Comune di Enna. Le Istituzioni non possono essere piegate ad interessi di parte

Le Istituzioni non possono essere piegate ad interessi di parte

di Massimo Greco

 

In assenza di specifiche previsioni normative (legislative e/o regolamentari), non è affatto semplice definire il limite di quell’ostruzionismo politico tradizionalmente ammesso anche dai sistemi democratici locali. Bisogna quindi salire lungo la scala di astrazione di quei principi costituzionali sottesi all’esercizio di funzioni pubbliche.

 

L’affidamento di funzioni pubbliche ai cittadini costituisce l’elemento personalistico dello Stato. I cittadini   affidatari di funzioni pubbliche hanno una peculiarità rispetto ai cittadini che ne sono sprovvisti. A questi ultimi viene infatti richiesta una “fedeltà qualificata” alla Repubblica, onere ben più gravoso rispetto all’ordinaria “fedeltà” alla Repubblica che la Costituzione richiede ai cittadini e che più comunemente può essere annoverata nel “senso civico”. Tale “fedeltà qualificata”, ancorchè non espressamente tipizzata, è da attribuire a quei cittadini che esercitano funzioni pubbliche in forza di un mandato elettivo espressione della volontà popolare. L’elezione democratica attraverso la quale il cittadino esercita il mandato elettivo nel rispettivo Comune conferisce allo stesso una responsabilità ancora più pregnante  nell’agire per il bene comune, atteso il legame fiduciario intessuto con gli elettori.

 

La responsabilità che ne deriva si pone automaticamente, ed all’occorrenza, come un limite al pur legittimo uso politico di strumenti ostruzionistici sia di maggioranza che di minoranza, precludendo ai Rappresentati politici investiti del mandato elettivo,  qualunque opera non solo di aperto sabotaggio ma anche di subdola, lenta e surrettizia erosione delle Istituzioni democratiche, in quanto queste appartengono a tutti i cittadini e certamente non ai loro rappresentanti politici.

 

Ora, in tale attività di illecita erosione non può non comprendersi il c.d. ostruzionismo della maggioranza consiliare che, detenendo il “potere dei numeri” in un determinato momento storico, promuove quei deprecabili comportamenti consistenti a far mancare il numero legale delle assemblee rappresentative ovvero a troncare ogni forma di dibattito politico-amministrativo. Il che costituisce un’inammissibile prevaricazione della maggioranza – alla quale non mancano certamente i mezzi leciti per far prevalere la sua volontà politica – nei confronti della minoranza, alla quale viene impedito di esercitare il proprio ruolo d’indirizzo politico e quindi l’esercizio di un diritto politico costituzionalmente garantito.

 

Ma vi è di più, l’ostruzionismo della  maggioranza consiliare può costituire un’attività illecita allorquando, come nel  caso del Comune di Enna, approfittando di una recentissima norma regionale, che non brilla certo per chiarezza espositiva, pone in essere comportamenti finalizzati solo apparentemente a non dotare il Comune del fondamentale strumento di previsione finanziaria, mascherando, in realtà, una mozione di sfiducia politica nei confronti del Sindaco, costretto, suo malgrado, a subire, con effetto domino, una discutibile decadenza a seguito di un’inadempienza altrui: la mancata approvazione del bilancio di previsione.

 

Orbene, i principi di civiltà istituzionale, ancor prima di quelli giuridici, impongono alle rappresentanze politiche di non arrogarsi il diritto di bloccare l’attività amministrativa di un’Istituzione elettiva, determinandone surrettiziamente la chiusura anticipata dei suoi organi di governo democraticamente eletti.

 

La morale di questo ragionamento è che chi è investito di una carica elettiva (sia di maggioranza che di minoranza) non si può servire delle Istituzioni democratiche  piegandole, distorcendole e asservendole per il raggiungimento di fini estranei alla cura degli interessi della comunità locale amministrata.

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