesi personaggi che non restituiscono un’immagine di una chiesa umile ma che cercano di infiltrarsi nella chiesa per dare spazio al loro egocentrismo e vanità?
Vescovo Schillaci, La preghiamo: non si accontenti anche Lei di una targa da cittadino onorario! Ha tutte le carte, ha tutte le prove, ha tutto un popolo che chiede una chiesa lontana da certe logiche di potere, che chiede gente nuova, che chiede ascolto! Ha tutto un popolo che chiede che questa Diocesi rispetti anche la memoria di chi l’ha resa grande e che si attui un processo critico verso chi ha minato la credibilità della Diocesi stessa, chi l’ha portata a divenire nemica dei poveri e degli umili e amica del “giro che conta”. Vescovo Schillaci, lo sappiamo che gli intellettuali e i miti sono in questo mondo purtroppo delle pecorelle lanciate tra i lupi, ma vogliamo comunque dirle che non deve per un attimo credere di essere da solo in questa battaglia comune, che anche chi è lontano dalla Chiesa riconosce in Lei la speranza di un rinnovo per una istituzione importante nel territorio per troppo tempo soffocata da certi personaggi e certe logiche.
Una battaglia comune, quindi, per una chiesa più umana, che ascolti il popolo e che possa dimostrare di sapersi affrancare da certi esponenti, “principi”, accumulatori di titoli e da personaggi laici che si sono avvicinati alla chiesa solo per meri interessi personali. Perché ad oggi una siffatta soffocata concentrazione, ereditata dalla precedente gestione e che tanto male ha fatto a questa Diocesi, mostra una chiesa che Dante definirebbe “nave sanza nocchiere in gran tempesta”.
Alain Calò
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