Rifiuti. I Comuni sbagliano a non considerare l’ipotesi delle società miste pubblico-private

Con l’ennesima Ordinanza emergenziale pubblicata nei giorni scorsi il presidente della Regione Crocetta sembra determinato a far partire entro la chiusura dell’anno in corso il nuovo sistema di gestione integrata dei rifiuti, sostituendo le indebitate società d’ambito con le nuove società di regolamentazione dei rifiuti (SRR). L’Ordinanza non fa mistero di rilegittimare quella frammentazione degli ambiti territoriali ottimali operata dagli ambiti di raccolta ottimale (ARO) – già oggetto di contestazione da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri – anche attraverso forme di gestione in house affidate a società pubbliche di scopo appositamente costituite dai Comuni.

Ne parliamo con Massimo Greco.

 

Crocetta non rinuncia alle SRR ma neanche agli ARO…

C’è una legge regionale del 2013 che ha previsto la frammentazione dell’ambito territoriale ottimale attraverso gli ARO che non è stata impugnata al contrario di quanto fatto in occasione della riforma del sistema di gestione delle risorse idriche e quindi, pur in presenza di una specifica diffida ministeriale, nessuno si sente di rimettere tutto in discussione deludendo le aspettative di quei Sindaci che coltivano da tempo di ritornare ad una gestione comunale di tale servizio.

 

Nell’Ordinanza si aprono le porte alle gestioni in house degli ARO già in fase avanzata nei Comuni di Regalbuto, Centuripe, Leonforte, Assoro e prossimamente Enna…

E’ l’ennesimo errore perché, in disparte l’antieconomicità di ambiti territoriali non ottimali – come gli ARO – per ragioni più volte illustrate dall’Autorità per la Concorrenza e il Mercato, la Presidenza della Regione avrebbe dovuto suggerire un modello di affidamento del servizio alternativo all’in house ormai non più adeguato alle complesse esigenze sottese alla gestione di servizi pubblici locali a rilevanza economica come quello dei rifiuti.

 

Quali sono i limiti dell’affidamento diretto del servizio ad una società pubblica di scopo?

Il primo, quello di affidare il servizio ad un contenitore vuoto che, ovviamente, non è in grado di offrire alcuna esperienza operativo-gestionale ai Comuni che, invero, hanno la necessità di motivare le ragioni del mancato ricorso al mercato concorrenziale. Il secondo, le difficoltà di reclutamento delle risorse umane visto il limite inderogabile del concorso pubblico. Continuo a chiedermi come potranno essere assicurati gli attuali livelli occupazionali visto che non è ipotizzabile l’assunzione diretta in una società pubblica.

 

Quindi suggerisce di affidare il servizio ai privati?

No, l’esperienza di AcquaEnna dimostra che tra un monopolio privato e un monopolio pubblico è certamente meglio il monopolio pubblico. La soluzione sta nel mezzo tra il pubblico e il privato e cioè la società mista a prevalente capitale pubblico.

 

Che vantaggi si avrebbero con questa modalità di gestione del servizio?

Intanto la presenza di un socio operativo privato scelto con procedura ad evidenza pubblica e quindi con indiscussa capacità operativa. Poi la prevalenza del capitale pubblico, mentre assicurerebbe un controllo di maggioranza pubblica, scoraggerebbe derive privatistiche a danno degli utenti. Una gestione organizzativo- imprenditoriale del servizio flessibile e senza le interferenze che presenta la gestione in house, costretta a miscelare costantemente strumenti aziendali a quelli della Pubblica Amministrazione. E poi la questione del personale troverebbe facili soluzioni per l’assenza di vincoli al reclutamento diversi da quelli prettamente funzionali alle politiche aziendali.

 

 

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