Tra meno di due lustri – in mancanza di un mutamento di scenario – i comuni della ex Provincia di Enna potrebbero rientrare nell’elenco dei paesi fantasma della Sicilia. Parliamo di centri abbandonati per spopolamento, come quelli situati tra Novara e Francavilla di Sicilia. Negli ultimi quattro anni, infatti, i dati ISTAT sull’andamento della popolazione nel libero consorzio comunale di Enna mostrano una netta tendenza alla decrescita esponenziale. In termini di variazione percentuale, se nel 2008 la perdita di popolazione residente non superava lo 0,8% sulla popolazione complessiva, nel 2016 la perdita ha superato l’1%, registrando la media più bassa di numero componenti (2,41) per nucleo famigliare. Il dato demografico è molto preoccupante e non deve essere assolutamente sottovalutato, pensando anche a possibili interventi per modificare la struttura alla base della manifestazione del fenomeno indesiderato.
Assodato che il livello di popolazione residente in un determinato territorio può aumentare o diminuire nel tempo in funzione dell’accumulo dei flussi di popolazione in entrata (nascite e nuovi arrivi) e dei flussi in uscita (decessi e partenze), occorre chiedersi: quale tipo di variabili influiscono sulla crescita o decrescita della popolazione? quali sono le dinamiche che determinano la manifestazione problematica nel tempo? come prevedere l’andamento dello scenario futuro e ridurne le tendenze indesiderate?
La crescita della popolazione nel tempo deriva in primo luogo dall’incremento delle nascite (su base annua) rispetto al numero dei decessi. Pertanto, la presenza stabile di coppie in età fertile sul territorio (insieme al mantenimento della propensione alla procreazione) produce una dinamica di crescita esponenziale, contrariamente a quanto avviene con l’abbandono dovuto all’emigrazione giovanile verso altre località. Come è stato giustamente scritto qualche anno fa dal Vescovo della Diocesi di Nicosia al Prefetto di Enna, “con l’emigrazione il territorio si impoverisce così di risorse preziose, forse le più preziose: i suoi giovani”.
L’attuale fenomeno dell’esodo legato alle partenze di ragazze e ragazzi in cerca di migliori opportunità occupazionali, oltre a determinare un immediato calo del livello di popolazione residente nell’ennese, innesca un paio di “dinamiche regressive” con effetti dirompenti nel ventennio successivo. La prima dinamica (con effetto negativo) comporta una riduzione progressiva di adolescenti che diverranno giovani in età fertile, contestualmente ad un deciso decremento del numero di nascite e l’incremento del numero di decessi su base annua, a seguito del progressivo invecchiamento della popolazione. Pertanto, se annualmente il numero di decessi in un centro abitato supera quello delle nascite (così come ripetutamente registriamo), in mancanza di equilibrio il livello della popolazione residente nel tempo è destinata inesorabilmente a diminuire: entrando in un circolo vizioso fino “all’estinzione”.
Quanto rilevato dall’ISTAT nel libero Consorzio Comunale di Enna, soprattutto a partire dal 2009, non promette nulla di buono. Alla dinamica della decrescita naturale si aggiunge la dinamica recessiva, riguardante il peggioramento della capacità attrattiva, con effetto negativo sui nuovi arrivi e rinforzo della tendenza a partire a livello territoriale. Con l’aumento delle partenze diminuiscono gli arrivi a causa della contrazione della domanda di beni e servizi essenziali, che determina l’attesa di sbocco sul mercato per chi vuole investire su un determinato territorio, spingendo inoltre chi ha già investito a spostarsi altrove. In altri termini i giovani che stanno abbandonano il territorio, nell’arco di pochi anni, trascineranno con se altri residenti (lavoratori dipendenti, esercenti, professionisti e titolari di piccole imprese) a cui vengono a mancare opportunità di lavoro e di mercato. La riduzione della popolazione residente comporta, infatti, anche una ridimensionamento dell’offerta di servizi pubblici essenziali (da quelli sanitari all’istruzione), contraendo ulteriormente la capacità di spesa alla base della domanda di beni e servizi essenziali.
Soffermando l’attenzione agli indicatori di sviluppo economico del territorio, il tasso di crescita in un centro abitato risulta quantitativamente tangibile considerando il volume di spesa per consumi effettuati in loco su base annua. E tale volume è determinato dal prodotto tra il livello della popolazione residente e la spesa media procapite per l’acquisto di beni e servizi disponibili sul territorio. Con certezza, all’incremento su base annua del livello di popolazione residente corrisponde nel tempo un aumento progressivo della spesa per consumi: con ricadute sulla crescita della domanda, il reddito circolante e il richiamo per investitori, imprese e nuovi residenti (attratti dalle prospettive di ampliamento del mercato e dalle nuove opportunità di sbocchi occupazionali). Al contrario, con la diminuzione della popolazione residente, si genera invece una dinamica di ulteriore recessione legata al calo della domanda con effetto sul numero di partenze di coloro (imprese, giovani e lavoratori) a cui vengono meno le opportunità di sbocco sul mercato.
Per concludere, quanto più si abbassa il livello della popolazione tanto più essa è destinata ad abbassarsi nel tempo per effetto delle dinamiche regressive causate dalla diminuzione della “ricchezza circolante” e della quota di popolazione (in età fertile) costretta all’esodo. I correttivi per mutare questo scenario possono essere di diversa natura (dall’introduzione di misure a sostegno del reddito per i giovani in cerca di occupazione al miglioramento delle opportunità per i soggetti che scommettono sul territorio), nella logica dello stimolo alla crescita della domanda e dell’attrazione di investimenti pubblici e privati, con effetto moltiplicatore. Ma riusciranno i nostrani politici a considerare appropriatamente la questione ? La sopravvivenza delle nostre comunità dipende dalla qualità delle scelte politiche che verranno effettuate.
Mario Alberti
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