sabato , Luglio 27 2024

Pericolosità dei videogiochi in età adolescenziale


Una interessante ricerca, condotta dall’ Istituto di fisiologia clinica del Consiglio Nazionale in collaborazione con il Dipartimento di psicologia dell’ Università di Padova, ha fatto risaltare la potenziale pericolosità dei videogiochi in età adolescenziale. L’indagine è stata condotta su un vasto campione costituito da 89000 giovani tra i 15 e i 16 anni appartenenti a 30 paesi europei. Lo studio, pubblicato sulla rivista “Addiction”, fa risaltare il rischio di dipendenza ai videogiochi soprattutto per i ragazzi di sesso maschile con una incidenza alta pari al (38%) mentre è più limitato nel sesso femminile (9,4%). La nazione europea che ha registrato il più alto indice di videodipendenza è stata la Romania (30% dei giovani rumeni) mentre la Danimarca si è posizionata all’ultimo posto con una presenza molto bassa di giovani dediti ai videogames. L’Italia non è esente dall’influenza del fenomeno e annovera tati giovani che dedicano tante ore ai giochi virtuali con un alto rischio di patologie di natura psicologica e sociale con l’alto rischio di perdere il controllo della realtà nella quale vivono. Questo uso problematico dei videogiochi è chiamato “gaming” ed è la causa di dispersione scolastica, difficoltà d’apprendimento, disturbi delle relazioni affettive personali, familiari e con il gruppo dei pari, perdita del senso delle regole familiari e sociali. Il fenomeno del gaming è più frequente nei paesi dove è maggiore la diseguaglianza economica sociale. Da questo studio nasce l’esigenza di supportare i genitori che spesso vivono un disagio emotivo e di un potenziamento delle politiche sociali atte a ridurre il disquilibrio tra le classi povere e le classi ricche con una maggiore preparazione degli interventi di sanità preventiva sulla classe giovanile. Di tutto ciò dovremmo tanto imparare dalla Danimarca che ha la più bassa incidenza, probabilmente perché è lo stato più avanzato nelle politiche sociali e giovanili concrete e non sulla “carta”.
Dott. Rosario Colianni

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