C’è una persona che stimo pur senza conoscerla.Apprezzo molto come scrive e molte volte anche quello che scrive, fin da quando teneva una rubrica dal nome famoso “Il dito nell’occhio”.
Ma questa volta non posso fare a meno di azzardare una critica a una delle penne più belle di questa città. Mi riferisco a chi ha scritto un editoriale su un giornale locale, che ha avuto una caduta di stile che non mi aspettavo da lui.
Allora faccio anche io la mia caduta di stile anche se capisco di toccare un argomento delicato e soprattutto intacco un tabù, che è quello di non palare mai degli altri concorrenti, ma qualcuno doveva farlo.
Per evitare di essere scortese inizierò da lontano, dall’argomento della libertà di stampa e di espressione. Abbiamo criticato in molti la vicenda Sallusti, alcun l’hanno fatto nel verso giusto, altri in quello sbagliato. Qualunque sia il peccato del direttore del Giornale, non si può condannare al carcere (o agli arresti domiciliari) un direttore di giornale e mandare i gendarmi a prenderlo nella sua redazione. Non è solo una questione di principio, è una questione di forma e sostanza. Se si accetta il principio che si può entrare nelle redazioni dei giornali e arrestare un giornalista per quello che ha scritto (anzi lo sanno tutti che non l’ha scritto lui ma c’è stata da parte sua “mancata vigilanza”), qualsiasi altro abuso verso la libertà di stampa è consentito.
Ma c’è un’altra minaccia alla libertà di stampa, più infida, che è quella del ricorso alla querela per diffamazione. Si tratta di un’abitudine che sta superando ogni pudore. Avete letto qualche settimana fa che il Sindaco di Caltanissetta ha assunto un legale (pagato con i soldi del Comune) per preparare le future querele per diffamazione che il Comune dovrà fare nei confronti dei giornalisti. Una specie di querela preventiva, così da scoraggiare chiunque dallo scrivere contro di lui. Questo è un caso eclatante ed estremo che non ha ancora suscitato la giusta ribellione dei giornalisti, ma l’abitudine di usare la giustizia come arma di pressione e quasi di ricatto non può essere più sopportata in un paese civile.
A Londra, ad Hyde Park, esiste il famoso Speakers’ Corner (in italiano “angolo degli oratori”), dove ognuno può improvvisarsi oratore e dire quello che vuole su chiunque, compresa la regina. È vero che di recente il liberalissimo Regno Unito non si è mostrato ugualmente aperto riguardo alle foto imbarazzanti della famiglia reale, ma comunque c’è un abisso con la nostra situazione.
Tante volte Milena Gabanelli ha parlato delle querele che da anni subisce la redazione della trasmissione “Report”, con milioni di euro di risarcimenti richiesti. La censura verso la stampa non si esercita più con il manganello e l’olio di ricino, si esercita scoraggiando chi scrive con la minaccia della querela e dei risarcimenti milionari.
Con la vicenda Sallusti molti hanno perso un’occasione di fare sentire la voce della stampa libera, presi dall’invidia o dall’ideologia. Io non ho mai apprezzato molto quello che “Il Giornale” scrive (come anche “Libero”), e non apprezzo la violenza verbale e la denigrazione a fini politici, ma tra questo è la censura e addirittura la galera (una costringe il corpo, l’altra l’anima) c’è un abisso, perciò – mio malgrado e non senza sofferenza – io sto dalla parte di Sallusti e contro tutti gli altri.
Ora che ho fatto il mio discorso serio, posso permettermi di scherzare un po’.
Queste considerazioni sulla libertà di stampa avranno spinto l’ingegnere-giornalista nell’articolo di cui parlavo all’inizio a fare la provocazione, a pensare che si può dire impunemente qualsiasi cosa, purché lo si faccia con garbo e bello stile. Ha scritto dunque in maniera elegante che: “… è sempre stato poco incline al compromesso e alla mediazione; si è sforzato di dare, di fare un’informazione senza veli e senza veline, senza filtri, senza fronzoli”.
Un giornale che pubblica da sempre un’intera pagina di pubblicità per una società che ha il monopolio del suo settore e non è soggetta a concorrenza, che pubblica una pagina intera con gli auguri del sindaco, non mi pare possa dirsi “poco incline al compromesso e alla mediazione”!
Nessuno vuole condannare un giornale per questo, è una cosa assolutamente normale e legittima, non c’è niente di male a fare ed accogliere pubblicità più o meno istituzionale ma per favore poi statevi zitti e non venite a prendere in giro.
Perché un motivo ci sarà. Non so se si tratta del fatto che noi siamo veramente poco inclini al compromesso e alla mediazione, che sia il sito internet più visto in assoluto della provincia e con un numero di accessi unici assolutamente inavvicinabile per chiunque, ma il fatto è che a loro (e ad altri) questa pubblicità e quella delle festività e ricorrenze varie arriva. Si tratta anche in questo caso di una legittima scelta ma qualche dubbio mi viene.
È vero che anche loro avranno ricevuto qualche querela, in passato, ma anche in questo non si possono paragonare a chi riceve anche più di una querela al mese, a chi viene discriminato ogni giorno personalmente e nella sua famiglia, solo perché non è allineato con il potere locale.
Un motivo ci sarà se le regole di mercato non vengono rispettate solo con “Vivisicilia”: perché a giudicare dal basso gradimento da parte di sindaci e onorevoli (anche per la pubblicità elettorale) noi di Vivisicilia facciamo veramente un’informazione “senza veli e senza veline” e siamo veramente “antipatici” come dice l’illustre collega della “carta stampata” (come se anche questo fosse un merito per loro ed un demerito per noi, nell’epoca di internet).
Tutto ciò premesso, se mai qualcuno deve essere condannato per avere detto una falsità, volevo dire una sciocchezza, scusate volevo dire un’imprecisione, quello è chi ha scritto questa frase.
Ma come si fa a dire, con l’onestà intellettuale che tutti gli riconoscono, che è “senza veli e senza veline”? Per lo meno è una frase ambigua se voleva dire che non si nasconde e soprattutto non pubblica le “veline”, i comunicati stampa, oppure che non riporta quello che i politici di turno ti invitano a scrivere. O forse voleva dire che non ci sono le ragazze che fanno lo stacchetto, come a Striscia la notizia… e per quanto riguarda i veli, essere senza veli non deve essere un bello spettacolo!
Natale è appena passato e vogliamo essere tutti più buoni, anche io. Perciò lo perdono. Vorrei che chi ha scritto queste cose non andasse in galera (credo che nessun giudice glielo manderebbe per una simile leggerezza) ma venisse condannato alla gogna: quello strumento medioevale fatto di legno da cui spuntano solo la testa e le braccia. Così impara.
Con la stima di sempre all’ingegnere e a chi sa scrivere, buon Anno!
Q – G.L. Borghese
Q è la quindicesima lettera dell’alfabeto italiano e la diciassettesima di quello latino ed è l’unica lettera che nella nostra lingua non si può leggere da sola, se non accompagnata dalla “u”.
In questa ottica Q è una lettera “singolare”, nel senso di particolare, unica, e “plurale” nel senso che non può stare da sola.
Q è pure il titolo di un romanzo scritto da quattro autori sotto lo pseudonimo multiplo di Luther Blisset, e che si definiscono “nucleo di destabilizzatori del senso comune”.
Q è dunque “plurale” anche in un senso più ampio. Lascerà di volta in volta a voi lettori informatici il compito di completare ed interpretare, secondo la vostra libera scelta o inclinazione politica, le provocazioni che vi verranno proposte dall’autore, un ennese che da lontano ma puntualmente segue, attraverso internet, gli eventi che travagliano questa terra.
Q è “plurale” anche in un senso più ampio.
PS – A chi credeva che era tutta un’invenzione consiglio di dare uno sguardo al titolo del libro di Giuseppe Barcellona, “Q L’enigma del Messia”, Edizioni La Zisa.
Il boa e la gazzella smarrita by Giorgio Borghese
Il sole basso di un giorno ormai declinante. Il volto di una ragazza dolcemente abbandonato su un prato. Lo sguardo di un uomo in procinto di innamorarsene. Tutto molto naturale, se a gravare quest’uomo non ci fossero tre dozzine di anni in più della ragazza e un bel po’ di chili di troppo. Un minimo di saggezza avrebbe suggerito di abbandonare la partita. Ma gli dei talvolta si divertono ad accecare coloro che vogliono perdere; e con il suo folle danzare tra realtà e immaginazione, il sogno in mezzo a far da tramite, il nostro quasi vecchio e quasi grasso protagonista entra nel novero di quegli sventurati…