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La sinodalità come cammino costitutivo della chiesa

La sinodalità come cammino costitutivo della chiesa

Scoprire le novità di Dio come costante del divenire umano

Nelle istituzioni si sente periodicamente la necessità di fare una verifica sull’andamento della società al fine di organizzarsi sul come procedere per il bene dei soci-clienti e per la struttura dell’azienda. La Chiesa, anche se in forma sinodale, ha avvertito nella sua storia bimillenaria questa necessità prendendosi spesso una pausa di riflessione, sia a livello di chiesa universale e sia locale. Gesù durante la sua vita terrena sentì questo bisogno quando chiese ai suoi apostoli: «Chi dice la gente che io sia?», «E voi chi dite che io sia?» (Mc 8, 28-29). Anche la prima comunità cristiana nel 48/50 d. C. s’incontrò a Gerusalemme per definire alcune questioni (Atti 15,1-35).

Se diamo uno sguardo agli ultimi decenni, gli uomini hanno una visuale diversa del mondo e dei valori che una volta li guidavano. Anche nella vita della chiesa assistiamo a una profonda laicizzazione dei cattolici: la sicurezza religiosa si è attenuata, l’indifferenza per la vita spirituale ha preso il sopravvento, l’uomo si è costruito una morale personale, la partecipazione ai sacramenti si è ridotta fino ad arrivare al venti per cento rispetto a chi si definisce anagraficamente cattolico, c’è una domanda religiosa diversa (cf. G. Tartamella, La diocesi e il suo sinodo, memoria, identità, profezia, Trapani 2021).

In questa confusione esistenziale, tutta la chiesa universale è stata chiamata, in attuazione del Concilio Vaticano II e sotto l’ispirazione dello Spirito che ne è il protagonista, «Abbiamo deciso, lo Spirito Santo e noi» (Atti 15,28), a prendere coscienza di sé, per trovare vie nuove di evangelizzazione al fine di mettersi in uscita missionaria, trovando le motivazioni per un dialogo con il mondo attuale e incontrare l’uomo, soprattutto povero, fragile, per presentarsi con uno stile misericordioso e di inclusione. Dietro incessante sollecitazione di Papa Francesco si è avviato un sinodo, ovvero un cammino comune, insieme, come lo definì San Giovanni Crisostomo (dal greco σύν con, insieme e ὁδός, via, strada), ‘ecclesiale’, la Chiesa tutta è, infatti, Sinodo perché “cammina con Dio, con Gesù, con l’umanità” (Messaggio CEI, 29 settembre 2021).

L’assemblea sinodale, universale e/o particolare (se nelle singole diocesi), non ha lo scopo politico o sociale ma di vivere la comunione, la partecipazione e la missione. Il sinodo può essere tematico o generale se gli argomenti sono vari. Vi prendono parte i presbiteri, i laici, in forza del loro battesimo e sorretti dall’istinto della fede, sotto la guida del vescovo che ha il compito di insegnare, santificare, governare (CIC can. 375).  Nella fase di preparazione possono (devono) essere sentiti tutti anche chi è considerato lontano e distratto, indifferente e ostile. L’assemblea ha un potere consultivo, poiché l’unica potestà spetta al vescovo.

Nell’omelia per l’apertura del percorso sinodale della XVI assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi, il Papa ha tracciato le linee portanti del cammino: incontrare, ascoltare e discernere. Incontrare il Signore nella preghiera, nella meditazione della Parola, per imparare a incrociare il volto del povero, del sofferente, del bisognoso. Ascoltare l’uomo odierno per coglierne l’inquietudine religiosa ed esistenziale: non è un ascolto con le orecchie ma con il cuore, «evitando – ha detto Papa Francesco – risposte artificiali e superficiali, risposte prêt-à-porter». Il cambiamento avviene nel discernimento, per questo il sinodo non è un conoscere secondo schemi umani ma un evento ecclesiale, un processo di grazia guidato dallo Spirito che deve portare la chiesa a svuotarsi da ciò che è mondano per ascoltare ciò che vuol dire Dio oggi, lasciandosi guidare per nuove direzioni, in un percorso a fianco dell’uomo che cerca salvezza.

Il Papa ha richiamato i vescovi e la chiesa tutta ad evitare alcuni rischi. Il formalismo, che il sinodo non sia un evento di facciata, ma uno strumento per individuare il come meglio collaborare all’opera di Dio nella storia, senza rivendicare la primogenitura: tutti, allo stesso modo, sono convocati a dare il proprio apporto concreto in quanto battezzati. Evitare il rischio dell’intellettualismo, come se il sinodo fosse «una specie di gruppo di studio, con interventi colti ma astratti sui problemi della Chiesa e sui mali del mondo; una sorta di “parlarci addosso” (…) staccandosi dalla realtà del popolo santo di Dio». Liberarsi, infine, dall’immobilismo, dal “si è fatto sempre così” per avviare un rinnovamento che faccia di noi uomini nuovi e il lavoro di credenti, colmo di amore e passione, sia incarnato per imprimere «uno stile di comunione e partecipazione improntato alla missione».

Richiamando il padre Congar: «Non bisogna fare un’altra Chiesa, bisogna fare una Chiesa diversa», il Papa ha ricordato che intendeva una Chiesa «aperta alla novità di Dio», non da museo ma profetica, attenta alle trasformazioni del divenire per essere uomini veri, secondo il disegno di un Creatore che vuole che siano a sua immagine perfetta.

SALVATORE AGUECI

 

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