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Pino Grimaldi: Il 2 giugno

Enna 31/05/06 – Pare che si festeggi. Forse no. Può darsi solo come cerimonia civile. In dubbio la sfilata delle forze armate sulla via dei Fori imperiali. Da escludere la presenza di chi si è dichiarato per la abolizione. Ciampi che con suo Decreto – novembre 2000 – la rimise in piedi dopo che per 15 anni si era celebrata (la festa della Repubblica,mica quella della suocera!) la prima domenica di giugno, ha lasciato Roma per luogo sconosciuto: troppo per lui che dopo sette anni di plausi ed applausi si è preso i fischi in Senato per avere votato la fiducia al Governo e poi da questi si vede messa in dubbio in un fiat la festa che Lui aveva riportato agli antichi splendori.

Ma perché abbiamo celebrato, dal 1948 ad oggi, il due Giugno? La data storicamente segna l’inizio – alle sei del mattino – delle votazioni sul referendum costituzionale relativo al mantenimanto della forma monarchica o alla sostituzione di essa con quella repubblicana. Le urne rimasero aperte due giorni, come al solito, e chiuse il successivo giorno alle 14. Lo spoglio iniziò un’ora dopo ed andò avanti per due giorni (e più). Alla fine dei quali cominciarono a giungere alla corte di Cassazione dagli Uffici Circoscrizionali i dati relativi agli spogli. E nacque subito il dubbio: anche in De Gasperi che telefonava al Marchese Lucifero Ministro della Real Casa dicendo che dai primi conteggi sembrava avesse vinto la monarchia. Poi tutto precipitò e la vittoria repubblicana fu di circa un milione e passa di voti.

Ma ecco il giallo. La corte di Cassazione il 10 giugno comunica ufficialmente i risultati elettorali ma il Presidente Pagano (vedi stupore descritto da Andreotti!) non proclama la Repubblica. Umberto Re d’Italia sollecitato a dimettersi rimane al Quirinale in attesa che la repubblica, se ha vinto, venga proclamata.
Non avviene. Ed il giorno 12 notte il Consiglio dei Ministri (sic)dichiara decaduta la monarchia e da incarico di capo provvisorio dello Stato a De Gasperi. Il Re si rende conto che con un paese spaccato a metà (anche allora!) potrebbe scoppiare una guerra civile. Ed il 13 mattino dopo avere scritto una nobile lettera in cui non riconosce i risultati (di fatto mai certificati) annuncia per il bene del popolo italiano di prendere la via dell’esilio, non abdicando, ma lasciando “il suolo italiano” da Roma – Ciampino verso il Portogallo – Cascais- ove passerà il resto della sua vita.

I Repubblicani esultano, ci scappa qualche tafferuglio. Di fatto la Repubblica Italiana venne “concessa” dal Re d’Italia e non proclamata prima della sua partenza da alcuno se non da un organo -il consiglio dei ministri- che non ne aveva titolo. Poi anche la Cassazione intervenne, ma solo proclamando i risultati definiti il 18 Giugno dinanzi al Parlamento. Ma il dado era tratto e Romita ministro degli interni, del quale si disse tutto e il contrario di tutto, e che pare cambiasse ogni notte luogo ove dormire temendo di essere arrestato o peggio, tirò un sopsiro di sollievo.

Allora perché festeggiare il 2 giugno?
Non si è mai capito.Tuttavia la festa è sentita. E poi una festa celebrativa bisogna che ci sia. La data, la meno corretta; ma il fatto storicamente importante e senz’altro da celebrare. Come il 14 luglio in Francia od il 4 luglio negli Usa.Abolirla tout court da imbecilli. Spostarla su una domenica,da stupidi; svuotarla nel suo significato da anarchici; farne una festa da operettta, da dilettanti politici (ma quanti ce ne sono!).

Dice l’attuale ministro della Difesa e con lui altri: poiché la Costituzione non riconosce la guerrra è bene non fare sfilare le forze armate. Ma se qualcuno ci attacca ci difendiamo con i fucili dei briganti sardi, calabresi e siciliani? Esiste una Nazione Stato che non abbia forze armate delle quali non vada orgogliosa? O tutto, compreso la difesa di quello che veniva chiamato il sacro suolo della Patria, sarà difeso nelle Camere Parlamentari con l’aiuto dei padri e madri della patria a sostegno, in caso, della maggioranza?
Una vecchia storiella siciliana racconta di un ragazzo figlio di un mafioso che ricevette per il suo compleanno un vecchio fucile Winchester ma di alta precisione(e forse ben ustato in passato). Mostrandolo orgoglioso agli amici ne ebbe una offerta: uno stupendo e costoso orologio Longines tutto oro e brilanti in cambio del fucile. Esitò, ma poi avendoci ben pensato il ragazzo ritenne che era meglio l’orologio che al polso avrebbe fatto bella mostra di se, che il fucile che avrebbe usato si, ma solo in qualche rara circostanza. Fece lo scambio, sicuro peraltro di avere fatto un affare.

Corse a casa, gridando chiamò il padre, gli mostrò l’orologio e disse: papa li ho fottuti! Guarda che meraviglioso pezzo di gioelleria in cambio di quel vecchio fucile! Il padre lo guardò inviperito, gli mollò una sberla, farfugliò qualcosa e poi urlando congestionato in viso disse: e se ti minacciano a mano armata o ti dicono cornuto,tu che fai, bestia? gli dici che ora è?
Meglio che i nostri sfilino: in armi. Magari senza orologio.

I latini come al solito avevano ragione (ma ora non si studia più): si vis pacem, para bellum.
Ma erano altri tempi: senza talk-show e più tempo dunque per meditare, prima di aprir bocca.

Pino Grimaldi
grimliondr@libero.it

 

PUBBLICATO IL 31 MAGGIO 2006

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