Q – LA SOBRIETA’

Q – LA SOBRIETA’
È da tre o quattro anni che non dò segni di vita, ma anche se faticosamente continuo ad esistere, magari con qualche difficoltà dovuta agli anni e alla mente un po’ meno lucida di prima.
Abbandono adesso il mio silenzio perché la situazione è critica, difficile, drammatica, tragica. E perché ho qualcosa da dire che non riesco a trattenere.
C’è un problema di comunicazione in questo momento in Italia.
Il Presidente del Consiglio viene criticato per come annuncia i propri decreti di contrasto al coronavirus, per l’orario in cui li mette in onda, per il predicozzo che ogni volta allunga e annacqua i contenuti delle decisioni del governo, per le anticipazioni che le precedono, per la retorica che traspare dai suoi discorsi. Al di là di ogni altra riflessione, risulta evidente la differenza con la sobrietà del Presidente della Repubblica, i cui interventi sono misurati nel linguaggio ma precisi e determinati, soprattutto nei messaggi internazionali.
I governatori delle regioni del Nord sono stati criticati perché hanno parlato tanto, perché hanno comunicato in continuazione su giornali e tv, perché hanno polemizzato con il governo per le misure prese o da prendere, perché hanno sbagliato qualche battuta o qualche ripresa, ma sempre con grande serietà.
Il governatore della Sicilia ha avuto invidia dei suoi colleghi settentrionali e si è messo a fare conferenze stampa, comunicati, interviste; forse giuste e doverose nella sostanza ma certo un po’ troppo teatrali, come quando ha detto che «non siamo carne da macello», come se non fosse «carne umana siciliana» quella che rientrava dal nord. Molte sue proteste sono giuste ma sono fatte da semplice avversario politico non da Presidente di una Regione con il più antico Statuto vigente in Italia, disciplinata dalla legge costituzionale n.2/1948, a norma dell’articolo 116 della Costituzione italiana.
Un uomo delle istituzioni, il Presidente di una delle più grandi regioni d’Italia, secondo me deve mantenere un rispetto formale per le altre istituzioni, con cui deve dialogare anche in maniera fortemente critica ma non litigare, in particolare in momenti come questi. Deve dimenticare le appartenenze e mostrarsi autorevole e parte importante di un unico Stato, per farsi rispettare.
Sullo Stretto di Messina stiamo assistendo in queste ore ad un altro show, quello del Sindaco della Città metropolitana, che non fa torto al suo nomignolo di «Scateno» ed è in qualche modo un personaggio della commedia dell’arte italiana, come il presidente della regione Campania, che non a caso si chiama come lui, ma che fa dell’ironia e non della volgarità la sua arma. La commedia dell’arte è nata in Italia con Goldoni ed è quasi un patrimonio dell’umanità ma è cosa diversa dal folclore.
Altri sindaci di tante parti d’Italia hanno fatto le loro esternazioni, magari al limite tra il comico e il tragico. In Sicilia il sindaco di Delia è finito sui social network con la sua filippica contro i disobbedienti e incoscienti, tanto era il pathos e la partecipazione emotiva che ci ha messo, come i colleghi di tante altre cittadine dello stivale, e lo ammiriamo per questo. Altri lo hanno fatto in maniera un pò improvvisata meritandosi così un pizzico di involontaria pubblicità mediatica.
In questi ed in altri casi, però, i toni forti sono rivolti principalmente verso i concittadini, rei di disobbedire alle regole e molte volte alla ragionevolezza. Vanno bene allora l’aggressività verbale e qualche perdita di stile, i lanciafiamme, le invettive: ognuno conosce i propri polli.
Diversa cosa è la volgarità gratuita, e soprattutto la mancanza di rispetto e le offese nei confronti di altre istituzioni e dello Stato stesso. Lo può fare una certa stampa, lo possono fare certi opinionisti, anche stimabili, lo può fare chiunque ma non un uomo delle istituzioni come un Sindaco!
Sono convinto che a molti siciliani piacciono i sindaci sceriffo, ma questo è un motivo in più per deprecare questa pessima abitudine che sta degenerando e contagiando anche qualche amministratore vicino casa nostra. È una cosa indecente.

Al contrario ci sono dei sindaci particolarmente sobri. Forse eccessivamente sobri. Come il sindaco di Castrogiovanni. Non una parola, non un’intervista, non un appello ai propri concittadini per restare a casa, forse sicuro che ogni abitante del contado è gente obbediente di suo. La sensazione, in questi momenti di isolamento, invece, è stata quella di essere completamente abbandonati.
Per la verità il nostro sindaco non ama molto la comunicazione istituzionale. Anche nei momenti più drammatici della storia cittadina di questo quinquennio è stato molto riservato e contenuto. A volte persino invisibile. Qualche altra volta le sue repliche (ad esempio quelle sulla vicenda Srr) sono apparse più come un diffida extragiudiziale che come una risposta politica. Ma ognuno ha il proprio stile.
Proprio per questo non capisco perché abbia voluto fare un’ordinanza sindacale comunicata alla popolazione con una diretta facebook, che alle mie scarse conoscenze sembra una cosa abbastanza privata, quasi di nascosto. Un’ordinanza in contumacia. Molti se ne sono accorti quasi per caso, solo grazie alla pubblicazione su ViviEnna.
Vorrei tuttavia capire a che cosa serve quest’ordinanza visto che esisteva già il divieto nazionale di spostarsi da comune a comune. Io credo che questa ordinanza in ogni caso la doveva fare il Presidente della Regione, come è avvenuto ad Agira e a Salemi.
Mi perdoni, Sindaco, probabilmente mi sono perso qualche cosa, sono io che non ho capito e sicuramente avrò sbagliato le parole, ma il senso rimane.

 

Q – G.L. Borghese

PS – A chi credeva che era tutta un’invenzione consiglio di dare uno sguardo al titolo del libro di Giuseppe Barcellona, “Q L’enigma del Messia”, Edizioni La Zisa.

Q è la quindicesima lettera dell’alfabeto italiano e la diciassettesima di quello latino ed è l’unica lettera che nella nostra lingua non si può leggere da sola, se non accompagnata dalla “u”.
In questa ottica Q è una lettera “singolare”, nel senso di particolare, unica, e “plurale” nel senso che non può stare da sola.
Q è pure il titolo di un romanzo scritto da quattro autori sotto lo pseudonimo multiplo di Luther Blisset, e che si definiscono “nucleo di destabilizzatori del senso comune”.
Q è dunque “plurale” anche in un senso più ampio. Lascerà di volta in volta a voi lettori informatici il compito di completare ed interpretare, secondo la vostra libera scelta o inclinazione politica, le provocazioni che vi verranno proposte dall’autore, un ennese che da lontano ma puntualmente segue, attraverso internet, gli eventi che travagliano questa terra.

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