Massimo Greco, componente del gruppo di lavoro regionale sulla riforma delle Province, in ordine alla ventilata ipotesi di sopprimere i Comuni sotto i 5 mila abitanti, fa un suo commento:
Cosa c’è di vero in questa storia?
Di vero c’è che nel tentativo di riformare il sistema delle autonomie locali in Sicilia non si può non tenere conto di tutte le tessere del mosaico istituzionale a partire dai Comuni che, non solo in Sicilia, non esercitano più quelle funzioni amministrative tradizionalmente loro affidate. E in tale contesto, la spending rewiev non c’entra nulla. Guardando in faccia, e con onestà intellettuale, la nuova realtà dei territori ci si rende immediatamente conto che ci avviamo verso l’epoca delle città senza municipi. Basta leggere i dati demografici dell’ultimo censimento.
Ma se accettiamo questo stato di cose non contribuiamo ad accelerare il processo di desertificazione sociale ed economica dei territori?
E’ probabile, ma è anche vero che mantenere 8108 articolazioni politico-amministrative quanti sono i Comuni in Italia è un non senso che il nostro sistema non può più permettersi. Mi chiedo a cosa serve oggi un consiglio comunale in un piccolo comune? A pianificare e programmare cosa? Ad esercitare quale tipo di indirizzo politico? Le città sono ormai tutte edificate ed urbanizzate e pertanto il ruolo di indirizzo politico tipico dell’organo assembleare si è progressivamente impallidito. La vera ragione sottesa al mancato rinnovo di molti strumenti urbanistici è questa. Non vi è più quella spinta che le città sentivano negli anni 50 e 60 a seguito del boom economico. Il ruolo della politica entra in campo quando si devono fare delle scelte e non quando non si deve fare più nulla. Inoltre, l’inarrestabile decremento demografico non richiede l’adozione di politiche pubbliche frutto di asfissianti, ancorchè democratici, dibattiti nelle aule consiliari, ma più semplicemente buone pratiche di conservazione e valorizzazione dell’esistente. Insomma per gestire l’ordinario bastano dei bravi funzionari e non flotte di consiglieri e assessori comunali.
Ma cos’ì si rischia anche di perdere la nostra identità…quell’Italia dei comuni di cui si è tanto parlato.
In tempi di repentini cambiamenti e tumultuose trasformazioni pensare di cristallizzare le identità locali è una vana ambizione. I processi di cambiamento vanno governati con consapevolezza e lungimiranza. Non è la presenza del municipio che fa di un gruppo di persone una comunità locale, ma il capitale sociale che il gruppo di persone è in grado di generare.
Quindi contestualmente alla sostituzione delle Province con i Liberi consorzi di comuni dobbiamo prepararci all’accorpamento dei piccoli comuni?
Questo Governo regionale non mi sembra attrezzato per affrontare problemi complessi come questi, troppo populismo e poca competenza, ma prima o poi qualcuno ci dovrà mettere mano. Quindi prima ne cominciamo a parlare è meglio sarà per tutti.
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