Tre in un sol colpo. In tre aree diverse del mondo con ben differenti compiti istituzionali. Non se ne hanno notizie storiche. Ed è dunque quasi una sorta di allineamento di pianeti che si oscurano l’un con l’altro, nulla perdendo o guadagnando, ma ciascuno lasciando il mondo etonné si, ma con la”gioia” del gossip. Non se ne sentiva la mancanza.
Tre sovranisti (di fatto populisti prestati al sovranismo) Jorge Maria Bergoglio (82), Donald Trump (72) Matteo Salvini (45) tengono gli onori delle cronache per fatti e misfatti attinenti al loro mandato e/o alla loro vita. Piazze, palazzi, giornali e media invasi da quanti chiedono che se ne vadano a casa o con le buone – dimissioni – o con la cattive – impeachment, arresto, dichiarazione di incapacità del ruolo.
Stiamo parlando del 266° Papa della Chiesa Cattolica e sovrano dello Stato del Vaticano; del 45°Presidente degli Stati Uniti d’America e di fatto di questi sovrano; del 3°Federale della Lega Nord,vice primo ministro e ministro dell’interno del Governo Italiano, di fatto sovrano della Lega e tale anche nei sondaggi su gli uomini politici italiani.
Tutti e tre in crisi di credibilità. Nessuno di loro pensa a mollare, anzi. Logico: perché le accuse loro rivolte e le colpe loro affibbiate sono state appannaggio, nel tempo, di tanti loro predecessori e tanto”rumore”non si era mai udito, ne apocalittiche previsioni. Non oggi però, che in tempo reale, a puritanesimo di maniera regnante, grazie alle diavolerie della comunicazione istantanea si trinciano giudizi da riapertura dei manicomi o – se si vuole – apertura di spazi per i pochi che ancora non hanno portato la testa all’ammasso. Più semplice.
Sono tutti e tre intonsi e virginei? Non sembra. Appaiono a volte attori da gran guignol? Capita. Non seguono la prassi consolidata nel tempo per il loro ruolo? Parrebbe. Ma non si può dire al Papa dimettiti perché non sei andato sul balcone di Piazza San Pietro a gridare siamo tutti pedofili e farabutti. Ne si può pretendere dal Presidente degli Stati Uniti d’America, mentre il suo paese gode di uno stato economico e di potenza mondiale di tutto rispetto, ritorni sul ballatoio della scalinata del Capitol di Washington, ove giurò di onorare e difendere la costituzione e dica sono un femminaro doc e felice che i russi abbiano fottuto Hillary. Ne chiedere che il ministro dell’interno con un buonismo che non gli è proprio, ma oggi di “grande maniera”, vada a Lampedusa gridando al vento del Mediterraneo ”immigrati di tutto il mondo unitevi e venite, sarete accolti vita natural durante”. No, non si può pretendere tanto. Certo, un pò di sobrietà, meno twitter, più giacca e cravatta fisica e mentale, un pò di “pauca sed bona dicta” non farebbero loro male. Ma gridargli dietro “dagli all’untore” ad ogni piè sospinto appare ridicolo e pericoloso: mina le istituzioni . Che se non credibili possono far buttare via la ”sporcizia”, di cui parlava Ratzingher, con dentro il bambino. Sarebbe un “istituzionicidio”. Piùchepeccatomortale.
Pino Grimadi (QdS, sabato 1 settembre 2018)
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