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Cappuccetto verde

C’era una volta, tanto tempo fa quando ancora nella Padania giravano i tizi con l’elmo cornuto e il tipico saluto era un vigoroso rutto, un caro e dolce bambino che, per il colore del suo cappuccetto e per il fatto di avere la tessera della Lega Nord, veniva chiamato Cappuccetto Verde. Cappuccetto Verde, il cui nome era Matteo (il cognome non ci è noto a causa della storiografia comunista), un giorno fu chiamato dalla madre. “Cappuccetto Verde, qui c’è cestino con le cose da portare al grande capo anziano Umberto (cognome non noto sempre per i comunisti)”
“E cosa c’è, cara madre che non sei genitore 1 né genitore 2 ma solo mamma?” chiese il bel bambino che già alla sua età mostrava un principio di barba.
“Niente caro figlio maschio bianco di Santa Romana Chiesa”, rispose la mamma, “ma solo quattro cianfrusaglie: 49 milioni, dei diamanti e degli investimenti in Tanzania. Dai, portaglieli subito. E non passare nel bosco dove potresti trovare il magistrato cattivo o l’uomo nero immigrato clandestino. Se fai il bravo ti farò giocare con la tua amichetta Elisa. Promesso?”
Cappuccetto Verde annuì, prese il cestino e si incamminò verso la casa del grande capo anziano Umberto. Ma siccome il bambino era un po’ birichino, non ascoltò la mamma per paura che fosse una spia della Terronia (era pur sempre nativa di Bergamo Bassa), e prese la strada del bosco.
Non lo avesse mai fatto. Lì vi trovò le più empie empietà: nozze gay, navi battenti bandiere straniere che attraccavano, la Merkel (esisteva anche a quei tempi), Junker che beveva vini italiani prodotti in Cina (e che, vista la somiglianza con Peppino Di Capri, cantava canzoni in napoletano, ma scritte da cantautori del Burkina Faso). E poi lui: il magistrato cattivo.
“Guarda guarda che bel bambino” fece il togato alla vista del Matteo “Dove stai andando di bello?”
“Dal capo anziano Umberto per portargli dei doni” fece il piccoletto.
“E che cosa gli porti?”
“Non ti interessa brutto sporco togato rosso” rispose educatamente il Matteo “ma se proprio vuoi saperlo sono dei diamanti, degli investimenti in Tanzania e 49 milioni”
“Ah”, fece il magistrato cattivo, “posso vederli’”
“No!” e così dicendo il Matteo, alzando un dito a caso della mano nel classico gesto di congedo tipico della sua tribù, se ne andò.
Ma il Magistrato cattivo non demorse. Più veloce del Matteo, arrivò a casa dell’anziano Umberto, intenzionato a mettere le mani su quei doni. Bussò alla porta.
“Chi rompe a quest’ora?” fu la risposta da dentro casa. Erano le classiche gentilezze di Umberto. Il Magistrato, non sapendo cosa rispondere, fece un rutto sperando di riuscire a mimetizzarsi tra quelle persone.
“Ah, sei tu!” fece Umberto (avevano tutto un metodo per riconoscere dal saluto chi fosse), “dai su, entra!”
E aprì la porta. Il Magistrato cattivo proruppe dentro e con un mandato di cattura lo condannò per direttissima al carcere di San Vittore e ai lavori forzati in Libia. Ma adesso bisognava pensare al Matteo. Prese i vestiti del buon Umberto e si infilò a letto (che era una specie di giaciglio tutto pieno di fieno). Arriva a casa Cappuccetto Verde e vede il capo anziano Umberto con un’aria strana vicino al letto.
“Grande capo Umberto come sta? Ho portato i doni”
“Bene, grazie tu prossimo alla leva obbligatoria”, fece il magistrato cattivo cercando di imitare l’Umberto, “ma avvicinati un po’”
Cappuccetto Verde si avvicinò.
“Grande capo Umberto, ma che occhi grandi che hai!”
“Per indagare meglio piccino mio”
“E che naso grande che hai”, continuò Cappuccetto Verde
“Per annusare la pista di corruzione meglio, piccino mio”
“E poi che bocca grande e che mani grandi che hai”
“Per condannarti meglio e per sequestrare meglio i tuoi soldi illeciti!” E così dicendo il grande magistrato cattivo prese Cappuccetto verde e condannò anche lui per direttissima al carcere di San Vittore e ai lavori forzati in Libia. E in più aveva sequestrato i doni, tra cui i 49 milioni. Sembrava tutto perduto. Quando, ad un certo punto si trovò passare da lì un certo cacciatore che tutti nella tribù chiamavano Borghezo. Questi, vedendo il grande magistrato cattivo godersi il bottino, prese manganello e olio di ricino, entrò in casa e cominciò a perseguitare il togato. Quando lo prese lo appese a testa in giù e lo mandò in alto mare su un barcone in attesa che il Vaticano lo ospitasse da qualche parte. Cappuccetto Verde, il buon Umberto e il 49 milioni furono ripresi. E vissero tutti felici e contenti!

Alain Calò

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