Non tutto quello che é istituzionale é giusto ed accettabile.
Qualsiasi riforma può diventare deleteria se non si nutrono dubbi nei suoi confronti. Questa manovra, ad esempio, non ci convince.
Per molti anni abbiamo assistito seduti ed inermi al susseguirsi delle gocce di un rubinetto che perdeva senza prendercene carico, sarebbe bastato alzarsi e chiuderlo, cercare la cassetta degli attrezzi, prendere comunque un’iniziativa. Questo gesto mancato ci é costato caro.
Danzavamo nei salotti buoni mentre la nave affondava.
Dopo infiniti e rassicuranti “Qui tutto bene” una mattina, al nostro risveglio, i TG hanno cominciato a proiettare un film dalla trama sconcertante: il fallimento della nostra nazione.
Il popolo delle cicale si é stropicciato gli occhi per la meraviglia, la vista si é offuscata, l’uppercut é stato fortissimo: ha avuto così inizio la disillusione dei gaudenti.
Disorientati ed infelici ci chiediamo come tutto ciò sia potuto accadere, dove eravamo mentre fioriva una cultura economica così distruttiva. Dov’erano le donne che da sempre vantano l’appartenenza all’altro esercito degli insetti protagonisti della favola di La Fontaine.
Lo stupore di oggi é anacronistico e nessuno ne ha diritto!
Ripensiamo, per eccesso, ad un popolo intero che per inedia si rese complice di un orrendo crimine: nelle stazioni transitavano i treni piombati con i deportati diretti nei campi di concentramento e nessuno disse nulla perché era l’istituzione a volerlo!
Ci pentiamo di non aver dato ascolto alle oscure previsioni di Pasolini, di aver deriso e messo a tacere gli intellettuali e soprattutto i riformisti considerandoli degli utopisti, dei rattoppatori troppo lenti di tele da macero.
Ci pentiamo di aver bevuto con il naso tappato il principio dell’onnipotenza dei mercati fino a consegnarci ad un’ Europa divenuta, ormai, un continente germanico guidato da una donna ossessionata dalla disciplina del bilancio.
Costretti ad annuire e pieni di sensi di colpa, ci prepariamo all’approssimarsi di un Natale in marcia verso la disuguaglianza, con la prospettiva che i Magi potrebbero consegnarci in dono l’inutilità dei nostri sacrifici.
Ci assilla il pensiero che avremmo dovuto preferire il poco al tutto, il gradualismo alle trasformazioni radicali di un sistema, peraltro sempre procrastinate.
É tardi per arginare la furia dei mercati. Umiliati e declassati dal quinto potere siamo entrati in un sistema sovranazionale nel quale la moneta unica, non adeguatamente protetta, nata con grandi prospettive, non é riuscita da sola realizzare il grande sogno: la creazione di una polis allargata nella quale i cittadini europei potessero superare il sacro principio della sovranità nazionale.
Gli stati europei sono entrati in un circolo vizioso: dal debito pubblico all’austerità più feroce, costituita esclusivamente dall’aumento della tassazione sui “soliti noti” ed ad altre misure stringi-cinghia che determineranno il blocco della crescita per riportaci ad un debito pubblico ancora più alto.
Il vero pericolo é che in coda alla spirale si scorge già l’avvento di un populismo ancora più sfrenato, l’immagine della deputata leghista in tuta e cuffietta da operaia sul suo scranno in Parlamento é molto significativa!
Nessuno ha ancora deciso di costruire il nuovo accanto alle macerie, il non voler nulla e l’ignavia sono da sempre compagne di strada dell’inganno: l’inazione ed il rinvio assicurano solo un apparente quieto vivere.
É così che sono crollati gli Imperi nel passato!
Non é più sufficiente sottoscrivere il discredito nei confronti dei nostri governanti e scendere sulle nostre piazze stanche, decine di movimenti si sono liquefatti negli ultimi anni a causa della frammentazione della società, bisogna invertire la direzione del nostro indice accusatorio ed ammettere le nostre gravi responsabilità.
Nulla é rimasto della coscienza civica, della moralità e del rispetto per l’universo “persona”.
Si é parlato molto della tristezza che ha pervaso le nazioni europee, in Italia questo sentimento si é trasformato in scoramento, non é facile, infatti, assistere con indifferenza al tramonto dell’era dei diritti e delle garanzie giuridiche accompagnati da un’unica certezza: l’immortalità dei diritti della casta! Eppure, fatta eccezione per l’esercito degli utili idioti che continua a girare il paiolo, stiamo consentendo che venga spezzato anche il diritto all’esistenza! Abbiamo rinunciato persino alla denuncia dei diritti violati ed alla ricerca di una terapia contro la sopraffazione e l’abbandono delle classi più deboli!
Certo il popolo delle cicale consegnerebbe volentieri le sue armi, vinto dal desiderio di una conclusione liquidatoria di tutti i conflitti e di tutte le contraddizioni, le tentazioni di resa sono storicamente fortissime! Ma il nostro paese é noto anche per la sua schizofrenia sociale, il colpo di reni é sempre nell’aria e le ricostruzioni sono sempre avvenute.
É questo il rigagnolo sottile che che ci fa confluire nell’immenso lago della speranza.
Se questo non avverrà saremo costretti a dare ragione ad un amico scettico che da tempo ripete nel nostro dialetto: ” ‘a verità é ca simu scarsi!”.
Nietta Bruno
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