Grillo, Renzi ….. e Giancarlo Tulliani
di Massimo Greco
Il partito democratico c’è e ha pure un leader che per la terza volta ottiene un gradito consenso sulla sua linea politica interna ed esterna al medesimo partito. La prima volta allorquando è stato scelto in alternativa a Bersani, la seconda volta in occasione del recente quesito referendario di riforma costituzionale che lo ha visto soccombente nonostante un risultato tutt’altro che deludente e, questa terza volta, in cui dopo essersi dimesso dalle rispettive cariche, viene rilegittimato chiamando a raccolta 2 milioni di cittadini. Se ne facciano una ragione D’Alema e compagnia, ma anche tutti gli altri professionisti della politica urlata che, invero, farebbero bene a misurarsi sul medesimo terreno della partecipazione e del metodo democratico per selezionare la rispettiva classe dirigente.
Sull’altro versante del sistema politico, ancora oggi caratterizzato dalla presenza di leaders carismatici, c’è il M5S di Grillo che ha ormai superato tutti gli esami elettorali tranne l’ultimo, quello del governo che, di questi tempi, parafrasando al contrario Andreotti “logora chi c’è l’ha”. Fin ad oggi i grillini hanno parlato alla pancia degli italiani ricevendo applausi e consensi crescenti, allorquando saranno alla guida del Paese saranno costretti a parlare anche alla testa degli italiani e in quella occasione ne misureremo la vera sostenibilità politica.
E’ sul versante dove soffia il Maestrale che non si riesce più ad individuare un leader carismatico che possa fare da contraltare ai primi due citati. Al netto dell’impallidito Berlusconi, i cui acciacchi crescono all’aumentare dei suoi anni, manca un vero e proprio leader capace di convogliare l’ellettorato di centro-destra. Salvini e la Meloni sono ottimi combattenti ma sprovvisti, all’evidenza, dei richiesti requisiti carismatici. In verità ci sarebbe anche Giancarlo Tulliani, capace di fare fruttare soldi non suoi e di goderseli nei paradisiaci Paesi del medio-oriente alla faccia del mandato di arresto emesso nei suoi confronti dai magistrati italiani. Sì proprio lui, il cognato di quello che poteva essere il vero leader della destra italiana se solo non avesse smarrito il lume della ragione nel paranoico scontro con Berlusconi. Altro che Alfano, Salvini e Meloni, con un Gianfranco Fini “in sensi” e meno interessato agli affari immobiliari, Matteo Renzi sarebbe apparso solo una “bravo ragazzo”.