Dalla padella alla brace per la gestione in house del servizio rifiuti?
Dopo i Sindaci di Troina, Centuripe, Regalbuto, Nicosia e Leonforte anche quello di Enna si prepara a gestire in autonomia il servizio di raccolta dei rifiuti nel rispettivo territorio comunale attraverso l’ipotesi dell’affidamento diretto (in house) a una società pubblica appositamente costituita. Uno dopo l’altro tutti i Sindaci stanno cercando disperatamente di svincolarsi dalla gabbia dell’ATO, che non solo non è riuscito ad assicurare qualità ed efficienza nella gestione integrata del servizio, ma non è stato in grado di produrre quelle economie di scale utili a ridurre progressivamente il costo del servizio e le correlate tariffe. Ne parliamo con Massimo Greco.
E’ una moda quella degli affidamenti in house del servizio di raccolta dei rifiuti?
A me sembra più una demodè, nel senso che gli affidamenti in house sono già passati di moda da qualche anno atteso che il legislatore ha, sostanzialmente, inserito tanti di quei paletti da scoraggiare l’uso di questo strumento di gestione dei servizi pubblici locali.
Perchè questo strumento non è da suggerire?
Ammesso che la diavoleria di frammentare gli ambiti territoriali ottimali attraverso i sub ambiti (ARO) permanga ancora in vita nell’ordinamento regionale – cosa che io escludo – la scelta di affidarsi al modello di affidamento in house del servizio di raccolta dei rifiuti è da non preferire per almeno tre ragioni:
- a) perchè il Comune avrebbe non poche difficoltà a motivare la scelta di affidare il servizio ad una società che essendo di nuova costituzione non possiede alcuna esperienza né alcuna capacità operativa, rispetto all’ipotesi di ricorrere al mercato concorrenziale in cui notoriamente sono presenti numerose imprese specializzate.
- b) perchè i vincoli pubblicistici in generale, e quelli di finanza pubblica in particolare, che gravano anche sulle società pubbliche rendono questo strumento solo formalmente privato e come tale poco flessibile per le finalità imprenditoriali richieste.
- c) perchè le clausole di salvaguardia dei livelli occupazionali non possono trovare adeguato spazio applicativo in società pubbliche che, com’è noto, reclutano le risorse umane solo a seguito di procedure ad evidenza pubblica. Mi chiedo come farebbe una società pubblica ad assorbire gli operatori attualmente in servizio presso la liquidanda società d’ambito “EnnaEuno” senza violare le diverse disposizioni che regolano la materia.
Quale strumento possiamo suggerire ai Sindaci disperati?
O il mercato concorrenziale, peraltro preferito dal nostro ordinamento a seguito delle recentissime disposizioni della legge Madia, o la società mista pubblico-privata. Quest’ultima ipotesi è quella che più di tutte le altre è in grado di conciliare le esigenze di controllo pubblicistico dell’Amministrazione aggiudicatrice con quelle imprenditoriali richieste per la gestione di un servizio che, bisogna ricordarlo, rimane a rilevanza economica. Una gara “a doppio oggetto” consentirebbe al Comune di appaltare sia il socio operativo della costituenda società che il servizio per un periodo di tempo e per un ammontare a base d’asta ben definiti. La società mista (anche a prevalente capitale pubblico locale), mantenendo la natura giuridica privata anche sotto il profilo funzionale, non presenterebbe le medesime difficoltà illustrate per la società a totale partecipazione pubblica.