C’era una volta un Cavaliere imputato d’ogni cosa: guida in stato di ebbrezza, cannibalismo, furto di saponette e cuffiette in plastica rosa, abuso di costumi da infermiera sex e così via narrando. Un giorno il Cavaliere morì e il suo Paese cadde nell’horror vacui: i suoi non avendo più un prima e un dopo Cavaliere a cui pensare, si annichilirono mentre gli altri liberati dalle grinfie del satrapo di Arcore, così il Cavaliere veniva anche inteso, si liquefecero. Prima della sua dipartita ogni cosa dalla difesa della Costituzione alla festa danzante per il primo maggio era improntata all’avallo o all’attacco del grande Profanatore. La mistica parossistica dell’esistente abbraccio/attacco all’allegro vegliardo di Palazzo Grazioli confluì in un nulla ontologico e i poveri sudditi liberatesi dalle catene, dell’ignoranza volontaria, si mossero verso la luce…. e videro il sole. Lo spavento fu enorme, tanto che i pensatori per non turbare la serenità dell’esistente nascosero ai più la dipartita dell’eroe mascherato e fingendone la resurrezione ne eterizzarono le gesta.
Gabriella Grasso