sabato , Maggio 18 2024

Enna. La festa di Maria SS. di Valverde (ultima domenica di agosto) – video processione

Di buon mattino sull’ampio pianolo di Enna una fragorosa esplosione di assordanti mascuna (101 colpi di cannone) improvvisamente lacera l’aria azzurrina d’una serena giornata di fine Agosto, il gioioso crepidio segnala che è spuntato un giorno di festa dedicato alla “Madonna di Valverde”.

La relazione della datazione della festa è legata al culto di cerere i cui festeggiamentitrovavano il loro culmine alla fine Agosto poichè in tale periodo aveva termine il ciclo agrario.

In passato, dopo le messe del mattino si celebrava e si celebra tuttora il Pontificale, dopo di che il fercolo con la Madonna veniva portato a spalle dai Confrati in abito civile fino alla Chiesa Madre. Nel pomeriggio aveva luogo la processione vera e propria; i confrati questa volta dovevano indossare l’abito tradizionale: camice bianco, cintola verde, fazzoletto verde a tracollo, a piedi nudi.

Oggi il fercolo dorato (realizzato da Gregorio Mazzarino eseguito nel 1957 su progetto di Francesco Paolo Notaro e ristrutturato nel 1997, si compone di una struttura in legno rivestita da foglie d’oro 18k ) non viene più portato nella chiesa madre, ma la processione parte dal Santuario omonimo ed è inizialmente diretto al Duomo per la celebrazione della messa solenne e destinato poi a svolgersi fino alla chiesa di San Tommaso tra le grida di giubilo che di tanto in tanto i confrati in camice bianco e piedi scalzi fanno echeggiare.

Ad accompagnare il fercolo della Madonna nel suo percorso processionale, precedono i simboli della Trinità,i fercoli di S. Michele Arcangelo e S.Giuseppe, le verginelle vestite di bianco, il clero; la seguono le autorità locali, i Procuratori, la banda cittadina, i fedeli.

La processione attraversa, a seguito della messa solenne, via Roma, piazza S. Francesco, arriva in piazza Balata (oggi piazza Matteotti) prosegue lungo la via Roma, giunge in Piazza San Tommaso e da qui fa ritorno al Santuario di Valverde.

La festa si conclude con musiche, giochi e fuochi d’artificio.

La vigilia della festa di Maria SS. di Valverde

La mattina del sabato precedente la festa, ancora oggi, come da tradizione, alle ore 9;30 ha luogo la santa messa delle “Verginelle” (piccole fanciulle che rievocano l’episodio vissuto dalle antenate, scampate ad un crudele sacrificio grazie a San Pancrazio) invitate da alcune famiglie che hanno ricevuto grazie particolari dalla Madonna.

Queste digiunano fino a mezzogiorno e poi consumano un frugale pranzo preparato tra le mura domestiche dalle famiglie che le ospitano.

Le verginelle restano a pranzo anche la domenica, giorno della festa.

In passato vi era un’altra figura, quella del “Nudiddu” (piccoli fanciulli d’animo puro come il vestire), vestiti di bianco con dei nastri multicolori allacciati alla vita; l’ultimo “Nudiddu” che ricordiamo è stato, nel 1967.

La vigilia della festa si conclude con i Vespri Solenni.

L’apertura del simulacro di Maria SS. di Valverde

La settimana precedente l’ultima domenica di agosto il simulacro ligneo della Vergine Maria, viene svelato ed esposto.

La Nicchia, ristrutturata negli anni ‘90 dall’artigiano ennese Mastrandrea, dove il simulacro della Vergine è conservato, si compone dal grande sportello centinato decorato, dal pittore ennese Lodato nel 1949, con l’artistica immagine della madonna che riproduce con gran fedeltà le fattezze e l’atteggiamento della statua lignea policroma scolpita nel 1646 da l’ennese Giovanni Gallina.

Egli scolpì nell’atto di tenere in braccio con gesto amorevole il bambino.

La statua della madonna è ornata di argento e corone coperta da un prezioso mantello confezionato nel 1855 dalle devote del quartiere Fundrò che su un lucente tessuto di seta eseguirono accurati ricami e rivestita di luccicanti gioielli, viene portata dai confrati dalla cappella votiva, dove il simulacro stesso è custodito durante l’anno, all’altare maggiore del Santuario.

Tale cerimonia, ufficializza, l’apertura dei festeggiamenti in onore della Vergine Santissima.

A “cugliuta” per la festa di Maria SS. di Valverde

La festa della madonna di Valverde si celebra l’ultima domenica di Agosto, ma sin dall’inizio del mese ne fervono i preparativi che diventano appariscenti all’orquando in ossequio ad un’antiqua tradizione si compie “la questua” la ricerca delle offerte votive necessarie per rendere le cerimonie liturgiche più fastose e i festeggiamenti più solenni.

Un tempo la curavano i procuratori, fedeli che particolarmente devoti alla Vergine di Valverde ne avevano a cuore il decoroso mantenimento del culto; oggi il loro compito lo hanno assunto con immutato fervore i membri del collegio di Valverde ricostituito nel 1935 per far rivivere un’omonima confraternita fondata alla fine del ‘700, le modalità di svolgimento della questua nonostante lo scorrere del tempo e le mutate condizioni di vita sono rimaste fedeli alla tradizione che prevede l’impiego di muli per il trasporto del grano che in passato costituiva l’offerta più comune sia quasi a ringraziamento del buon andamento del raccolto da poco conclusosi sia della prevalente vocazione cerealicole delle contrade ennesi.

I Procuratori accompagnati da muli bardati con finimenti caratteristici e dalla ciaramella sono condotti per tre giorni per vicoli stradine e piazzette accompagnati dalle note suonate dai tanto rari suonatori delle zampogne al fine di sollecitare le offerte.

Valverde il “Santuario”

Una piccola chiesa che come affermato dallo storico locale settecentesco Padre Giovanni dei Cappuccini era sorta quasi inglobandola presso quella grotta dove San Pancrazio venuto a Enna per diffondere il cattolicesimo aveva celebrato messa.

Ai tempi del Frate la chiesa si trovava nella rocca della montagna vicino a quell’entrata della città chiamata e nominata “Cerasa” e precisa che questa grotta ovvero chiesiola era situata sotto la chiesa della conversione di San Paolo, e che in quella rupe si trovavano tre chiese una sopra l’altra: la chiesa di San Pietro, la chiesa della conversione di San Paolo e la chiesa di Valerde. Ad oggi solo la chiesa di San Pietro e di Valverde sono presenti e della porta Cerasa ne rimane solo la memoria.

La chiesa di Valverde, testimonia il frate del 700, conobbe periodi di gloria e per un periodo di tempo fu considerata vera e propria matrice dove un pontefice Papa Giovanni celebrò messa.

In origine la chiesa di Valverde era piccolissima; misurava metri 10 di lunghezza e metri 6 di larghezza. Essa era in posizione opposta all’attuale chiesa e l’ingresso principale guardava la Torre di Federico (aveva l’abside rivolto ad est). Oggi, il Santuario Mariano, proclamato tale nel 1984 e consacrato nel 1998 dai ministri del culto con un solenne rito, vede modificato il suo primario aspetto, vi è un ampio pianolo davanti la chiesa e l’abside rivolto ad ovest dove l’artista contemporaneo Giuseppe Fornasier raffigura la venuta di San Pacrazio circondato da Santi e Sante legati alla storia e al suolo di Sicilia; lo scultore Pietro Marzilla sbalzo in rame un crocifisso e i quadri della via crucis.

«Beddi Virdi» e la leggenda della «truvatura»; «Beddi Virdi» e il mistero della città sconosciuta, delle grotte che avevano un nome, degli orti incantati pieni di frutti e di fiori, delle sorgive d’acqua fresca che continuano a venir fuori nonostante le manomissioni degli ultimi cinquant’anni. «Beddi Virdi», una valle a ferro di cavallo che degrada da est a ovest e guarda a via dei Greci, al Pisciotto, a Fundrisi, al «Purtusillo»; una valle segreta, nascosta nel cuore della montagna sacra alle dee Madri. Uno scrigno per studiosi di antropologia.

Cos’era «Beddi Virdi» quando eravamo bambini nei primi anni ’50? Un quartiere pieno di storie antiche e di magia, abitato da pastori che ripetevano da millenni un rito che è la rappresentazione di un mito, le ”meteres” (Demetra e Kore) che insegnano agli uomini a coltivare il grano ad allevare pecore e capre considerandoli un dono prezioso per la vita.

I vecchi ci raccontavano che ogni sette anni, improvvisamente, di notte, si svolgeva una fiera piena di luci e di gente e che soltanto ai semplici era permesso di partecipare per poi risvegliarsi con le ceste piene di melograni d’oro massiccio. E il melograno era il frutto sacro a Demetra e Kore e simboleggiava le ovaie racchiuse in un utero: la vita che si riproduce.

Di questo quartiere avevamo una visione paradisiaca ma ci incuteva soggezione e timore. Bambini di sette- otto anni spaventati dai racconti degli «spiriti» che popolavano l’ingresso del «catalubo», la porta dell’aldilà. Pochissime volte questa porta infernale si era aperta ed avevamo scoperto il paradiso. In fondo ad un oscuro ambulacro quella piccola porta sbarrata sembrava nascondere un luogo chiuso, buio, pieno di diavoli. Ma un giorno qualcuno l’aveva aperta solo per un istante e da lontano potemmo vedere meravigliati la luce del sole ed un giardino pieno di colori, di piante, di fiori. Era l’orto, il «tesoro» di una famiglia.

Ma a «Beddi Virdi» c’era ben altro. Per Liborio Coppola, artista e studioso del quartiere, tutta la valle era dedicata al culto delle dee madri prima dei greci. Era il cuore della città pregreca. E cita lo scomparso Michele Anzalone, un medico- scrittore vissuto nel Nord che nel suo libro edito a Bologna nel ’72 ricorda: « Dal castello … le case si stendevano nel lungo altipiano e nelle pendici della montagna formando i quartieri pittoreschi che si chiamavano Valverde (Beddi Virdi) Cerere Arsa (Cirasa), S. Elia, Judeca (Giudecca), Fontana Grande, Fundrisi, Casa di Lupo, Rosalbina». Anzalone che visse durante la civiltà contadina descrive le abitazioni: «Il vano unico, gli animali stavano al coperto dentro la grotta adiacente ( a quel tempo ogni casa aveva una grotta) quando l’estrema ristrettezza non rendeva inevitabile la convivenza con essi. La stanza prendeva luce dalla porta il cui infisso nella parte alta aveva forma e funzione di finestra. L’arredamento era meno che essenziale e quasi tutto il mobilio era surrogato alla meglio. Il numero dei letti, in rapporto a quello dei membri del nucleo umano, faceva supporre sistemazioni notturne, confuse, provvisorie ed ibride. Non era raro vedere in una parte di parete più delle altre annerita dal fumo il lungo chiodo dal quale pendeva la lumiera dell’olio. Dalle due pareti d’angolo dov’era attestato il letto più grande partivano le corde di una rustica amaca, la culla dell’ultimo nato».

«Beddi virdi» o «Belle Vergini» o «Belle sempre Verdi» ebbe in periodo greco un suo santuario dedicato alle dee della fecondità, riti legati ai misteri eleusini con vergini e «follacchioni» , abbondanza di acque e presenza di nuclei umani che esercitarono la pastorizia.

Oggi restano i nomi. C’è la «Grotta del santo» in ricordo di San Pancrazio, inviato da San Pietro a convertire i pagani e nominato primo vescovo di Sicilia. Pancrazio distrusse le statue di Cerere a Enna( da quì la via Cerere Arsa) ed a Taormina gli abitanti lo lapidarono. Tra i suoi discepoli, le vergini Maria e Teia, si sacrificarono per mantenere la loro castità.

C’é «’u fuddaturi» luogo dove si lavorava il lino (che veniva macerato a Pergusa), vi sono gli orti terrazzati in periodo medievale,le vie dei caprai, una grotta con acqua sorgiva, pozzi scavati nella roccia, antiche leggende tramandate da secoli ed infine una necropoli ellenistico-romana venuta alla luce nel 1984. Tutti ingredienti per una rivalutazione seria del quartiere.

Antonio Giaimo

La Confraternita

La confraternita di Valverde fu fondata nel lontano 1799 da alcuni agricoltori rivivendo l’antica società dei Cavalieri della Torre ed ancora oggi si fregia dello stemma turrito della città nell’insegna del Rettore. In un primo momento ebbe scopi patriottici e folcloristici.

Ricostituita nel 1935

Oggi, la stessa, ha come fine principale:

• Vivere come aggregazione ecclesiale che aiuta i confrati a realizzare pienamente la propria vocazione cristiana mediante un’intensa vita spirituale

• Operare nel sociale promuovendo opere di carità cristiana e solidarietà tra fratelli

• Partecipare a tutte le manifestazioni di culto pubblico.

La Confraternita è costituita da circa 140 confrati professi e da un Consiglio di amministrazione votato dai confrati stessi ogni tre anni.

Rettore; Rettore Onorario; Vice Rettore; Segretario; Cassiere; Addetto alle manifestazioni; Economo.

I confrati per la traslazione del fercolo le ultime di agosto vestono di: tonaca bianca di base che cade fino alle caviglie, fazzoletto verde che contraddistingue il colore della confraternita, Medaglione che indossano i portatori privilegiati del fercolo, cintolo ritorto di fili dello stesso colore.

Confraternia Maria SS. di Valverde, la storia

In tempi assai remoti, nel 300 dopo Cristo, alle spalle della chiesa di Valverde, vi erano delle grotte nelle quali trovavano dimora molte famiglie povere. Questa zona era chiamata a quei tempi « Fuddaturi »; gli abitanti delle grotte per vivere, lavoravano la terra, conciavano le pelli degli animali e lavoravano il lino nel vicino torrente Torcicoda. Essi professavano la religione pagana. Molto diffuso era il culto della dea Cerere, protettrice delle messi e dell’agricoltura. Cerere era adorata in modo particolare anche perché, secondo la leggenda, il ratto di Proserpina fu consumato nei pressi di Enna, sulle rive del lago di Pergusa. Ancora oggi una lapide, posta sulle rive del mitico lago, ricorda la leggenda.

In onore di Cerere si celebravano, in primavera, la festa dei Cerealia e una seconda festa in agosto, riservata alle sole donne, a commemorazione della ricongiunzione di Cerere con Proserpina. Per rimuovere il culto pagano, in quel periodo venne a Enna, a predicare il Vangelo di Cristo San Pancrazio. Costui trovò rifugio nelle grotte fra i popolani «du Fuddaturi», portando tra loro il messaggio di Cristo.Pur essendo radicata negli animi di quella gente la religione pagana e il timore della vendetta di Cerere, tuttavia essa non disdegnava di ascoltare il messaggio di San Pancrazio.

Si dice che durante la permanenza del Santo sopracitato in Enna, vi fosse un lungo periodo dì siccità e conseguente carestia.

La gente non sapeva più come sopravvivere ed era in preda alla più totale disperazione.

I sacerdoti di Cerere esortavano il popolo alla preghiera e al sacrificio di alcune vergini alla dea Cerere, affinché mandasse in cambio la pioggia.

Il popolo, accogliendo l’invito dei sacerdoti pagani riunitesi nello spiazzo ove in atto sorge il Santuario di Maria SS. di Valverde, preparò alcune giovani donne vestite di bianco per essere sacrificate. Ma al momento del sacrificio e precisamente nell’attimo in cui il gran sacerdote pagano alzava il pugnale per colpire alla gola le giovanette stese sull’altare, San Pancrazio, che era stato avvertito da alcuni fedeli, con un balzo fermò il braccio sacrilego del gran sacerdote, evitando l’eccidio. Poi con grande impeto si rivolse al popolo, esortandolo a pregare Maria Santissima con grande fede affinché mandasse la pioggia tanto desiderata.

San Pancrazio, piegatosi in ginocchio, rivolse lo sguardo al cielo e il miracolo si avverò. La pioggia scese copiosa sulla terra arida e la gente, a tale vista, non ebbe più dubbi. Unitasi in preghiera insieme al Santo, e commossa per tanta grazia di Dio, si votò alla Vergine Santissima, Madre di Dio. I sacerdoti pagani vennero scacciati, e la statua della dea Cerere venne arsa. Da qui la strada, tuttora esistente, intitolata « via Cerere Arsa », anticamente detta « Ci-rasa ». Così, con San Pancrazio, nacque a Enna la religione cristiana, e nel luogo dove avvenne il miracolo della pioggia, gli Ennesi edificarono la prima chiesa della città, in titolata “Maria SS. di Valverde”.Tuttora questa valle dove nacque il tempio dedicato alla Vergine di Valverde, è ricoperta di verde, nonostante il cemento abbia aggredito ogni angolo della città.

Per mantenere vivo il culto della Madonna di Valverde, i laici costituirono una Collegiata della quale si ignora la data di fondazione. La collegiata esiste ancora oggi ed è composta da otto procuratori, dalla Confraternita e dal Presidente. Tuttora la Confraternita conserva il diritto di fregiarsi dello Stemma della Città di Enna. I procuratori sono gli amministratori della Chiesa e contribuivano al mantenimento del culto versando almeno un tumulo di frumento ogni anno, pari a Kg. 18.

L’attuale statua della Madonna risale al VII secolo. L’ultima domenica d’agosto del 1853 si festeggiava, come di consueto, la Madonna di « Beddi Virdi », con grande giubilo.Ma la notte dello stesso giorno dopo la festa, scoppiò improvvisamente un grosso incendio all’interno della Chiesa. Venne distrutto tutto, ma miracolosamente risparmiata la statua della Madonna, che ebbe solamente annerita la faccia dal fumo e il manto bruciato.

Gli Ennesi, provati in quel periodo dal colera che imperversava anche nei paesi vicini, vollero rifare subito la Chiesa e il nuovo attuale manto della Madonna.La statua della madonna con il bambino fu ornata di argento e corone coperta da un prezioso mantello confezionato nel 1855 dalle devote del quartiere Fundrò che su un lucente tessuto di seta eseguirono accurati ricami in filigrana dorata che riportano alcuni monumenti e quartieri storici della città di Enna nella complessità del lavoro; fu inoltre rivestita di luccicanti gioielli.

Dopo l’incendio del 1853 e il rifacimento della Chiesa, il buon andamento del Santuario e l’organizzazione delle feste continuarono ad essere curati dai «Procuratori»: il rettore G. Emanuele Crimì nel 1883, il canonico Angelo Petralia nel 1894, il canonico Gesualdo Fortunato nel 1908, il ciantro della Chiesa Madre, mons. Angelo Termine, nel 1917, il sig. Croce Giarratana, detto « don Cruci », fino al 1927; a don Cruci seguì don Salvatore Termine, che nel 1935 ripristinò la Confraternita, da tempo sciolta. Per lungo periodo il Santuario fu sotto il patrocinio del Consiglio d’Amministrazione della Congregazione di Carità.

L’opera di ricostruzione del Santuario – Nel 1936 il regime fascista requisì tutti gli oggetti d’oro della Madonna (circa 1 kg. di oro); in cambio fu assegnato alla Chiesa un vitalizio di L. 254 annue, somma che, rimasta invariata, dopo la guerra non venne più riscossa data l’esiguità.

Durante l’ultima guerra mondiale trovarono rifugio nella Canonica della Chiesa numerose famiglie sfollate dai paesi bombardati e quando poi le incursioni aeree in cominciarono ad imperversare anche su Enna, molti cittadini si rifugiarono in quelle grotte dei dintorni che in passato erano state alloggi.

Un rifugio antiaereo fu ricavato sotto la Chiesa, e c’è ancora chi ricorda che una volta, nel corso dì un bombardamento, ne rimase ostruito l’ingresso; i rifugiati, che avevano portato con loro degli attrezzi da lavoro, riuscirono ad aprirsi un varco d’uscita: la convinzione comune fu che si fosse trattato di un miracolo della Madonna di Valverde.

Il 13 luglio 1943, alle ore 11, una bomba rase al suolo il Santuario; tutto andò dìstrutto, tranne la statua della Vergine Santissima trovata appena bocconi sulle macerie dell’altare maggiore e appena danneggiata: si era rotto il braccio destro del Bambino Gesù e il naso e la fronte della Madonna erano leggermente scorticati.

La Statua fu recuperata, portata in una vicina grotta-rifugio, di proprietà del sig. Giuseppe Savoca e adagiata su una coperta; la grotta divenne meta di pellegrinaggio. Avvenuta l’occupazione della città da parte delle truppe alleate, il 24 luglio 1943 le autorità ecclesiastiche disposero il trasferimento della Statua, che fu portata a spalle prima nella Chiesa di S. Giorgio (S. Agostino) e poi — il giorno dopo — nella Chiesa di S. Chiara, che è filiale della Chiesa Madre così come la Chiesa di Valverde.

Il 10 dicembre 1944 si riunì nella Sacrestia della Chiesa di S. Chiara la Presidenza dei Rettori delle Confraternite che istituì un Comitato, presieduto dal sacerdote Luigi Giunta, per la ricostruzione del Santuario.

I lavori di sgombero delle macerie ebbero inizio subito, e intanto venivano avviate le pratiche burocratiche per ottenere il finanziamento dello Stato, visto che si trattava di danni bellici, e per l’assegnazione di suolo comunale allo scopo di ampliare la Chiesa. Il Comune di Enna, con delibera del Consiglio Comunale del 23-11-1947, approvata dalla Giunta Provinciale il 5-5-1948, concesse a titolo gratuito mq. 256,35 dì suolo attiguo alla chiesa distrutta. L’atto di cessione fu firmato il 26-11-1948 dal sindaco comm. Paolo Savoca per il Comune e dal rettore sac. Giunta per la Curia Vescovile. Nel 1947 lo Stato aveva assegnato L. 8 milioni per la ricostruzione del Santuario.

Il giorno della festa dello stesso anno la statua della Madonna fu portata in processione da S. Chiara al luogo delle macerie e qui il vescovo mons. Catarella pose la prima pietra della nuova costruzione. L’edificio, in stile moderno, è stato realizzato su progetto dei funzionari del Genio Civile di Enna: sul frontespizio dell’ingresso principale porta scolpito lo stemma della Città, a ricordo e simbolo che quella di Valverde è stata la prima chiesa costruita ad Enna; lo stemma figura anche nella bandiera della Confraternita, che è l’unica fra tutte a potersene fregiare.

La nuova Chiesa venne benedetta e l’altare consacrato la mattina dell’ultima domenica d’Agosto del 1948 da S.E. il vescovo Catare! La alla presenza delle Autorità, del Clero, del popolo. nel pomeriggio il Santuario accolse la statua della Madonna, portatavi in processione dalla Chiesa di S. Chiara.

La nuova Chiesa, ad eccezione dell’altare maggiore, al suo interno era spoglia; alcuni paramenti sacri portavano i segni dei bombardamenti bellici. Subito si cominciò a pensare all’arredamento della Chiesa.

(per gentile concessione della Confraternita Maria SS. di Valverde)

 

Guarda il video della processione: Enna. Festa di Maria SS di Valverde

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