«Con una bugia, un uomo annienta la sua dignità di uomo». Con questo aforisma, Immanuel Kant, grande esponente della filosofia moderna, esprime il peso che ha una menzogna, prima che su chi l’ascolta su chi la trasmette. Poiché noi siamo parte integrante dell’umanità, distrugge l’uomo e lo riduce a un essere miserevole e squallido. Ecco perché San Paolo esorta gli Efesini: «Perciò, bandita la menzogna, ognuno dica la verità al suo prossimo perché siamo membra gli uni degli altri» (4, 25). Eppure la menzogna avvolge il mondo. In un dipinto di Jean Léon Gérome (1896), La Verità che esce dal pozzo, parafrasando un aneddoto, lo estrinseca artisticamente. La Menzogna, guardando la limpidezza dell’acqua di un pozzo, invitò la Verità a fare un bagno insieme. Entrarono così nel pozzo e si bagnarono, ma la Menzogna, con uno scatto improvviso, saltò fuori dal pozzo, indossò i vestiti della Verità, e fuggì. La Verità uscì allora furibonda per riprendersi i suoi vestiti, ma non li trovò. Il Mondo nel vedere la Verità nuda, le voltò le spalle con spregio. Questa, per la vergogna, tornò al pozzo e sparì per sempre. La Menzogna da allora gira per il Mondo, vestita da Verità, appagando le aspettative della società: il Mondo, infatti, non ha alcun desiderio di incontrare la verità nuda. Nel Vangelo si legge che «Gli uomini di questo mondo, nei loro rapporti con gli altri, sono più astuti dei figli della luce» (Lc 16,8). I figli della luce sono i discepoli di Gesù.
Perché questo avviene?
È necessario soffermarci innanzitutto sul termine “menzogna” che viene da mentire. Essa è un’affermazione contraria a ciò che si sa, si pensa e si dice se questa serve a occultare la verità. Funge per falsificare o alterare consapevolmente la realtà facendola accettare come vera dall’interlocutore.
Tanti sono i motivi perché viene adoperata intenzionalmente una bugia: per trarre qualcuno in errore, per nascondere una propria mancanza o per elogiare sé stessi; a volte può essere detta con intenzioni spassose, per scherzare.
La bugia ha due interlocutori: chi la proferisce e a chi è diretta. Chi la dichiara è responsabile dell’azione. Il primo bugiardo della storia fu Satana quando, rivolto a Eva, sotto forma di serpente, contrariamente a quello che Dio aveva espresso, disse: «No, non morirete affatto» (Gn 3, 4). Da allora continua a ingannare l’uomo, fino ai nostri giorni. L’evangelista Giovanni afferma che «Il diavolo è stato omicida fin dal principio e non si è attenuto alla verità perché non c’è verità in lui» (Gv 8, 44). Questa, infatti, è la natura di Satana: essere menzognero e capovolgere la realtà. Egli istiga continuamente al male, sotto forma di bene, asserendo il falso e negando il castigo eterno. Nella Scrittura il salmista dice: «Chi agisce con inganno non abiterà nella mia casa; chi dice menzogne non potrà restare davanti ai miei occhi» (Sal 101,7). E tra le cose che Dio odia vi è la lingua bugiarda e il falso testimone (Prv 6, 16).
Gesù, parlando di se stesso afferma che è Lui la Verità, mentre di Satana dichiara: «Quando dice il falso parla di quello che è suo, perché è bugiardo e padre della menzogna» (ib.). La differenza sta nel fatto che Dio ama e il Demonio odia.
La vita dell’uomo sulla terra è un continuo camuffarsi da agnelli per non apparire lupi, o come asserisce Pirandello, un portare più maschere per presentarsi diversi e ingannare gli altri. Parecchi sono i trabocchetti. Lo si può fare col vestire o col vivere da ipocrita. Tanti sono gli esempi che quotidianamente ci si presentano per camuffare la realtà (la pubblicità è uno di questi, come anche l’adulazione).
Dove troviamo maggiore falsità è nel linguaggio parlato e scritto. È con la lingua che alteriamo soprattutto la verità nel mostrarci agli altri. Lo facciamo quando in piena coscienza e maliziosamente destabilizziamo gli altri perché presentiamo loro qualcosa lontana dalla verità. Lo esercitiamo nell’alterare il pensiero degli altri riportandolo, sapendo che non è conforme a quanto riferitoci. Ci rendiamo colpevoli quando sparliamo gli altri mettendoli in cattiva luce o per invidia o per gelosia o per malignità. Anche quando siamo chiamati a giurare su Dio o la Costituzione se non riferiamo il vero, come da noi conosciuto, siamo artefici di menzogna e, quindi, di depistaggio. Giuramento o no, la verità viene prima di tutto e non perché c’è imposta, poiché nessuna affermazione fatta sotto giuramento dovrebbe essere più veritiera di una fatta senza. Spesso ci giustifichiamo dicendo che l’abbiamo fatto “a fin di bene”, ma il bene è sempre conforme alla verità, costi quel che costi. San Paolo giustifica questo affermando: «Bandita la menzogna, ognuno dica la verità al suo prossimo perché siamo membra gli uni degli altri» (Ef 4, 25). Così mentendo agli altri mentiamo anche a noi stessi e, quindi, ci danneggiamo poiché viviamo un’incoerenza consapevole. Afferma Khaled Hosseini che «Quando dici una bugia, rubi il diritto di qualcuno alla verità». E lo stesso Friedrich Nietzsche: «Non sono infastidito dal fatto che tu mi abbia mentito, sono infastidito perché d’ora in poi non posso più crederti». Dire il falso è motivo di interruzione del rapporto con l’interlocutore poiché questi perde la fiducia che aveva nel suo prossimo.
Due categorie di persone lo fanno quasi come “mestiere”, presentandosi agli altri falsamente o alterando la verità e sono i politici e i giornalisti (non è da generalizzare!). La politica è la vita stessa dell’uomo e non può giammai essere alterata da alcuno facendo apparire ai cittadini quello che non è vero, manipolandoli a fini ideologici, elettoralistici, operando, l’indomani dell’elezione, in modo diverso da quello che avevano promesso agli elettori o cambiando casacca partitica, strumentalizzando così il loro voto. «Il linguaggio politico – afferma George Orwell – è concepito in modo da far sembrare vere le bugie e rispettabile l’omicidio, e per dare parvenza di solidità all’aria».
Anche i giornalisti si rendono spesso artefici di falsità quando comunicano delle notizie sensazionali ma infondate pur di fare uno scoop, anticipando su una testata una notizia in esclusiva, precedendo la concorrenza. Anche qui il rispetto per la verità e per i lettori impone una non alterazione dei fatti e degli eventi. Honoré De Balzac ha affermato che: «Il giornalismo è un inferno, un abisso d’iniquità, di menzogne, di tradimenti, che non si può traversare e dal quale non si può uscire puri a meno di essere protetti, come Dante, dal divino alloro di Virgilio».
Anche chi dice di credere in una determinata religione, per i cristiani a Gesù, se non osserva le indicazioni imposte e non obbedisce agli insegnamenti è mendace. S. Giovanni è categorico: «Chi dice: “Io l’ho conosciuto”, e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo e la verità non è in lui» (1Gv 2, 4).
Tentando di definire la “verità”, mi relaziono a Platone il quale sostiene, che è vero il discorso «che dice gli enti come sono», falso «quello che dice come non sono» (Cratilo 385 b), mentre Aristotele asserisce che il vero è «dire di ciò che è che è, o di ciò che non è che non è». S. Tommaso si riferisce a quest’ultima definizione affermando che la verità è un «adaequatio rei et intellectus» (corrispondenza tra realtà ed intelletto).
Chi più di Dio può sostenere che la realtà è conforme al pensiero Suo che l’ha creata? Lo Spirito Santo è la Verità e chi nega la verità nega lo stesso Spirito. Pietro disse ad Anania che aveva detto una bugia «Perché hai mentito allo Spirito Santo?» (At 5, 3): questo fu motivo della sua morte.
La verità è espressione di onestà e Dio ama gli onesti, chi vive saggiamente e cerca di conformarsi alla Sua volontà. Anche gli uomini apprezzano i giusti e chi è sincero.
L’invito allora a comportarci da persone oneste è il presupposto per essere accolti da Dio e dai nostri simili. Bisogna essere persone sincere, facendo trasparire le nostre virtù e la nostra purezza anche nel linguaggio e nella conformazione al piano di Dio il quale ha esortato gli esseri umani: «Sia invece il vostro parlare: “sì, sì”, “no, no”; il di più viene dal Maligno» (Mt. 5, 37).
Salvatore Agueci
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