Della visita nel 1535 a Troina dell’imperatore spagnolo Carlo V, il monarca più potente del suo tempo, ne prese nota un cronista di allora a margine di un antico volume della biblioteca dell’ex convento dei padri francescani conventuali dove fu ospitato per 3 giorni. Carlo V veniva da Tunisi. Dalla costa nordafricana algerina e tunisina partivano le navi del sultano Solimano guidate dall’ammiraglio Khayr al-Din, detto il Barbarossa, che facevano incursioni sulle coste della Spagna e dell’Italia meridionale. Per porre fine a queste incursioni e contenere l’espansione turca nel Mediterraneo, Carlo V guidò personalmente l’azione di guerra che si concluse con la conquista di Tunisi. Di ritorno da Tunisi giunse in Sicilia, approdando a Palermo, da dove ripartì, percorrendo la strada di montagna, per raggiungere Messina e dallo città dello Stretto proseguire per arrivare nella Germania sconvolta dalla riforma protestante. La strada di montagna era preferibile a quello che si snodava lungo la costa. La litoranea non era sicura per via delle frane e dei briganti che l’infestavano. Ma non fu solo questo il motivo per cui Carlo V scelse di imboccare la strada di montagna piuttosto che quella sulla costa. Combatteva su più fronti Carlo V: contro i principi tedeschi, danesi e svedesi protestanti, il papato e il re di Francia in Europa e contro i turchi nel Mediterraneo. I soldi non bastavano mai per finanziare tutte queste guerre. Neppure quei fiorini che gli prestava il potente banchiere tedesco Jakob Fugger. Da Troina Carlo V non passò per una visita di cortesia. Anche Troina doveva contribuire alle guerre di Carlo V e gli ”offrì un donativo di 900 ducati”, scrive Vincenzo Squillaci nel suo libriccino del 1958 “Chiese e conventi. Donativo è un eufemismo di tributo. Memorie storiche e folkloristiche della città di Troina”. Di questa visita di Carlo V ne parla anche fra’ Antonino, un frate cappuccino con la passione per la storia vissuto nella prima metà del ‘700, nel suo libro “Memorie della vetustissima e nobilissima città di Troina”. Il frate cappuccino racconta che, durante la cerimonia di commiato, Carlo V, che al suo arrivo in città aveva distribuito ai troinesi kubbaita (un torroncino di mandorle), chiese ai notabili che cosa volevano che lui facesse per Troina. Rispondendo all’imperatore, il giurato Sbarbato, che era l’equivalente del sindaco dei nostri tempi, disse che Troina era denominata la ’grassa’ e pertanto non le mancava niente. “Ti pare che sia questa la risposta da dare ad un imperatore?” si domandava sconsolato il frate francescano, che, se fosse stato per lui, avrebbe chiesto tante di quelle cose, che a ripagarle non sarebbero bastati i 900 ducati.
Silvano Privitera
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