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Il Cnr incastra il falsario che truffò Mussolini

Il Cnr incastra il falsario che truffò Mussolini Individuati vasi e terrecotte falsi al Museo di Archeologia dell’Università di Catania. L’autore è lo stesso ricettatore che alla fine degli anni Trenta rifilò una serie di ritratti ellenistici taroccati al regime fascista.

Antonino Biondi, il falsario che truffò Mussolini, ha colpito ancora. O meglio, a distanza di molti decenni è stato scoperto un altro dei suoi colpi. Per individuare l’autore di alcuni vasi e terrecotte falsi del Museo di Archeologia dell’Università di Catania è stato necessario un vero e proprio lavoro da investigatori, analizzando i presunti reperti archeologici e recuperando scritti e carteggi degli anni Trenta. Le tracce hanno condotto proprio alla mano del siciliano che rifilò una serie di opere taroccate al regime fascista.

Analisi scientifiche e il taccuino del falsario
Lo studio è stato condotto dall’Istituto per i beni archeologici e monumentali del Consiglio nazionale delle ricerche (Ibam–Cnr), in vista della pubblicazione della collezione del Museo archeologico dell’Università di Catania. La campagna, coordinata dall’archeologo dell’Ibam-Cnr Giacomo Biondi, ha utilizzato metodologie non distruttive (Xrd e Pixe-alpha) su alcune opere ritenute sospette.

“Contemporaneamente – dice il direttore dell’istituto Daniele Malfitana – Edoardo Tortorici dell’Università di Catania, in collaborazione con Graziella Buscemi, ha studiato il carteggio tra gli archeologi dell’epoca in contatto con Centuripe, cittadina siciliana sede in quegli anni di un’agguerrita scuola di falsari. Provvidenziale si è rivelato il taccuino di Biondi, noto falsario-ricettatore sul quale sin dall’inizio delle ricerche ricadevano i maggiori sospetti. In alcuni schizzi, infatti, si riconosce la sua mano”.

Trovate anche matrici usate da Biondi
Gli investigatori del Cnr non hanno dubbi. “Le analisi chimiche e fisiche hanno permesso di distinguere pigmenti antichi e moderni, difficili da individuare in ritocchi e integrazioni di pitture originali con un semplice esame autoptico”, prosegue Malfitana. “L’esame dell’epistolario dei collezionisti Paolo Orsi e Guido Libertini ha consentito di ricostruire alcuni retroscena del periodo, in cui nuove leggi vietarono scavi e compravendita di materiali da parte di privati, leciti fino ad allora”. Una serie di indagini sul posto ha inoltre permesso di rintracciare delle statuine in terracotta ricavate da matrici appartenute allo stesso Biondi e usate dai discendenti per produrre lecitamente copie destinate ad appassionati e turisti.

La truffa al regime fascista
Il curriculum del falsario siciliano si arricchisce dunque di un altro “colpo”. Il più celebre rimane però quello messo a segno alla fine degli anni Trenta, quando le sue riproduzioni di sette ritratti policromi di stile ellenistico furono ritenute vere da un mecenate. L’incauto amante dell’arte le acquistò per una somma ingente sul mercato antiquario dietro intermediazione e consulenza del senatore Pietro Fedele, presidente del Poligrafico dello Stato e della Consulta Araldica e accademico dei Lincei. Nel 1939 i ritratti furono donati a Benito Mussolini. Lo stesso anno, con un’apposita cerimonia, il ministro all’Educazione nazionale Giuseppe Bottai li consegnò al Museo di Napoli, ritenuta degna sede delle nuove acquisizioni. Dopo la pubblicazione delle opere nella serie dei “Monumenti della pittura antica scoperti in Italia”, nel 1940 uno studioso ne mise però in dubbio l’autenticità causando una vivace disputa accademica, chiusa dalle successive analisi chimico-fisiche che appurarono la modernità dei ritratti, verosimilmente dipinti su supporti antichi e provenienti dall’ambiente centuripino.  –

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