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Carretti e meloni, immagini d’altri tempi

Tempo d’estate, tempo d’arsura, tempo di meloni. Difficile incontrare oggi un carretto siciliano dai colori sgargianti, tutto infiorato pieno di meloni profumati da vendere in occasione delle feste religiose o delle feste campestri. Oggi ci sono i camion fermi in una piazza, vicino al luogo dove si svolge la festa, vende angurie intere o a pezzi. Il carretto siciliano, ricco di colori e di cianfrusaglie, con il venditore di meloni sopra, era una delle caratterizzazioni principali di una festa religiosa nel capoluogo o nei comuni vicini. Erano gli anni 50, quando le possibilità di acquisto erano rare. Molto spesso questi venditori di meloni erano forniti di secchi con ghiaccio per la vendita del prodotto fresco. I carretti a volte si infilavano nelle strade strette, per raggiungere i vecchi quartieri. Restano famosi i meloni del Faro che venivano portati da Messina. E quelli provenienti ‘da Judeca’ , tra Mazzarino e Riesi. Erano rossi e croccanti. Venivano messi a rinfrescare nei pozzi d’acqua che allora non mancavano in ogni casa di Castrogiovanni (così si chiamò la città di Enna fino al 1927). Tradizione voleva che ‘i mulunara’ arrivassero dopo la festa della Madonna aspettando i due appuntamenti più importanti: la ‘Madonna di Mezzo Agosto’ che si celebrava nella chiesetta bizantina dello Spirito Santo e la festa della Madonna di ‘Beddivirdi’, tra gli orti della vallata e le grotte abitate dai pastori. Una zona, ‘Cirasa’, dove ancora resiste la leggenda della ‘truvatura’ e si ripeteva l’antico rito delle verginelle (cerimonia d’iniziazione a Demetra). A Valverde abitava Liborio Belmonte che vendeva meloni profumati. Al mercato c’era ‘Signuriddu’ Stella, il papà ‘da chiazza’; a Sant’Agostino i vecchi ricordano il mitico ‘ze Pippinu Castagna, ‘O Santu Patri’ i forestieri. Poi nelle case c’erano appesi i ‘muluna bianchi’ che allietavano le mense degli ennesi in autunno inoltrato. E quella produzione era antica come il prodotto che arrivò con le trasmigazioni dall’Asia Minore, ai tempi di Alessandro Magno. Mentre il cocomero romano o melone rosso ha origini sudafricane, giunse molti secoli dopo a ‘bagnare la bocca’ a contadini e borghesi.

di Flavio Guzzone e Antonio Giaimo

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