Una pubblicazione in latino con la versione italiana dal titolo “Storia di Enna” di Vicenzo Littara, introdotta trascritta e tradotta da Valentina Vigiano nel 2002. Il testo in latino fu redatto dal Littara con lo scopo di dimostrare le antiche origini di Enna. Dai primordi ai sicani agli aragonesi passando per le varie dominazioni romane, arabe, normanne ecc. che hanno lasciato segni oltre che negli edifici, nella civiltà, nei costumi, nel linguaggio e negli usi degli ennesi.
Storia di Enna – Aennensis historiae
Vincenzo Littara
La pubblicazione dei Libri duo Historiae Aennensis (1588) dell’umanista netino Vincenzo Littara, finora inediti nonostante il loro pregevole valore letterario ed adesso fruibili anche nella traduzione italiana, è parte di un progetto di più ampio respiro, che vede nella conduzione di studi e ricerche sulla storia delle numerose e variegate realtà locali uno strumento per promuovere, da una parte, un rinnovato interesse degli abitanti nei confronti del proprio passato, che ne ha forgiato la comune identità ed ha contribuito a plasmare l’attuale configurazione del proprio territorio, e, dall’altra, una più completa ed esaustiva conoscenza delle dinamiche della storia generale, la cui complessità richiede sovente la riduzione della scala d’indagine.
Esito di una ricca ricerca documentaria ed archivistica, l’introduzione ricostruisce il significato storico e le motivazioni strumentali alla base della commissione della prima opera monografica sulla Storia di Enna. Le esigenze di rigore finanziario della corte viceregia in Sicilia durante il XVI secolo, maturate a seguito della dispendiosa politica internazionale dei sovrani spagnoli, avevano portato, difatti, a provvedimenti di revisione e controllo degli apparati finanziari periferici, i quali sortirono, al livello locale, una conseguente risposta da parte di un’oligarchia urbana direttamente coinvolta nella questione. L’Historia Aennensis diviene, in questo quadro, uno straordinario strumento di cui l’elite ennese di quegli anni decise di dotarsi ai fini di una positiva risoluzione del rapporto dialettico con i rappresentanti della Corona spagnola e del mantenimento di un sicuro consenso alla propria azione di governo.
La stesura di una storia cittadina, nonché l’ambiente, i protagonisti e le condizioni della sua ideazione, contribuiscono così a rivelare le forme entro cui, nella Sicilia della seconda metà del XVI secolo, si articolavano i rapporti fra gli organi del governo centrale e le oligarchie locali, nonché le modalità attraverso le quali, di fronte ad una situazione conflittuale, queste ultime reagissero attivando reti interpersonali capaci di contrattare con il centro.
Vincenzo Littara, una fra le più interessanti figure dell’umanesimo siciliano, nac-que a Noto il 31 dicembre 1550. II suo lignaggio non poteva considerarsi di certo parte dell’elite nobiliare netina del tempo, dominata dai Landolina, dai Deodato e dai Cappello, come si evince anche dalla dedica della sua opera storiografica sulla sua città, il De rebus Netinis, dove egli definisce la sua famiglia semplicemente “vetusta et honesta”. Il padre, Magister Nicola, era proprietario di alcuni beni che, alla sua morte avvenuta senza aver stipula¬lo precedentemente un testamento, andarono al primogenito, Reverendo Vincenzo, al quale il fratello minore Magister Francesco vendette la sua porzione di eredità. L’altro fratello, Giovanni Pietro, si occupava della gestione del patrimonio familiare durante le frequenti assenze da Noto di Vincenzo. Questi, difatti, divenuto piuttosto conosciuto per erudizione ed abilità didattica, dopo aver insegnato per alcuni anni a Sciacca e a Noto, intraprese la carriera sacerdotale e conseguì a Catania la laurea in Filosofia, Teologia e Giurisprudenza. Abilissimo oratore, si distinse per questo in varie città siciliane, dove fu conosciuto anche per la facilità con cui riusciva a comporre versi. Nonostante non appartenesse ad una famiglia aristocratica, egli riuscì a stabilire grazie al suo versatile ingegno, proficui e duraturi legami con influenti personaggi della Sicilia del periodo, che gli permisero di ricevere commissioni per alcune opere. Tra le numerosissime sue composizioni se ne annoverano due di storiografia, i Libri duo Acnnensis Historiae (1586-87) e il De Rebus Netinis (1593), frutti entrambe di precisi incarichi. Negli anni ’90, durante alcuni suoi soggiorni a Palermo egli fu coinvolto nell’ormai annosa disputa fra Palermo e Messina a proposito della residenza viceregia. A quel periodo risalgono il De Aquila Panormitana opusculum e le Orationes duae deprimatu Ecclesiae Panormitanae con cui egli prende le parti di Palermo nella contesa. Vincenzo Littara morì il 3 maggio 1602 ad Agrigento, dove aveva trascorso gli ultimi quattro anni, dopo essere stato nominato Parroco della locale chiesa di S. Michele dall’allora presule agrigentino Giovanni Horoscus. Oltre alle opere citate, a quelle di argomento religioso, di ortografia, grammatica e retorica e a vari commentari a scritti di Aristotele, egli scrisse due libri di epigrammi ed elegie ed un poema epico-religioso di imitazione virgiliana dal titolo Conrandis, con cui celebrò il santo netino.
Corrado Gonfalonieri