365 giorni senza Giulio Regeni

L’accademico italiano rapito e torturato al Cairo il 25 gennaio dell’anno scorso, fa ancora oggi molto discutere. Poche sono le risposte e molte le arzigogolate ipotesi di chi capisce tutto e vuole spiegarlo a noi che invece capiamo poco. Giulio Regeni era una spia degli 007 e la Farnesina ordinò: tutti zitti! Può essere? Depistaggi e indagini alla “sanfasò” ci sono. Le autorità egiziane parlarono nell’immediatezza dei fatti di «incidente stradale» ma il luogo del ritrovamento e le condizioni raccontavano altro. “Quello parla con i servizi, sistematelo” Dissero le eminenze grigie egiziane e i tre funzionari della polizia egiziana, citati dal New York Times, sostennero che Giulio Regeni era considerato dalla polizia del Cairo una spia «per via di alcuni contatti sul telefono di persone legate all’opposizione anti governativa». Quindi volevano prendere lui. Non c’è stato un errore di persona. Ma non si massacra una spia o no? La verità è compatibile con l’interesse politico, economico e commerciale? La verità per un giovane ammazzato da torturatori di professione è possibile? I furbi dicono che gli sciocchi pretendono troppe cose e Giulio, che chissà che faceva, la verità non l’ha merita. La verità è l’unica strada in cui galoppa la giustizia e anche a costo di sembrare ingenui noi per Giulio Regeni vogliamo la verità. Nel 1927 Nicola Sacco e Bartolemeo Vanzetti vengono messi a morte negli Stati Uniti per le loro idee. Nel 1970 una canzone dedicata a loro è diventato un inno per i diritti umani: Here’s to yu. “Mendicare per un tocco di pane è violenza. La fame e la miseria nella quale milioni di uomini sono costretti è violenza. Il denaro è violenza e persino la paura di morire che abbiamo tutti ogni giorno è violenza” dal film Sacco e Vanzetti del 1971 di Montaldo. Nel 2017 ancora le torture e le morti di Stato esistono e non bisognerebbe “sfriculiare” sulle vittime, ma indignarsi e uralre contro i seviziatori anche in nome di Giulio Regeni.

Gabriella Grasso