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La natura giuridica “camaleontica” delle libere università non statali

La natura giuridica “camaleontica” delle libere università non statali
di Massimo Greco


Il nostro ordinamento è pieno di presenze istituzionali ibride impegnate sia nel campo delle funzioni pubbliche (a monte) che in quello della gestione dei servizi pubblici (a valle). In sostanza, anche i forza del costituzionalizzato principio di sussidiarietà, c’è una vera e propria galassia di enti che non possono essere annoverati tra gli enti pubblici né tra gli enti privati. E’ tutto cominciato nella stagione delle partecipazioni pubbliche, allorquando lo Stato decise d’invadere un campo non suo, quello del mercato, per fare l’imprenditore. L’ingresso nell’Unione Europea ha frenato questa deriva statalista a favore del libero mercato concorrenziale, residuando in capo agli enti pubblici la sola possibilità di gestire in house alcuni servizi a rilevanza economica solo dopo avere dimostrato l’inadeguatezza del mercato. Per tutti gli altri servizi a rilevanza non economica (istruzione, sanità, socio-assistenziali, ecc…) la tendenza a generare enti “camaleontici” è stata ben tollerata dal legislatore e limitata solo sul fronte finanziario. Gli esempi sono tanti, come tante sono le connesse problematiche che ne derivano. La natura giuridica “cangiante” di un ente costringe infatti i suoi amministratori a muoversi a “macchia di leopardo”, rischiando spesso di sbagliare. E così lo stesso ente dovrà essere considerato pubblico per alcuni aspetti e contestualmente privato per altri. Ci piace qui evidenziare il caso della libera Università non statale Cattolica del Sacro Cuore chiamata a rispondere del suo operato in ordine alle modalità di gestione dei rapporti di lavoro con i propri dipendenti. Trattandosi infatti di un ente dotato di natura giuridica “cangiante”, non è stato semplice individuare il tipo di rapporto di lavoro da applicare ai propri dipendenti: di diritto privato o di pubblico impiego? La risposta avrebbe anche indirizzato la giurisdizione. E’ infatti noto che le controversie di lavoro delle Università statali appartengono alla giustizia amministrativa mentre quelle sottese ai rapporti di lavoro di natura privatistica appartengono al Giudice ordinario. Ebbene, com’era prevedibile, anche questa diatriba è stata recentemente risolta dalla giustizia amministrativa, a tenore della quale, agli effetti della giurisdizione, ciò che deve essere considerato è il carattere pubblico dei rapporti d’impiego tra Università e personale dipendente: non solo insegnante, ma anche amministrativo ed esecutivo, poiché tanto i professori e gli assistenti (per l’attività didattico-scientifica) quanto i funzionari e gli agenti (per l’attività burocratica e materiale) quanto il resto del personale (per le attività tecniche e ausiliarie) concorrono, ognuno nell’ambito delle rispettive mansioni, al conseguimento dei fini istituzionali dell’ente. In sostanza, questa Università è stata considerata privata ai fini dell’esonero dell’obbligo di trasparenza richiesto per tutte le PP.AA. e, contestualmente, pubblica agli effetti della regolazione dei rispettivi rapporti di lavoro.

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