Fuga. Serve a sopravvivere, a non lasciarsi imprigionare, né da terzi né da se stessi. Ha la più grande concentrazione di amor proprio che si possa ricordare, supera le possibilità di comprensione umana, sfugge al controllo perché sa che non c’è controllo all’istinto.
E’ la forma di salvaguardia del corpo e della mente, ha solo voglia di vita, non ha coraggio, solo viltà. Muta, sorda, egoista e vitale…alle spalle e alla mercè dei più nobili buoni propositi, si staglia e si attua per estrazione darwiniana. Ha con se la necessità di rinascita, la fenice si riforma e prende vita dalla sua stessa polvere, dando vita, suo malgrado, a nuovi orizzonti.
La fuga non implica perdono, non lo chiede né lo elemosina, ha soltanto lo spazio di esistere nel momento in cui si annida la scelta, irrinunciabile ed ineluttabile di voler smettere di stare immobili.
Non esiste possibilità, si tratti di fuga mentale o fisica, che non comporti una rinuncia di parte di se, che non implichi la volontà ad abbandonarne un pezzo, dolorosa per quanto la scelta sia, si fa in nome della salvezza di se, per protrarre e salvaguardare il proprio nucleo.
Non viltà, vita!
Dina La Greca
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