Il Comune di Piazza Armerina cita in giudizio il Parlamento siciliano
di Massimo Greco
Dopo la bocciatura, ad opera della competente Commissione legislativa dell’ARS, del disegno di legge che ridisegna i confini territoriali dei nuovi enti intermedi interessati dal distacco/aggregazione dei Comuni di Piazza Armerina, Gela, Niscemi e Licodia Eubea, alcuni Comuni – tra questi Piazza Armerina – hanno deciso di affidarsi alla giustizia, promuovendo una non meglio precisata azione giudiziale nei confronti della Giunta regionale e del Parlamento regionale, rei non avere dato seguito agli adempimenti conseguenziali previsti dalla medesima legge di riforma dell’ente intermedio.
Ora, senza ritornare sul merito (palesemente incostituzionale) di quanto fin qui disciplinato dal legislatore siciliano, è fin troppo evidente che l’ubi consistam della contesa concerne l’omesso comportamento non certo della Giunta di governo – che al contrario ha approvato il disegno di legge in discussione, ma dell’Assemblea Regionale Siciliana. Siamo perciò in presenza di un caso di responsabilità extra-contrattuale del legislatore regionale che potrebbe trovare “giustizia” solo nell’ipotesi in cui viene dimostrato che la Regione (e quindi lo Stato), a cui è affidato il potere legislativo, ha violato una norma dell’ordinamento comunitario. L’esercizio della funzione legislativa, anche in forza della necessaria separazione dei poteri pensata da Montesquieu, gode infatti di una speciale protezione, rectius, immunità.
L’insindacabilità dell’azione dei parlamentari e dei consiglieri regionali, in quanto ancorata ad una prerogativa di rango costituzionale, impedisce di assoggettare alle ordinarie giurisdizioni quegli atti tipici posti in essere in occasione di valutazioni politiche strumentali all’esercizio dell’attività legislativa e politica.
Pertanto, a meno di riuscire a trovare a Berlino quello stesso Giudice a cui si era rivolto nel ‘700 il mugnaio di Potsdam per avere “giustizia”, i 90 inquilini di Palazzo dei Normanni difficilmente potranno essere chiamati a rispondere giudizialmente per non avere dato seguito ad una propria previsione legislativa.
Quindi nessuna responsabilità extra-contrattuale da poter imputare all’omessa attività del legislatore regionale al quale, invero, potrà essere imputata la sola responsabilità politica attraverso l’uso di quegli strumenti che l’ordinamento democratico ha consegnato ad ogni cittadino/elettore: il diritto di elettorato attivo.
Sapranno gli elettori siciliani (e non solo quelli dei Comuni transumanti), chiamati prossimamente al rinnovo delle cariche di governo di numerosi Comuni, fare buon uso di questo strumento di democrazia per sanzionare quelle forze politiche che stanno contribuendo attivamente a provocare tutto questo?