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“Volevano aggirare l’anomalia”

Da un mese e mezzo un’anomalia alla funivia Stresa-Mottarone bloccava la corsa della cabina per aggirare il fastidio, che comportava complicate manovre di recupero, sono stati disattivati i freni d’emergenza e 14 persone sono morte. Quattordici. Non si è trattata di una omissione occasionale o di una dimenticanza, ma di una scelta precisa perchè i controlli necessari avrebbero portato a una chiusura dell’impianto nel momento di maggiore afflusso turistico, dopo mesi di clausura sanitaria. La logica del profitto ha distrutto ancora una volta intere famiglie, anche quelle dei responsabili. E’ successo di nuovo quello che era accaduto già alla ThyssenKrupp di Torino e al ponte Morandi di Genova. Succede tutte le volte che si agisce ignorando le gravi mancanze in cui si opera: negli ospedali depotenziati e sprovvisti di farmaci e personale ad esempio e non serve sperare che tocchi a qualcun altro. Ora il coro monocorde dei media, improntato a cordoglio per le vittime, a rammarico per non essere riusciti a prevenire gli eventi, a comprensione e solidarietà nei confronti di chi deve affrontare i sacrifici di una nuova vita completamente sconvolta dai tragici avvenimenti zittisce il pensiero e porta ad abbracciare il piccolo superstite, un bambino di cinque anni che suscita commozione e affetto nel popolo social non come i bimbi morti sulla spiaggia di Zuwara.
«Le immagini di quei bambini sono inaccettabili» ha detto Mario Draghi durante la conferenza stampa al termine del Consiglio europeo a Bruxelles. I bambini a cui fa riferimento il premier sono quelli delle fotografie diffuse da Open Arms. Al Premier sfugge il concetto che non le foto ma la realtà che le foto immortalano è inaccettabile. Quali responsabilità ha l’Europa verso quei bambini? E Draghi, che ad Aprile definì la Libia un porto sicuro, cosa avrebbe potuto fare e non ha fatto, per salvare quei bambini? O i bimbi libici possono crepare nell’indifferenza generale?

Gabriella Grasso

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