Il ritorno delle Province sembra essere certo se solo si considera che il partito di maggioranza relativa (Fratelli d’Italia) ha nei giorni scorsi presentato in Parlamento un mirato disegno di legge finalizzato a riesumare gli enti intermedi voluti dalla Costituzione e, soprattutto, a reintrodurre l’elezione diretta dei suoi organi di governo. Il clima sembra essere cambiato anche in Sicilia in cui il legislatore si è nel tempo sbizzarrito.
Ne parliamo con Massimo Greco.
Tutti pazzi per le Province?
Sembra di sì, dopo tanti anni ci si è resi conto dell’errore istituzionale fatto e dei danni che i territori hanno subito a seguito dell’isterìa manifestata dalla politica urlata e populista.
Ammesso che nel resto d’Italia si ritorni indietro, in Sicilia cosa succede?
Se fosse oculato, il legislatore regionale dovrebbe armonizzare l’art. 15 dello statuto siciliano con l’art. 114 della Costituzione. Al momento i servizi d’interesse sovra comunale e quelli riconducibili alla cosiddetta “area vasta” sono assicurati dai Liberi consorzi comunali che non sono enti rappresentativi delle comunità locali ma enti rappresentativi dei Comuni. In sostanza, in Sicilia l’unico ente che può definirsi “territoriale” e di “governo” e che gode, inevitabilmente, della copertura costituzionale prevista dall’art. 5 della Costituzione, è il Comune.
Allora come sono state istituite le tre città metropolitane di Palermo, Catania e Messina?
E’ stata una forzatura tollerata da quella stessa legge statale Delrio di cui oggi la Corte costituzionale prende le distanze. Se le città metropolitane sono obbligatorie anche per le regioni a statuto speciale, dove non sono previste, allora lo sono anche le Province e, di riflesso, gli attuali Liberi consorzi comunali sono incostituzionali perché non conformi alla previsione dell’art. 114 della Costituzione. Delle due l’una.
L’elezione diretta degli organi di governo dipenderà da questo?
Certo, dipenderà dalla tipologia di ente intermedio che si vuole utilizzare ma anche dalla consistenza delle funzioni amministrative che tali enti sono chiamati ad esercitare. Un ente che esercita solo funzioni di coordinamento ben potrebbe mantenere una struttura consortile e strumentale, ponendosi al servizio dei Comuni di riferimento. Un ente che invece esercita funzioni proprie e fondamentali a cui si riconosce anche l’autonomia finanziaria, dovrebbe essere dotato di una più robusto rapporto con le comunità locali (“no taxation without representation”).
Tutto qui?
C’è anche da considerare che in Sicilia l’esercizio associato ed integrato di funzioni e servizi pubblici locali si è infranto sulla fallimentare esperienza degli ambiti territoriali ottimali per la gestione dei rifiuti e delle risorse idriche. Un ente dotato di tutte le autonomie (amministrativa, finanziaria e politica) avrebbe più possibilità di successo.