Nella legislazione postunitaria l’insegnamento della religione era previsto solo per le scuole elementari, affidate ai comuni. Nel 1923 il primo governo fascista, con la riforma della scuola, la rese obbligatoria e con il concordato del 1929 la introdusse anche nelle scuole medie e superiori quale «fondamento e coronamento dell’istruzione pubblica».Nelle modifiche concordatarie del 1984 la formula venne trasformata così: «La Repubblica italiana, riconoscendo il valore della cultura religiosa e tenendo conto che i principî del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano, continuerà ad assicurare, nel quadro delle finalità della scuola, l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche non universitarie di ogni ordine e grado» e con ciò l’insegnamento della religione cattolica venne esteso anche alle scuole materne. L’ora di religione oggi serve alla Chiesa per insegnare la propria dottrina, cosa che potrebbe e dovrebbe fare nelle parrocchie, durante la messa domenicale e nei momenti di catechesi, tanto amata dai bambini. In una scuola pubblica, laica e sempre più multirazziale anche le altre dottrine religiose dovrebbero trovare il giusto spazio e non soltanto da un punto di vista cattolico e non soltanto attraverso insegnanti scelti dalla curia, a proprio insindacabile giudizio. Questi dispensatori di buone novelle sono obbligati a tenere una condotta irreprensibile e mai in contrasto con gli insegnamenti della Chiesa che possono però divergere dalla laicità dello Stato italiano, da cui ricevono lo stipendio. La ministra Mariastella Gelmini, tanto citata in questi giorni per l’ illuminato disegno di redistribuzione dell’insegnamento della storia dell’arte risalente al 2010, si è impegnata in modo particolare a discriminare l’ora alternativa all’ora di religione… e figurarsi il contrario. Speriamo che il Santo Padre provveda a risolvere il conflitto al più presto, integrando le ore di inutili insegnamenti laici con i più pertinenti precetti cattolici.
Gabriella Grasso
Il seguente articolo è caldamente sconsigliato a quanti rifiutano l’odiosa ipotesi che quello italiano non sia ancora uno Stato confessionale.
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