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Valguarnera (EN)

Valguarnera un tempo importante centro minerario, oggi ha nell’agricoltura e nell’industria tessile la base dell’economia.
Il suo antico passato minerario fa di Valguarnera una delle cittadine più operose della provincia. Di questo passato danno ancora testimonianza i resti delle miniere di zolfo sparse nel territorio del paese.
Chiuse le zolfare, l’economia di Valguarnera si è indirizzata sulle produzioni tessili.
Per quanto riguarda le testimonianze artistiche del paese, apprezzabili sono la Chiesa Madre, che presenta una suggestiva facciata monumentale (XVIII secolo), la chiesa dell’Immacolata, che conserva un prezioso quadro della Madonna delle Grazie, di scuola bizantina del ‘400 ed una bella custodia lignea dell’Eucarestia ricoperta con intarsio di tartaruga, la chiesa di San Giuseppe e la chiesa di S. Antonio da Padova del XVII secolo.
Nei dintorni di Valguarnera, poco lontano dal paese, il Bosco di Rossomanno è meta di numerosi escursionisti e amanti della natura.
E’ stato il Corpo Forestale a piazzare gran parte degli alberi presenti, soprattutto eucalipti e conifere.
L’intervento umano, anche se non ha aggiunto nulla di rilevante da un punto di vista naturalistico, ha reso però la zona ancora più interessante da un punto di vista paesaggistico. Sulle colline di Rossamanno, inoltre, sono stati portati alla luce i resti di civiltà indigene risalenti al XIV-VII secolo a.C.
Tra i monumenti da visitare, appena fuori paese, il Castello di Gresti o Pietratagliata di epoca medievale.

 

Valguarnera – come arrivare

* Da CATANIA Km. 82 – Autostrada A19 Ct-Pa – Uscita Dittaino (dopo Agira) – Seguire per zona Industriale Dittaino e proseguire per Piazza Armerina

* Da PALERMO Km. 149 – Autostrada A19 Pa- Ct – Uscita Mulinello (dopo Enna) – Seguire indicazioni per Valguarnera

Valguarnera Caropepe è situata a 600 metri di altitudine sul livello del mare, sulle pendici dei monti Erei. Le prime notizie del feudo di “Caropipi” risalgono al 1296 quand’era un semplice casale appartenente a Lamberto di Carupipi, da cui poi ebbe nome il feudo. Possesso successivamente di Ludovico di Pamplona, di Pietro Mirone Agorizio e di Muchio de Affermo, il borgo passò nel 1398 a Vitale e Tommaso Valguarnera. Nel 1549 un membro della famiglia Valguarnera, Giovanni Conte di Assoro, ottenne l’autorizzazione dall’imperatore Carlo V per edificare il paese di Valguarnera nel feudo di Caropepe; ebbe così facoltà di riunire gente nel territorio del feudo sviluppando notevolmente il borgo.

Un ulteriore balzo nel suo sviluppo il paese lo effettuò nel corso dell’Ottocento (la sua popolazione passò da 5 a 14 mila abitanti) grazie allo sviluppo dell’industria zolfifera: nella zona circostante Valguarnera si arrivò infatti a produrre non meno del 10% del minerale prodotto dall’intera isola.

Cyrepicum e Caripa nomi greci di paesetti situati nelle vicinanze di Valguarnera pare che abbiano dato origine al nome medievale Caropepe, di cui possediamo testimonianze sicure. E’ più probabile, però, come si sostiene in appendice a questa breve presentazione del paese, che il toponimo sia d’origine araba.

I dintorni di Valguarnera conservano ancora qualche traccia delle antiche civiltà che si susseguirono in questa isola del sole, quando i popoli, attratti dalla sua bellezza, la fecero propria: fenici, greci, cartaginesi, romani e arabi.

Recentemente tra le colline di contrada Marcato scavi archeologici hanno portato alla luce un insediamento abitativo risalente al IV millennio a.C. Uno scheletro umano della tarda età del rame e alcune ceramiche della prima età del bronzo ritrovate in questo ambiente probabilmente faranno riscrivere la storia delle origini di Valguarnera Caropepe.

Di felice ubicazione Valguarnera Caropepe si affaccia sulla valle del Dittaino, ed è circondata da ridenti colline. Valguarnera è raggiungibile tramite l’autostrada A19 Palermo-Catania svincolo “Mulinello”, ed è situata a Km 25 da Enna, capoluogo di provincia. Da visitare a Valguarnera sono le numerose Chiese, con i ricchi quadri, affreschi, antichi paramenti sacri, statue, testimonianza di una fervida fede religiosa.

 

DA “IL VILLAGGIO DEL MIO AMATO” (byi Enzo Barnabà)

E’ noto come nel 1549 i Valguarnera ottenessero da Carlo V il privilegio di popolare un paese e di imporvi il loro nome. Fu tutt’altro che un caso isolato che si inquadra nella corsa allo sfruttamento di vasti territori dell’isola effettuata da aristocratici a ciò spinti dal lievitare dei prezzi dei prodotti agricoli (il grano innanzitutto). In meno di due secoli, si arrivò ad un’ottantina di nuovi paesi.

Non si può tuttavia affermare che il 1549 sia l’anno zero della storia del nostro paese. Tracce di insediamenti umani vi si hanno sin dai tempi più antichi. Nel medioevo vi era un feudo nei documenti chiamato ora “Carrapipi”, ora “Carupipi”, etc. Non mi pare vi sia dubbio sull’origine araba di questo nome. L’etimologia più convincente é quella comunicatami dall’arabista dott. Lorenzo Lanteri. Il nome risulta composto da due parole: qaryat (che significa “villaggio”, “borgata”) ed habibi (che significa “del mio amato”, “del mio caro”).

Come dal Qaryathabibi degli arabosiculi si sia passato al Carrapipi dei latinosiculi é presto detto. Prendiamo una parola alla volta:

* qaryat (trascrizione dell’arabo classico) evolve in karia (la q araba cessa di essere pronunciata in fondo alla gola; scompare la t, che abitualmente non é comunque pronunciata) e poi in carra (trascrizione “latina” della k, scomparsa della i e normale raddoppio della r).

* habibi diventa bibi (caduta dell’aspirazione e della vocale che segue, come normalmente avviene nella trasformazione neolatina delle parole arabe) e poi pipi (normale passaggio alla consonante sonora b alla corrispondente consonante sorda p; da notare che le i, secondo la fonetica locale, vengono pronunciate come vocali “centrali”: i carrapipani capiranno senza problemi).

Carrapipi ha quindi il significato di “villaggio del mio amato”. Sarebbe bello sapere a chi, da chi e per quale ragione un millennio addietro fu dedicato il paese con questo poetico nome.

 

Il Santo Patrono di Valguarnera Caropepe “San Cristofero”

Il testo più antico sul culto di San Cristofero risale al 452 d. C. questa e altre testimonianze, seppur sommarie e non vagliate in modo unanime dalla critica, dimostrano comunque l’esistenza storica del martire orientale, ucciso in Licia, odierna Turchia, nel 250 d. C. Cristofero è stato uno dei Santi maggiormente venerati nel medioevo, soprattutto in Spagna, e da questa venerazione sono fiorite molte leggende sulla misteriosa figura.

Il testo di Jacopo da Varagine, del XIII secolo, è quello in cui si trova la più accreditata tra tutte le narrazioni sulla santità di Cristofero. Spinto da una forza eccezionale e da una complessione gigantesca, fu al servizio di re ed imperatori e perfino delle schiere del Demonio dal cui scorno apprese il primato di Cristo su tutti i potenti. Convertitosi, per avvicinarsi alla grazia del battesimo, si portò ad abitare lungo il fiume.

Una notte, il suo sonno fu interrotto dall’apparire di uno splendido fanciullo che gli chiese aiuto ad attraversare il fiume: durante il traghettamento, il peso del bambino aumentò sempre più, senza però abbattere il vigore straordinario del traghettatore il quale, all’approdo, fu ricompensato dalla scoperta di avere portato su di sé il corpo di Cristo.

Non è ben chiaro se la leggenda sia nata dal nome dal Santo, letteralmente portatore del Cristo, o se invece prenda origine da un’iconografia anteriore, diffusa in Oriente.

San Cristofero è comunque enumerato tra i quattordici santi ausiliatori ed è il protettore di tutti i viaggiatori, dei viandanti, dei pellegrini, degli automobilisti, dei ferrovieri, dei portalettere, degli atleti, degli scaricatori e facchini, e di coloro i quali esercitano un lavoro pesante ed esposto a rischi.

La leggenda del bastone fiorito, dopo il trasporto di Gesù, ha contribuito a dichiararlo protettore dei fruttivendoli. In Sicilia, il suo culto è diffuso sia nella zona orientale, in particolare nell’’area etnea, sia nella parte centro-meridionale.

da Enciclopedia dei Santi

“Valguarnera ha avuto sin dalle origini S. Cristoforo come protettore e sin dal 1630 la Chiesa principale […] era a lui dedicata, e furono certamente i principi Valguarnera che portarono devozione dalla Spagna, ov ‘essa era tanto diffusa. La festa […] venne celebrata sino al 1872 il 25 luglio; ma quell’anno i notabili del paese pregarono […] la Santa Sede di trasferire la festa al 25 agosto per dar comodo di parteciparvi agli agricoltori”.

Parroco Dr. Giacomo Magno – Memorie storiche di Valguarnera Caropepe, Catania – Bagheria 1986.

Foto in alto: acquaforte della pittrice Marcella Tuttobene

La festa di San Giuseppe a Valguarnera Caropepe

Valguarnera Caropepe. L’intera comunità valguarnerese, dal 10 al 19 Marzo, festeggia il Patriarca San Giuseppe. La Festa viene preceduta da un Novenario, le cui meditazioni vengono guidate dal Parroco che invita i fedeli a riflettere sulla figura di San Giuseppe, uomo giusto, protettore della famiglia e dispensatore di grazie. Si prega e si implora il Patriarca per le famiglie, il popolo, i Benefattori, gli emigrati e gli ammalati.

La PROCESSIONE di San Giuseppe

La sera dopo la messa ha inizio la processione del Santo che viene portato sul fercolo per le vie principali del paese. Il fercolo, fatto costruire nel 1827 da Don Vito Boscarino e restaurato nel 1922, è un vero capolavoro d’arte. Presenta una cupola con rilievi d’orati e intarsiata di stelle e altri disegni particolari di ottima fattura, non si conosce l’autore, ma doveva essere un grande artigiano. Alla processione partecipano le confraternite delle varie chiese, vestiti con abiti particolari con i colori delle confraternite, le autorità civili e i fedeli scalzi con le torce votive in mano.

 

 

Le “TAVOLATE” di San Giuseppe

Le Tavole di San Giuseppe a Valguarnera Caropepe per la loro peculiarità sono uniche in Sicilia, vengono allestite il 18 marzo dai devoti, in ringraziamento al Santo per una grazia ricevuta. La sua preparazione si protrae per circa 10, 15 giorni e per questo richiede la collaborazione di parenti ed amici che si prodigheranno per la preparazione di tutte le pietanze che la imbandiranno. La Tavola viene fatta in legno e a ha una forma di scala di 4 – 5 gradini lunghi circa 3 – 4 metri ed un grande tavolo alla base, il tutto ricoperto con tovaglie di lino finissimo e ricamate. Le pietanze che vi sono poste sono strettamente legate alla tradizione culinaria della festa di San Giuseppe e sono la pasta con il miele, la pagnuccata (pignolata con il miele) i cannoli con la ricotta e la crema, le sfinge, le cassatele, il torrone, le mandorle confetti, le fritture delle diverse verdure come i finocchietti, spinaci, mozzatura, broccoli con sopra una spolverata di mollica. Oltre a queste tradizionali pietanze nel tempo si sono aggiunti svariati tipi di dolci e pietanze più o meno elaborate che arricchiscono la tavolata. Il protagonista assoluto è il pane che viene preparato dai panificatori locali con farina di grano duro che dopo essere stato lavorato a mano e “modellato”nelle diverse forme che simboleggiano gli attrezzi del falegname come la sega il martello la scala, ed altre forme come l’ostensorio, gli angeli adoranti l’uva l’asinello, viene poi rifinito con una spennellata di uovo e una pioggia di“paparina” (semi di papavero) e messo in forno. Altre forme di pane di dimensioni minori rispetto a quelle che vengono sistemate sulla tavola sono i “Pupidd r San Giusepp” questi vengono distribuiti sia nelle Tavolate dei devoti che in chiesa dove viene allestita la Tavolata principale. Tra ogni forma di pane e in mezzo ai piatti ad ornare saranno le arance la lattuga il sedano e i finocchi. Il rito de “l’azena” (cena) si svolge la mattina del 19 marzo quando intorno alle 9.00 dopo che le tre persone che rappresentano la Sacra Famiglia avranno partecipato alla Santa Messa, si recheranno nelle abitazioni dove sono state invitate a rappresentare i Santi.

Il rito della “Cena”, nasce dal fatto che San Giuseppe e Maria da poveri si videro rifiutare un rifugio per il parto, ma anche quando furono costretti a fuggire in Egitto e a vivere clandestinamente, ed ecco quindi che i devoti in segno di carità cristiana vogliono dare simbolicamente accoglienza e ristoro, alla Sacra Famiglia.

Si inizia con la preghiera recitata da San Giuseppe che invita Gesù bambino ad unire le tre dita simboleggianti la Santissima Trinità ed insieme ripeteranno questa antica preghiera in dialetto locale per tre volte

B’n’ritta la zena – B’n’ritta Maddalena – B’n’rìtt tutt quant – U patr, u figghj e u spir’t sant..Dopo aver recitato questa preghiera San Giuseppe sbuccerà una arancia e ne distribuirà dei pezzi a Gesù bambino e alla Madonna accompagnati da pezzi di pane benedetto per poi continuare con le altre pietanze. Alla fine della “cena” la tavolata sarà aperta a quanti vorranno degustare le pietanze tipiche della festa e svuoteranno i gradini della Tavolata tranne l’ultimo che viene riservato alle pietanze che verranno date ai Santi. Secondo un’antica tradizione la vigilia della festa in tutte le tavole viene posta una ciotola con l’acqua e una saliera, dove l’indomani mattina verrà trovata l’impronta delle dita di San Giuseppe che nella notte e passato a benedirla.An quant, an quant  –  c’è l’àngiul sant  –  U patr, u figghj e u spir’t sant.

Benedetta la Cena –  Benedetta Maddalena – Benedetti tutti quanti

Il padre il Figlio e lo Spirito Santo di tanto in tanto c’è l’Angelo Santo il Padre il Figlio e lo Spirito Santo

 

La SACRA FAMIGLIA di San Giuseppe

Il giorno 19 Marzo alle ore 10.00 dalla sacrestia della Chiesa, si snoda il corteo della Sacra famiglia Ansia, tensione, gioia, raccomandazione dei famigliari, accompagnano questi ultimi momenti prima del corteo. San Giuseppe è impersonato da un adulto con folta barba bianca ed indossa una tunica azzurra ed un mantello marrone, in mano porta il bastone con in cima il Giglio, simbolo di purezza. La Madonna viene scelta tra le ragazze più graziose del paese, vestita elegantemente con un abito bordeaux,un mantello ricamato e in testa una corona d’argento che viene sorretta dal padre, ha in mano una coroncina e il libretto delle preghiere. Gesù Bambino, indossa una tunichetta celeste ed ha intesta una aureola. Questi tre personaggi, seguiti dalla banda musicale, dai parenti e da un folto numero di fedeli, dopo aver percorso le vie del paese rientrano in chiesa per assistere alla messa solenne. Alla fine della celebrazione eucaristica, la Sacra Famiglia si reca nella sacrestia della chiesa dove è stata allestita la tavola. Un tempo questa tavola veniva preparata in casa di Don Vito Boscarini che agli inizi dell’800 assunse l’impegno di solennizzare la festa. Egli regalò al santo nel 1811 un bastone d’argento. Fu la famiglia Prato, famiglia benestante e proprietaria terriera a continuare questa tradizione per molti anni che allestiva la tavola nel palazzo che si affaccia su Piazza Garibaldi, da dove la Sacra famiglia, dopo la cena partiva per andare nella Chiesa San Giuseppe ed assistere alla messa solenne.

 

”I M’BRACULI” di San Giuseppe

Sono l’offerta di ceri o di grano che i devoti fanno a San Giuseppe in ringraziamento per una grazia ricevuta. I ceri arricchiti da fiori di carta colorata vengono portati spesso anche a piedi scalzi.  Il grano viene portato dentro a sacchi (bisacce) posti sul dorso di cavalli bardati a festa e accompagnati dalla banda musicale che puntualmente giunti all’inizio della salita che conduce alla chiesa di San Giuseppe eseguirà la tradizionale ed allegra marcia del Chichirichi colonna sonora della festa. Queste manifestazioni di devozione accompagnate dalla banda musicale, sono il modo di condividere la gioia di una grazia ricevuta con tutti i concittadini che durante tutta la giornata sosteranno nella salita che conduce alla chiesa in attesa dei “m’braculi”.

Monumenti
Palazzo Archimede, Sebastano Arena

L’edificio è stato inaugurato nel 1889, grazie alla tenacia del sindaco Sebastiano Arena. La struttura presenta un atrio e un porticato che si affaccia in un cortile interno.I portici sorgono su tre lati e poggiano su colonne di arenaria scolpite in stile dorico. Al secondo ordine troviamo una loggia. La facciata è provvista di due stemmi dedicati a Dante Alighieri sulla sinistra e ad Archimede sulla destra; all’interno la lapide con l’effige di Francesco Lanza reca la seguente scritta:” Ispettore scolastico, visse educando con la parola e con l’esempio”. L’edificio è stato recentemente ristrutturato.

Palazzo Hotel Raimondo
Edificato alla fine del 1800 e adibito a Hotel ristorante, rimase tale fino alla morte del suo proprietario, Giuseppe Raimondo, avvennuta nel 1927.

Casa di Francesco Lanza (Scrittore)
L’edificio fu costruito durante l’edificazione del palazzo “Archimede” dallo stesso autore Ing.Mariano Piazza. La facciata presenta al centro del piano terra un bel portale in pietra chiara; Lateralmente sono presenti i riquadri di due portoni che successivamente sono stati chiusi e trasformati in finestre. Al secondo ordine sono presenti un balcone centrale e delle finestre laterali, i riquadri dei quali sono costituiti di terracotta di Caltagirone.

Palazzo Municipale

Il palazzo municipale era di proprietà di Don Luigi Costanzo. Il figlio di Don Luigi,Don Ludovico, lo vendette nel 1862 a Don Antonino Prato, il quale poco dopo a sua volta lo vendette al Municipio di Valguarnera Caropepe. Il palazzo fu ampliato nel 1961 con la costruzione del secondo piano. Negli anni ’80 la sede comunale è stata ulteriormente ampliata.

Palazzo Litteri

ll palazzo è sito in via Colombo ed oltre ai caratteri stilistici tipici del periodo Liberty presenta una facciata con rari particolari neoclassici.Si racconta che detto palazzo sia stato un convento appartenuto molto probabilmente all’ordine francescano.Si pensa che il convento sia stato chiuso a seguito di una legge garibaldina emanata nel 1866.

Il castello dei principi Valguarnera

Nel feudo di Valguarnera vi era il Castello del feudatario che non presentava elementi architettonici ed artistici degni di nota.Difeso a mezzogiorno ed a levante da una rupe assai ripida, si ignora quale sia stata la sua struttura originale.Appariva, a guardarlo da fuori, una di quelle case di campagna lontane dall’abitato, forte contro i briganti, con finestre e balconi alti chiuso da ogni parte.Fu la dimora di Lamberto di Carapipi e dei feudatari del XV e XVI secolo e dei Principi di Valguarnera.L’ultimo Principe che vi dimorò stabilmente fu Don Emanuele Valguarnera Conte di Assoro intorno al 1837.Nei primi anni del 1900 il Castello fu diviso in piccoli lotti e dato in proprietà a contadini. Successivamente però fu demolito per far spazio ad un nuovo edificio scolastico: il “Plesso Don Bosco”.

“Antiquarium”

Stanno proseguendo senza intoppi i lavori edili che trasformeranno l’ex carcere mandamentale in “Antiquarium”. La struttura che si trova nel quartiere San Francesco, una delle zone più antiche del paese, al momento è sottoposta a lavori di ristrutturazione che non appena saranno portati a termine doteranno Valguarnera del primo museo della sua storia. Molte delle opere che dovranno essere esposte nelle future sale dell’Antiquarium attualmente si trovano in dotazione di diversi musei archeologici dell’isola e pertanto dovranno essere riscattati al luogo.

 

 

Its ancient mining past makes Valguarnera one of the more active towns in the province. With the sulphur mines closed, the future of the town has been directed towards textile production. As regards the town’s art and architecture, the main church with its impressive monumental facade (12th century) and the church of Sant’Antonio di Padova (17th century) are both worth noting. In the surrounding area of Valguarnera, not very far from the town, is the Rossomanno wood, an attraction for hikers and nature lovers. It was the Forestry Commission which planted most of the present trees, especially eucalyptus and conifers. Human intervetion, even though it has added little from a nature point of view, has nevertheless made the landscape more interesting. On the Rossomanno hills, moreover, remains of indigenous civilisations, dating back from the 14th to the 7th centuries BC, have been uncovered. Among the monuments worth visiting, just outside the town, is the medieval “Castello di Gresti” or “Pietratagliata”.

It rises between Aidone and Valguarnera, in the “Gresti” district; after which the recent denomination of “Gresti” attributed to it. In a happy location, it dominates wide valleys, controls the landscape leading from the north to the south est side of Sicily and almost guard the Gornalunga river, once rich in waters. The same Diodoro Siculo makes reference to a road that used to connect Siracusa to Agira passing from Morgantina. The building was already existing during the Arabic domination period, although the nowadays emerging part possess all the Sicilian-medioeval architecture’s characteristics of the Norman age. Rebuilt by the Normans, the castle passed in the XIV century, to the Gioieni family that kept it until 1648, when it reached the Graffeo. At last it became property of the Baron Ignazio Lalumia of Licata.

The Castle of Valguarnera is located on the top of Mount Stella. The first piece of news we have about this castle go back to 939; infact in that year it was stormed by the Arabic condottiere Chalil, which reconstructed it and strengthened it. Enlarged by the Normans in following ages, it becames later on property of the Uberti, Valguarnera and Polizzi families. Abandoned to the negligence, today only little ruins show the vastness of its rooms. The disposition of the defence weapons, however, testifies the time’s architects genius. The survivors walls are those turned towards the below valley; they lean on the very rock.

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