mercoledì , Ottobre 30 2024

La sinistra in quanto calamita

Perché la sinistra e l’ideale del socialismo hanno catturato e catturano l’adesione (ma anche l’indulgenza, il perdono …) di miliardi di esseri umani?
Una possibile risposta mi sembra consista nel fatto che essi avvicinano il sentire umano all’ assoluto. A quella sensazione, prima ancora che sentimento, di pacificazione e integrazione con “il tutto umano”: con tutto ciò che di umano esiste al mondo, e da cui nessun essere umano si sente a priori escluso. (“Homo sum, nihil umano a me alienum puto”).
I grandi pensatori, dall’antichità in avanti, hanno quasi tutti espresso e “raccontato” questo tentativo di avvicinamento all’assoluto.
Nei confronti di esso, i riferimenti a religione e ragione ne sono stati i maggioritari, pressocchè unici, orizzonti di inscrizione e di orientamento.
Di fronte a questo tentativo (primario), delle grandi ricerche di significato dei pensatori, possiamo commisurare gli esiti delle narrazioni, elaborate e attuate, dalla sinistra, nelle sue molteplici sfaccettature. E considerare queste ultime come un tentativo (secondario) di ulteriore specificazione, traduzione, e attuazione di esse.
Il tentativo – riuscito – della sinistra è stato quello di accostarsi e aderire a queste grandi narrazioni del passato, arricchendole di valori e specificazioni più concrete. Rendendole percepibili come proprie da milioni di esclusi dalla ricchezza e dal benessere (elementi tuttora, tuttavia crescenti, in quanto alla loro distribuzione ineguale) nelle società industrializzate. E da miliardi di “ultimi” di cristiana memoria e definizione, nel mondo.
Queste specificazioni sono, come è noto, contenute nelle molteplici declinazioni e attuazioni dei diritti di libertà, tradizionalmente identificabili nelle “libertà di” e nelle “libertà da”.
Il tentativo – fallito – della sinistra è stato quello di non riuscire a tradurre tali valori in progetto politico capace di coniugare libertà e giustizia sociale; e, più in generale, libertà e necessità.
Intendendo, con questo secondo binomio, il “distillato” di spazi di movimento e autonomia che gli esseri umani possono a forza, con le unghia e con i denti, strappare alla cogenza della vita. Alle sue innumerevoli e asfissianti spire che sono in essa contenute e che definiscono i limiti entro cui può svolgersi ciascuna esperienza umana “gettata nel mondo”.
Non era, non è, un compito facile, ovviamente … Tutt’ altro.
Ma la sinistra non ha mai avuto facile l’esistenza.
E il suo intrinseco, innato movente, è sempre stato quello dell’“opposizione a …” . D’ altronde, è probabilmente proprio questa la caratteristica che ne rende esile (o terrificante …) la capacità di edificazione e realizzazione socio-economica.
Come è noto, infatti, il suo livello analitico-descrittivo-euristico è sempre stato paurosamente sovradimensionato rispetto a quello, purtroppo ugualmente necessario, dell’ elaborazione propositiva. A partire dalla famosa, noncurante, assenza, in Marx, di una teoria politica dello Stato (che vada appena al di là della previsione circa l’estinzione dello Stato nella società comunista).
E a continuare con le diverse “previsioni” sociali marxiane non attuatesi, o anche convertitesi nel loro opposto, nelle società capitalistiche.
E a continuare … con che cosa, nel 21^ secolo? Con una “calamita” sempre più attutita e “smagnetizzata”? Così sembra, da quanto ci dicono le vicende politico-elettorali contemporanee, a livello planetario.
Così potrebbe non essere, se la sinistra – ideale e politica – riuscisse ad aggiungere, alla sua indiscussa capacità di toccare le corde dell’assoluto, quella, molto più umile, ma al contempo ambiziosa e, forse, necessaria, di avvicinare le pieghe della concretezza.
Anche individuale, anche esistenziale, anche effimera.

Giovanni Rotolo

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