Ne sanno qualcosa i cronisti di una pubblicazione che oggi tenta di affermarsi in una realtà dai connotati da “regime bulgaro”, quella della città di Enna, ne sa pure qualche ‘vecchio’ collega di un quotidiano locale, in attesa di una richiesta di risarcimento di un miliardo; ne sa pure qualcosa il sottoscritto: ‘invitato ad andare via’ cioè: “buttato fuori” dalla stanza del primo cittadino, durante un’intervista, per una domanda fuori dal comune: si chiedevano spiegazioni e informazioni su una situazione comunale (cosa che in seguito ha comportato da parte della Magistratura ben undici iscrizioni nel registro degli indagati).
Ebbene, questi giornalisti, estranei alla “corte” dei padri-padroni della città, provano a fare giornalismo in modo laico e quindi senza censure di alcun tipo, di deviazioni amministrative, di cultura abbandonata, di ogni argomento, guardando esclusivamente ai fatti e non: alle carriere, ai soldi e alle tessere sindacali. Apriti cielo! “il pane è pane”; meglio quindi, scrivere sotto dettatura, quello che ti dicono di scrivere i potenti e i loro amici.
Da “bravi” giornalisti insomma. Un salto indietro nel tempo quindi, una situazione “pirandelliana” tipicamente siciliana. Un paradosso nel paradosso, per una città dove essere liberi significa diventare “ciechi e sordomuti”.
E dire che al Castello è stata eretta la statua ad Euno, lo schiavo siriano, nato ad Apamea che, dopo anni di sofferenze dovute al suo stato, stanco dei soprusi e alla testa di 400 ribelli organizzò una rivolta e prese la Città proclamandosi re con il nome di Antioco; questa leggenda ci porta a sostenere che lo stato di ‘uomo che vuole essere libero è una conquista propria, stato al quale non si può rinunciare’.
Un fatto grave in una realtà normale, ma non di certo in una città come Enna, assolutamente allergica alla verità. Qualcuno cerca di denunciare e cosa fanno gli organi preposti alla tutela dei giornalisti? Nessuna reazione. Ed il sindacato? All’oscuro. L’indignazione si è trasformata però in voglia di andare avanti, malgrado ordini, sindacato e “bravi” giornalisti. Ne vedremo delle belle.
Scriveva Giuseppe Fava: “io ho un concetto etico del giornalismo. Un giornalismo fatto di verità impedisce molte corruzioni, frena la violenza e la criminalità, impone ai politici il buon governo. Un giornalista incapace, per vigliaccheria o per calcolo, si porta sulla coscienza tutti i dolori umani che avrebbe potuto evitare, e le sofferenze, le sopraffazioni, le corruzioni, e le violenze che non è stato mai capace di combattere”.
Giuseppe Primavera
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