I genitori si separano e i due mici dovranno vivere con il coniuge al quale è affidata la figlia minorenne. Un provvedimento del Tribunale (sezione IX) ha accolto una richiesta fatta dai coniugi e al tempo stesso ha introdotto un principio che il codice civile non ha ancora fatto proprio. L’animale, scrive il giudice Giuseppe Buffone nella sentenza omologata il 13 marzo scorso, «non può essere più collocato nell’area semantica concettuale delle cose ma deve essere riconosciuto come essere senziente », come stabilito dal Trattato di Lisbona del 2007. E non essendo una cosa, bensì un essere senziente, «è legittima facoltà dei coniugi quella di regolarne la permanenza presso l’una o l’altra abitazione e le modalità che ciascuno dei proprietari deve seguire per il mantenimento dello stesso». La madre si farà carico delle spese ordinarie, mentre quelle straordinarie saranno sostenute in pari misura dai coniugi.
I GATTI – Va detto che il sentire comune (e anche il codice penale) è già oltre il codice civile. Racconta, a questo proposito, l’avvocato Cesare Rimini della «separazione di due coniugi che divisero la casa a metà e lasciarono un piccolo foro nel muro, per consentire al loro gatto di andare avanti e indietro tra le due abitazioni. E ancora il caso di padre e madre che litigarono su tutto, senza farsi sconti, persino sulle spese per curare la figlia malata ma, quando si arrivò al punto di decidere chi doveva pagare le spese veterinarie, trovarono l’accordo immediatamente».
LA SENTENZA – Ma l’aspetto innovativo di questa sentenza è che se in passato i pet rientravano nel proprio patrimonio, dalla cassapanca al conto in banca, da dividere in caso di separazione e oggetto della riorganizzazione complessiva della propria vita, qui il presupposto cambia e il ruolo dell’animale domestico acquista un peso anche in relazione ai legami affettivi che, per esempio, lo può unire di più ad un componente della famiglia rispetto ad un altro. È evidente nella richiesta dei due genitori al giudice che i due mici contribuiscono con la loro carica empatica all’ambiente domestico di cui hanno fatto parte, proprio come componenti della famiglia, non semplici complementi d’arredo. Affidarli alla madre è quindi anche un modo per tutelare l’interesse della minore e i suoi valori affettivi. In una precedente causa di separazione, lo stesso giudice aveva già riconosciuto ad un’anziana di affidare all’amica del cuore l’anziano cane, curandone il mantenimento e le visite con il padrone ricoverato in casa di cura.
Paola D’Amico
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