Monta sempre più forte la polemica, in questi giorni, sul rientro nel suolo Patrio della salma di Vittorio Emanuele III, penultimo Re d’Italia (il figlio Umberto, ultimo re, regnò solo per un mese guadagnandosi quell’appellativo di “Re di Maggio”) nonché il più longevo (avendo regnato dal 1900 al 1946). La polemica non sta tanto, o solo, sul fatto di questo rientro (in merito al volo e qualche altro aspetto), ma soprattutto nella “pretesa” di casa Savoia (Vittorio Emanuele IV e figlio in testa) di tumulare la salma del monarca nel Pantheon, dove già sono tumulate le salme degli altri due regnanti (Vittorio Emanuele II e Umberto I). la polemica sarebbe montata soprattutto sul fatto che Vittorio Emanuele III, durante il proprio regno, abbia dato via libera al Fascismo, abbia trascinato l’Italia nella Seconda Guerra Mondiale (per poi, rocambolescamente, voltare faccia all’alleato tedesco scappando in Puglia e firmando l’armistizio con gli Anglo-Americani) nonché per aver firmato, nel 1938, le famose “leggi razziali”. E fin qui i contendenti sono ben chiari: la Storia dei libri di scuola e la figura di un re piccolo piccolo (di altezza) ma che è passato anche nel “folklore” popolare come il “re soldato”. La storia, quella dei libri, è scritta dai vincitori e quindi l’onta della Seconda Guerra Mondiale, dato che l’Italia ha preso una severa batosta, è qualcosa di “pesante”. Però c’è da riflettere che durante la Prima Guerra Mondiale, che abbiamo vinto, il re Vittorio Emanuele ha svolto un’importante ruolo nell’entrata in guerra dell’Italia (al monarca competeva, infatti, la firma dell’entrata). Qualcuno potrebbe dire che è stata una guerra inutile per l’Italia perché anche tramite la neutralità avrebbe ottenuto probabilmente gli stessi risultati, se non migliori (risparmiando migliaia di vite). Ma la storia non si fa con i se e con i ma. Sta di fatto che se oggi Trento e Trieste sono italiane è grazie a quel primo conflitto mondiale. Ma vabbè, nessuno ha nominato questa guerra, rifacendosi a quella “più” grossa e all’Italia fascista che vi partecipò. Già, l’Italia fascista… Un’altra colpa che si accusa al Re è quella di essersi rifiutato di firmare, in quel “caldo” ottobre del 1922, lo stato d’assedio proposto da Luigi Facta per arginare l’avanzata e quindi la presa al potere del Fascismo. Ormai molti storici concordano che il Re non fu ben informato dai suoi generali sulle forze in gioco in ambedue gli schieramenti. Non si sapeva il vero numero delle camicie nere in marcia (che poi non fu chissà qual grande numero) e il numero di truppe regie che avrebbero obbedito al Re fino in fondo. E anche per evitare la guerra civile, nonché per mettere pace dopo anni di disordine del “biennio rosso” e “biennio nero”, il Re diede mandato di formare un governo a Mussolini, governo che anche l’ “illuminato” Giolitti, assieme a tanti altri Parlamentari, appoggiò nella speranza di “calmare finalmente le acque” della politica italiana del tempo (quindi dovremmo demonizzare anche Giolitti!). Il Re, continuano i suoi detrattori, appoggiò il governo Fascista per diversi anni (dal 1922 al 1943) causando la caduta dello stato italiano nella dittatura. Un giudizio troppo affrettato e propagandistico. Come poteva il Re, che mal “digeriva” il Fascismo (e ormai sono tutti d’accordo su questa affermazione), far cadere un regime e quindi una politica che folle di italiani appoggiavano quasi misticamente? Come poteva eliminare Mussolini, definito l’ “Uomo della Provvidenza” da Papa Pio XI (un altro, a questo punto, da demonizzare)? Vero che poi il Papa, prima di morire, si pentì (soprattutto anche per quanto stava accadendo in Germania), ma anche il Re, non appena potè, constatando che la politica di Mussolini “scodinzolatore di Hitler” aveva portato alle bombe di San Lorenzo e allo sbarco in Sicilia, vide bene di “eliminarlo” il 25 luglio 1943. Troppo tardi diranno alcuni. E va bene. Troppo tardi con le date. Ormai il dado era tratto. E il Fascismo, pur essendo appoggiato da tanti italiani (quegli stessi italiani al quale non fece né caldo né freddo neppure la promulgazione delle “leggi razziali”), deve essere la colpa (per tutti gli aspetti negativi) del Re (mentre gli aspetti positivi di quel periodo, che si ripercuotono tutt’oggi, sono materia da ignorare). Qualcuno afferma anche che il Re abbia la colpa di aver accettato il titolo di “Imperatore” dopo la carneficina fatta in Abissinia. A chi non farebbe gola questo titolo? E poi non dimentichiamo che l’impresa in Abissinia non fu qualcosa di Fascista. Già sotto il governo Crispi (il re era però Umberto I), l’Italia provò a impadronirsi di quel fazzoletto di terra. Solo che in quegli ultimi anni dell’ ‘800 prendemmo una sonora sconfitta. Sotto il Fascismo vincemmo e quindi il titolo di Imperatore venne dato al Re solo quando ci fu la vittoria (altrimenti a quest’ora già il “buon re” Umberto I poteva essere anche il “buon Imperatore”). Detto tutto ciò, la polemica sul fatto che la salma di Vittorio Emanuele vada o meno tumulata all’interno del Pantheon, stante queste premesse, è infondata. Mi verrebbe da provocare i lettori chiedendo, utilizzando i se e i ma nella storia, cosa sarebbe successo oggi se il Re e Mussolini, ancor prima del 1943, fossero morti. A quest’ora sarebbero ambedue sepolti al Pantheon e elogiati come padri della patria senza tali odierne polemiche (ma le colpe di leggi razziali, guerre mondiali, Imperatore e connivenza col Fascismo restavano). Ma vabbè, bisogna anche avere “fortuna” nella data di morte… L’unica cosa, però, e forse ben più grave, che si può rimproverare a questo re, come a tutti quelli di casa Savoia (ognuno per la propria parte) è quel “III” accanto al nome di Vittorio Emanuele. Quel terzo presuppone un secondo e un primo. Ma solo il secondo Vittorio Emanuele fu Re d’Italia. E non si chiamò mai Vittorio Emanuele I re d’Italia. Mantenne sempre quell’ordinale stante a significare che al posto di parlare di Unità d’Italia, sarebbe meglio parlare di piemontizzazione della Penisola. Una piccola regione che, facendo guerra, ha conquistato tutti gli altri regni presenti (il Regno delle Due Sicilie in primis). Se i Savoia fossero stati realmente “Re” di tutta l’Italia avrebbero meritato, tutti, il Pantheon come loro sepolcro. Ma questi regnanti sono rimasti nel sangue e nella testa piemontesi. Forse per Vittorio Emanuele II e Umberto I essere sepolti al Pantheon è qualcosa di disdicevole perché avrebbero preferito essere tumulati nella loro Torino. Ma la storia è andata così. Quindi o dal Pantheon togliete Vittorio Emanuele II e Umberto I, o lasciateli lì a riposare in pace accanto anche a Vittorio Emanuele III e, perché no, Umberto II, i re, e quindi la storia, della nostra Italia.
Alain Calò
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