Promossa da una rete di associazioni che operano nel campo dell’integrazione sociale e dell’antirazzismo, si è tenuta, domenica 16 febbraio 2014, la manifestazione davanti il C.A.R.A. ( Centro di Accoglienza per Richiedenti Asilo) di Mineo, in provincia di Catania. Una mega struttura nella valle assolata e verde ai piedi di Mineo, in passata adibita a villaggio dei Marines della vicina base USA di Sigonella. Capienza: 1200 Marines, in passato, 4000 rifugiati ora, numero dichiarato dalle autorità su cui qualcuno esprime forti dubbi sulla veridicità. “No buono, no buono” ci dicono, indicandoci il villaggio, molti migranti. Parlano benissimo l’inglese, siamo noi ad aver bisogno del traduttore. A condizione che non fotografi nome e numero della tessera, un somalo mi mostra la sua data di registrazione presso il CARA: aprile 2013. Quasi un anno per vedere riconosciuto, dalla Commissione Territoriale, lo status di rifugiato. Nel frattempo, vive lì dentro, nella galera che è ormai il CARA di Mineo. Assieme a donne, bambini e uomini che hanno lasciato tutto pur di scappare dall’inferno dove miseria e bombe stanno cancellando definitivamente le speranze di un mondo giusto e solidale. Ecco cosa scrivono le associazioni che si impegnano sulla questione del CARA:
“E’ una vergogna che chi gestisce il Cara continui impunemente a costringere all’indigenza migliaia di richiedenti asilo pagando il pocket money (diaria di euro 2,50) in sigarette (anche per i bambini) e ricariche telefoniche, i migranti sono considerati oggetti da parcheggiare a tempo indeterminato per il loro mega-business. Chi gestisce il Cara pensa più ad ipocrite operazioni di facciata (la squadra di calcio, il nuovo film sulla “grande integrazione” dei migranti), anziché a garantire corsi d’italiano, vestiti invernali, cibo decente, assistenza sanitaria adeguata ed a impedire che si ripetano casi di sfruttamento sessuale di donne migranti richiedenti asilo, che aggravano di molto la loro angosciante e disagiata permanenza.
E’ una vergogna che per il Cara di Mineo si dilapidino ingenti risorse pubbliche (circa 50 milioni di euro per la gestione nel 2013) non per l’accoglienza ma per la segregazione di persone che hanno urgente bisogno di ricongiungersi con i propri familiari e costruirsi un progetto di vita. La spa Pizzarotti di Parma oltre a lucrare con affitti multimilionari si è inserita anche nel business della gestione”. Giochi italiani di ordinaria collusione e spartizione di prebende, mentre la vita dentro è un inferno, un “non posto” che neanche le operazioni mediatiche di facciata riescono a nascondere. Molti migranti hanno paura, non vogliono esporsi, temono azioni di ritorsione da parte chi gestisce il potere dentro il villaggio e ritardi ulteriori per veder riconosciuto il diritto di asilo politico. La polizia, intanto, riprende con filmati interminabili volti e macchine di chi osa, come per il MUOS di Niscemi, affermare con la partecipazione diretta che non intende chiudere gli occhi di fronte alle guerre, alla militarizzazione della Sicilia, alla disumanizzazione crescente con cui si affronta il problema dei migranti.
Ma tranquilli tutti, è una domenica italiana in cui la TV ci dirà cosa avviene per davvero nel belpaese, con lustrini, decolté e veline di regime.
Antonella Santarelli