Escono dalla base militare americana con un ingente schieramento di polizia e carabinieri, funzionari della questura e di chissà quali altri “corpi speciali”. I giornalisti sono stipati su un autobus militare sicuramente poco confortevole, considerati i trentacinque gradi del sole di Niscemi.
Attivisti vanno loro incontro gridando a squarciagola: “Massimo Coraddu vi aspetta al Presidio No MUOS”.
E qui arriva la prima sorpresa: “Gran parte dei giornalisti sull’autobus non sapeva chi fosse Massimo Coraddu – puntualizza la Santarelli, del gruppo No MUOS Comunica – purtroppo, è un cattivo segnale di come si sia proceduto a concepire l’opera di ‘sensibilizzazione’ nei confronti della stampa. Crediamo sia necessario che i giornalisti invitati dal governo italiano e dai marines si informino adeguatamente sul MUOS, le antenne, e gli scienziati indipendenti come Zucchetti e Coraddu”.
Un’altra grande anomalia è stato il blocco delle strade che portano all’ingresso della base. “Pur mostrando il tesserino di pubblicista, a tre chilometri dalla base, ho dovuto procedere a piedi sotto il sole cocente: in molti vi hanno rinunciato”, afferma la Santarelli.
Il gruppo comunicazione del coordinamento dei comitati No MUOS (raggiungibile all’indirizzo email: comunica@nomuos.info ) tenta di stabilire un contatto con alcuni giornalisti presenti all’interno della base per invitarli a sostare alcuni minuti al presidio per incontrare gli attivisti e lo scienziato Massimo Coraddu, l’esperto del politecnico di Torino e consulente del comune di Niscemi, che in questi giorni si trova in Sicilia.
Ma l’operazione balcone fiorito non ammette deroghe, la gente dev’essere tenuta a distanza dai giornalisti e dai reporter. E non è previsto che i giornalisti possano mettere il naso fuori dal pullman militare, se non all’interno della base (una base, ricordiamolo, che non è della Nato ma ad uso esclusivo della marina militare statunitense) ove sorge il MUOS. Neanche fossimo ai tempi di Videla o di Pinochet.
Cordoni di polizia, infatti, isolano la zona per un raggio di alcuni chilometri e impediscono per l’intera giornata a ogni genere di veicolo di accedere alla contrada Ulmo e alle strade che conducono alla base: in pochi riescono a passare a piedi previa identificazione, controllo dei “pregiudizi” e registrazione su particolari brogliacci ove solerti agenti annotano le generalità e gli estremi dei documenti di identità.
Ma tutto questo i giornalisti in visita alla base lo ignorano e non potrebbe essere altrimenti vista la distanza incolmabile che l’operazione balcone fiorito costruisce fra propaganda e realtà.
Ma a sorpresa qualcosa s’inceppa. Proprio davanti al presidio del Coordinamento dei Comitati No MUOS, alcuni temerari si intrufolano sotto il pullman militare che si vede costretto a fermarsi. I giornalisti non scendono, dentro e fuori l’autobus il caldo è insopportabile. Eppure al presidio vi è un’ampia area all’ombra ideale per ospitare riunioni. Si decide di consentire al dr Coraddu e a un paio di attivisti di salire sul pullman e incontrare i giornalisti. C’è nervosismo fra gli organizzatori del tour guidato, si cerca di sminuire il valore delle loro testimonianze.
I pochi minuti a disposizione, e in una situazione decisamente disagevole, sono sufficienti a pronunciare numerose parole di grande peso: salute con tumori e leucemie dieci volte la media nazionale in ogni fascia di età, ambiente, pace, sviluppo del territorio, pericoli per la navigazione aerea, sovranità popolare, smilitarizzazione se non di tutta la Sicilia almeno delle sue aree protette. Non risulta che gli altri impianti MUOS siano installati come qui in una riserva naturale, né che le parabole siano puntate, come a Niscemi, verso la superficie circostante e la popolazione che vi risiede.
I temerari sotto il pullman, protetti da un cordone di cittadini festanti, riguadagnano la porta del presidio. Il pullman dei giornalisti riprende il suo viaggio per Sigonella ove un volo dell’aeronautica militare li riporterà lontano da qui.