mercoledì , Ottobre 16 2024

Nuova Chiesa parrocchiale di Santa Lucia ad Enna bassa – una festa taciuta e contestata!

L’11 ottobre scorso ha finalmente visto aprire al culto la nuova Chiesa parrocchiale di S. Lucia ad Enna bassa. Si è concluso in tal modo il lunghissimo iter iniziato con l’istituzione giuridica dell’ente parrocchiale, avvenuto il 19 luglio 1986 per decreto del vescovo mons. Vincenzo Cirrincione appena insediatosi nella diocesi piazzese. Una parrocchia sorta in una zona che era in continua espansione che affiancava quella di Sant’Anna già eretta nel 1963. La sua sede non poteva che essere provvisoria. Infatti venne ospitata presso la cappella delle suore Serve dei poveri casa di accoglienza anziani “S. Lucia” nell’omonimo quartiere.

La parrocchia, che oggi conta circa 5 mila abitanti, è nata grazie alla lungimiranza di un sacerdote, padre Mazzucchelli, che nell’82 in un garage messo a disposizione da un condomino della cooperativa Giunone, facendosi prestare la statua di Santa Lucia dall’Unione ciechi, aprì una cappella. Man mano poi è cresciuta nelle sue attività e nel 1986 è stata riconosciuta giuridicamente come parrocchia. Nel 1988 poi è arrivato un nuovo parroco, don Mario Saddemi che ha dato nuovo impulso all’attività pastorale per la costruzione di un nucleo che desse una identità a quell’agglomerato di persone che abitavano un quartiere anonimo. Da allora per la chiesa di Santa Lucia, che ha visto crescere attorno a sé nuove realtà abitative, nuove strade e nuovi problemi urbanistici, ma soprattutto un quartiere sempre in crescita in un territorio completamente nuovo, è stato un continuo peregrinare: dai garage ai locali del vicino Centro di accoglienza anziani, al seminterrato di un edificio comunale che in precedenza era stato utilizzato come cucina e sala dall’Istituto alberghiero. Dunque, una comunità che in quarant’anni anni ha subito diverse tribolazioni che ora sembrano terminate. Una storia, diremmo, a lieto fine visto che ora i fedeli potranno avere un luogo di culto degno per celebrare la lode di Dio e svolgere le attività pastorali. Merito soprattutto di don Mario Saddemi e degli sforzi di tante persone in gamba e volenterose che hanno collaborato generosamente. La costruzione del complesso parrocchiale ha avuto un costo di 2,6 milioni di euro di cui 2,2 milioni da parte dei fondi otto per mille della CEI, 180mila euro dalla diocesi e 220mila euro dagli stessi parrocchiani.
Per tutto il quartiere in particolare l’11 ottobre è stata una festa, ma anche per l’intera comunità ecclesiale ennese che si è riunita alla presenza delle autorità cittadine e di numeroso clero attorno al vescovo Rosario Gisana per la liturgia di Dedicazione e consacrazione del nuovo tempio. Tantissimi anche i fedeli accorsi che l’aula ecclesiale non ha potuto contenere e che hanno seguito la liturgia nell’attiguo salone attraverso uno schermo.

L’evento però è passato quasi sotto silenzio sulla stampa locale, tranne le dovute poche eccezioni, che ha voluto evidenziare soltanto la presenza di uno sparuto gruppo di persone, circa trenta, spacciati per fedeli cattolici, che imbavagliati diffondevano volantini nei quali si chiedevano le dimissioni del vescovo Gisana in relazione alle note vicende legate al caso Rugolo. Era del tutto evidente, e il sottoscritto ne è stato testimone, che la protesta non ha interessato assolutamente i partecipanti al rito, accorsi solo per festeggiare un evento atteso da tanti anni, animati da affetto e stima verso il vescovo contro tutte le campagne denigratorie e ideologiche messe in atto dopo la sentenza.
Dispiace che agenzie di stampa di grande prestigio anche a livello nazionale si affidino a corrispondenti che invece di descrivere i fatti raccontino, enfatizzandole, parzialità e visioni personali.

Quanto sopra è stato ripreso dal settimanale cattolico di informazione della Diocesi di Piazza Armerina “Settegiorni” a firma del giornalista don Giuseppe Rabita il 14 Ottobre 2024 – impaginazione su questo magazine a cura del giornalista Giuseppe Primavera, già direttore responsabile della testata giornalistica ViviEnna.

Per dovere di informazione -riferimento protesta- si pubblica la nota pervenuta da parte dell’avv.Gabriele Cantaro:
“Leggo nota a firma del “movimento Non accetto prediche da chi copre un abuso, al la quale si impone una replica per i toni diffamatori e per una mistificante rappresentazione della funzione e del ruolo di chi svolge la propria professione, con dignità e senza timore di dovere affrontare la scomposta maldicenza altrui resa palese dall’inciso “gratuito e propagandistico”, ed in tale senso preciso quanto segue:
1) Il mio commento è certamente di parte, posto che agisco ed esprimo il mio pensiero quale legale della Diocesi di Piazza Armerina che, per il mio impegno professionale, come qualsivoglia altro assistito – ivi compresi gli avvocati che hanno ottimamente assistito qualche membro del comitato – viene regolarmente pagato.
Ciò non aggiunge o toglie senso a quanto affermo, la cui correttezza e liceità non è condizionata dal mio ruolo di professionista, ma dalla sostanza di quanto affermo che ognuno è libero di valutare.
2) Il rispetto del diritto a manifestare, per come chiaramente ho già avuto modo di precisare è fuori discussione. Pare tuttavia evidente che chi ha scritto il commento di replica non conosca adeguatamente la legge, posto che “riprendere i manifestanti col proprio telefonino “ nel caso in questione, costituisce legittimo esercizio delle facoltà di indagine difensiva concesse all’avvocato dagli artt. 391 bis e seguenti del codice di procedura penale che da facoltà al difensore (nel caso di specie della Curia e del suo rappresentante) di raccogliere, anche in via preventiva, elementi di prova di eventuali reati in danno di un proprio assistito.
Lo prevede espressamente l’art.391 nonies del codice di procedura penale secondo cui “.. il difensore o i suoi ausiliari hanno la facoltà di svolgere le investigazioni anche in via preventiva, ovvero per l’eventualità che si instauri un procedimento penale.”
3) Quanto all’alzarsi ed uscire “silenziosamente “ ma in maniera certamente plateale dopo che il celebrante esce dando inizio alla funzione, costituisce turbativa penalmente rilevante e sanzionata dall.art 405 del codice penale, per come ribadito anche di recente ribadito dalla Cassazione penale che giudica penalmente rilevante ogni turbativa della funzione “che distolga i fedeli dal proprio raccoglimento”, come è avvenuto negli episodi richiamati dal comitato a cui lo scrivente non ha assistito personalmente ma che sono stati ampiamente diffusi – come di consueto – dai social e dagli organi di informazione su iniziativa del comitato.
Scusate il “forzato” tecnicismo ma è bene mettere le cose in chiaro giusto per dovuta e necessaria precisione e per non confondere la liceità o meno dei rispettivi comportamenti.
4) La pretesa che una trentina di persone rappresentino la comunità dei fedeli ennesi, pur volendo prescindere dal fatto che esse lo siano o meno, mi pare non regga il confronto con quanti gremivano la Chiesa di Santa Lucia ed i locali adiacenti tutti fedeli che attorno al proprio Vescovo si sono stretti e che lo hanno sostenuto, si commenta da sola e null’altro aggiungo.
5) Nella nota si continua ad usare in modo ambiguo il termine “favoritore” attribuito all’operato del Vescovo.
Anche a tale proposito è opportuno – in estrema sintesi – fare chiarezza:
a) S.E. Mons. Rosario Gisana non è stato mai accusato di favoreggiamento nel senso previsto dalla legge penale all’art.378 cod. pen. la Curia Vescovile è stata chiamata in causa come responsabile civile per rispondere in solido con l’imputato delle richieste di risarcimento danni.
b) Il Tribunale di Enna ha giudicato “tardivo” il provvedimento di allontanamento del sacerdote Giuseppe Rugolo – avvenuto comunque in esito all’investigatio previa – e quindi prima che il dott. Antonio MESSINA presentasse la sua denuncia alla Procura della Repubblica.
Tale argomentazione e le disposizioni che ne seguono sono oggetto di impugnazione ed in tale sede se ne discuterà.
c) La presunta “inazione” da parte del Vescovo è certamente smentita da quanto avviene in sede canonica argomento sul quale, per evidenti ragioni di segreto professionale, non posso in alcun modo riferire.
La coerenza e correttezza della condotta del Vescovo sono (e saranno ulteriormente) provate dai fatti e non sulla base di un’infelice espressione usata n un momento in cui la Sua conoscenza dei fatti era certamente parziale ed incompleta.
Vi è il massimo rispetto per le finalità di tutela dei minori da ogni tipo di abuso e da chiunque commesso, specie se sacerdote, non vi è altrettanto rispetto per alcune discutibili modalità con cui tale finalità viene portata avanti, per le ragioni che ho avuto modo di precisare”.

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