I dipendenti dell’ex Provincia di Enna si sostituiscono al Commissario Straordinario per difendere gli interessi di un Ente abbandonato
di Massimo Greco
In questa rubrica abbiamo più volte parlato di crisi sistemica della rappresentanza e di confusione istituzionale. Le due patologie del sistema sociale sono strettamente connesse e si alimentano reciprocamente. L’ennesima dimostrazione di tale assunto ci viene offerta dalla recente sentenza del TAR Palermo attraverso la quale numerosi dipendenti dell’ex Provincia regionale sono riusciti ad obbligare la Presidenza della Regione e l’Assessorato reg.le alle Autonomie locali a riscontrare entro il termine di 30 giorni una precedente diffida, caduta nel vuoto, con la quale si chiedeva l’adozione di alcuni precisi adempimenti previsti dalla legge istitutiva del Liberi Consorzi comunali (istituzione dell’Osservatorio regionale per l’attuazione della legge, definizione dei rapporti finanziari con lo Stato, individuazione delle funzioni amministrative). Ora, non è questa l’occasione per ritornare sull’annosa questione del papocchio istituzionale confezionato dall’A.R.S., problema che dovrà necessariamente e con urgenza essere affrontato dal nuovo Governatore e dalla nuova ARS preferibilmente facendo cadere la materia del contendere già incardinata presso la Corte costituzionale.
Ci piace invece soffermarci sulla valenza del ricorso promosso dai dipendenti della Provincia. I ricorrenti, infatti, hanno fondato la propria legittimazione ad agire sull’art. 9 del TUEL che disciplina l’ipotesi tipica di azione popolare sostitutiva, finalizzata a fare accertare l’illegittimo silenzio manifestato dalla Regione intimata. In sostanza i ricorrenti, sostituendosi al Commissario Straordinario del Libero Consorzio comunale di Enna evidentemente rimasto inerme, hanno fatto valere in giudizio le azioni e i ricorsi che in via principale spettano al medesimo Ente. L’azione promossa, infatti, non è finalizzata a far valere interessi legittimi dei ricorrenti ma le posizioni giuridiche del Libero Consorzio comunale nei confronti di possibili pregiudizi derivanti dall’evidente omissione della Regione. Nel caso specifico, i ricorrenti, nel lamentare la mancata attuazione delle vitali disposizioni normative da parte della Regione, non hanno mancato di stigmatizzare il comportamento dei diversi Commissari Straordinari del Libero Consorzio comunale che si sono limitati unicamente a segnalare le difficoltà operative connesse alla mancata integrale attuazione della legge. In sostanza, il ricorso doveva essere presentato dalla gestione commissariale e i dipendenti, che evidentemente hanno dimostrato di avere più a cuore le sorti dell’ente intermedio e la tutela degli interessi generali della collettività provinciale.
La domanda – retorica – sorge spontanea: come può un Commissario Straordinario ricorrere avverso un’omissione amministrativa del medesimo Assessorato regionale alle Autonomie locali che lo ha nominato?